bambini

N.21 Maggio 2021

GIOCATTOLI

Nel giardino incantato
del mastro trottolaio

Ha iniziato con un flipper di legno e conchiglie Oggi Alberto costruisce trottole che girano su lunghe piste o su un anello da mettere al dito Perché - dice - «se le vedi non puoi non sorridere»

«Una trottola nasce dal suo destino: nasce girando». Alberto Segale si è auto proclamato mastro trottolaio. Dopo aver lavorato per moltissimi anni a Inzago, hinterland milanese, da poco ha deciso di spostare la propria associazione, Energia Ludica, e la famiglia («Ho conosciuto la mia compagna in un contesto di balli popolari e pensa che a me nemmeno piace ballare…») nella campagna cremonese, esattamente in quel meraviglioso lembo di terra che divide Stagno Lombardo dalla sponda cremonese del Po. Qui ha comprato casa, l’ha ristrutturata con le proprie mani, ci ha ricavato un laboratorio che sforna giocattoli per bambini, ma anche per adulti.
Alberto è prima di tutto un sognatore. Gli occhi azzurri di un personaggio positivamente fuori dagli schemi si illuminano in un pomeriggio soleggiato di maggio. Mi racconta la sua storia, un percorso subito indirizzato da una visione della vita e del mondo estremamente chiara, lucida e ludica: «Ero un educatore ambientale. Senza mezzi termini, volevo salvare il mondo. Ero anche volontario in una associazione di quartiere. Organizziamo una festa e ad un certo punto arriva, con una Renault4, Donato Mariniello, un vecchietto che ad un certo punto tira fuori una carovana di giochi di legno, costruiti con cuore e passione».
È l’incontro che fa scoccare una scintilla viva ancora oggi: «La piazza si anima, i bambini iniziano a giocare. Anche gli adulti lo fanno. A 21 anni torno a casa, guardo mamma e le dico: voglio costruire un flipper. Non sapevo maneggiare nulla, nemmeno un trapano». Il flipper, una sorta di gioco zero nella carriera di Alberto, è custodito gelosamente insieme agli altri cento giochi pensati e costruiti in vent’anni: è fatto interamente di legno, mentre per gli ostacoli ha utilizzato conchiglie di varie dimensioni. Mi mostra l’orto sinergico curato come un prato inglese. Perfetto nelle dimensioni e nella disposizione: «Con il Ludobus ho girato piazze, strade, campi. Volevo portare il gioco fuori dalle case, che rimangono luoghi protetti, ma non necessariamente di incontro. Avevo un negozio, progetto miseramente fallito, perché come puoi immaginare la mia attitudine commerciale è scarsa. E non sono capace di fare i conti in cassa. In quel periodo, la mattina, andavo in una falegnameria per imparare a lavorare il legno».

La passione per le trottole nasce apparentemente per caso, ma fa chiaramente parte di un disegno che idealmente ha sempre avuto l’obiettivo di unire nel gioco bambini e adulti. Quando mi mostra una pista lunga quindici metri sulla quale quattro trottole gareggiano a chi arriva prima al traguardo suonando la campanella, rimango a bocca aperta. Non gliel’ho domandato, ma credo che per montarla, per un’ora di intervista e fotografie, ci sia voluta almeno una mezza giornata. Il che racconta benissimo l’entusiasmo e la carica di energia di Alberto: «Ho comprato le prime trottole da un signore austriaco. In dieci anni ne ho costruite, in legno, oltre diecimila. La prima me l’ha commissionata Giovanni, un amico. Mi ci è voluta un’ora e mezza. Gira ancora. I materiali? Noce, ma soprattutto acero, chiaro e più semplice da colorare. Compro legni di scarto in una segheria della Brianza».

Da uno sgabuzzino polveroso torna con un cilindro di legno. Lo taglia, lo incastra nel tornio ed in meno di cinque minuti scolpisce una trottola. È a tutti gli effetti una piccola opera d’arte. Un lavoro di artigianato fatto da uno dei (circa) cinquanta trottolai sparsi per l’Italia. Una trottola ce l’ha anche tatuata su un braccio: «Non puoi non sorridere quando vedi una trottola. Ti ricorda te bambino. È simbolo di equilibrio. Tutti siamo un po’ trottole: giriamo, ma non sempre sappiamo dove andare. Dal Sud America al Giappone poi ci giocano tutti allo stesso modo: è un gioco che ha carattere di universalità e piace ai bambini, ma anche agli adulti». Mi mostra trottole grandi quanto il seme di un agrume, riposte dentro una piccola bottiglia quasi celassero un messaggio. Ma ci sono quelle che saltano, che si illuminano e si ribaltano. C’è quella etilica e l’anello trottola da lui inventato. Te lo metti al dito e sul piccolo piano di appoggio fai girare una mini trottola: «Credo che una famiglia sia felice quando i genitori giocano. Se ogni tanto interpretassimo il lavoro come un gioco credo che valuteremmo vittoria e sconfitta in maniera differente».

Tutti siamo un po’ trottole:
giriamo, ma non sempre
sappiamo dove andare