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N.22 Giugno/Luglio 2021

RITRATTI

Il moto perpetuo nel giardino delle girandole

Le ventole di Giacomo Rebecchi fanno divertire il vento che passa davanti alla sua casa e continua il suo viaggio nel mondo

«Per me sono ventole, Sandro Talamazzini le chiamava invece girandole. Servono a dare movimento all’intensità del vento. Sono una passione, il mio grande hobby. Dal 1986 ci ho messo tutto me stesso».
Giacomo Rebecchi il prossimo 24 maggio compirà 90 anni. Il suo giardino delle girandole, un vero e proprio museo all’aperto, in via dei Ferrovieri Caduti, nel cuore del quartiere di Sant’Ambrogio, a Cremona, è meta di pellegrinaggio di turisti da tutto il mondo: «A metà degli anni quaranta ero uno studente dell’Ala Ponzone Cimino. L’ingegner Ferrari, allora insegnante di fisica, mi disse che se avessi dimostrato il moto perpetuo, sarei diventato ricco».
Rebecchi è un concentrato di energia, una mente brillante ed estremamente curiosa: «Quell’idea me la sono messa nella testa. Volevo costruire qualcosa che potesse girare a costo zero, sfruttando le condizioni del tempo e l’energia eolica».
L’idea rimane tale per oltre quarant’anni, lo spazio di un diploma e un lavoro da macchinista per le Ferrovie dello Stato: «Sul treno ero sempre li davanti e ho attraversato tutto il nord Italia. Ho osservato città e paesi, notavo sui tetti delle cose strane. In Veneto era uso avere un gallo di latta sempre in movimento. Ma anche pupazzi e altre costruzioni bizzarre. Nel 1986 sono andato in pensione ed ho ripreso quell’idea di moto perpetuo traducendola nella prima girandola».
In totale da allora ad oggi sono 117, la metà nel giardino di casa, le altre sparse per il mondo: «Utilizzo pezzi di recupero. Ho bisogno di una bicicletta e della sua forcella. Le pale sono in lamierino, che taglio con una piccola cesoia nel laboratorio di casa. Spesso utilizzo anche ruote, sterzo, sellino».
Sono vere e proprie opere d’arte, tutte con una dedica speciale: «Per la prima ho preso spunto dai mulini a vento olandesi. Non mi sono mai ripetuto. Ognuna ha le proprie caratteristiche. Quella che si chiama quadrifoglio l’ho dedicata alle mie quattro figlie. Avendo poi quattordici nipoti e tre pronipoti, ho dovuto necessariamente costruire qualcosa che celebrasse anche loro. Ce ne sono diversi a Parma, Piacenza, Lodi. Quindici sono in Brasile, a Ribeirao Preto, dove abbiamo i parenti. La sorella di mia moglie si trasferì in Sud America nel 1954».
La pagoda è dedicata ai quattro generi. Quella pensata per Papa Giovanni Paolo II celebra la famiglia e la pace nel mondo. La geografia è qualcosa di ricorrente: Rebecchi ne ha costruita una con tema i cinque continenti ed una seconda per l’Unione europea: «Sono affezionato a tutte. Fissano spesso eventi importanti. Nel 2006 ne ho dedicata una al rigore segnato da Fabio Grosso e alla nazionale italiana vincitrice dei mondiali. Quella delle api l’ho riprodotta per un medico che passava da casa mia in bicicletta ed utilizzava il pungiglione delle api per guarire i pazienti con problemi di circolazione».