partenze

N.37 Gennaio 2023

PERCORSI

Nella “partenza” dello scout i pilastri di una scelta

Azione nella polis, fede e servizio: Lorenzo e Corrado raccontano i riti e il significato di un momento cruciale nella vita di uno scout che diventa adulto

Non è indispensabile l’organo della vista per capire di essere entrati in una sede scout. Nei pochi attimi di buio in cui Corrado, varcata la soglia, raggiunge l’interruttore delle luci, riusciamo a percepire un odore particolare. C’è una parte dell’umidità accumulata dai muri e dalle tende, passate da mille campi e non sempre ripiegate perfettamente asciutte; si sente l’odore della terra e dell’erba rimasta tra i pali della pionieristica; forse anche un vago aroma di vernice e di legno, materiale con cui gli scout immaginano e creano le proprie sedi. Sempre molto simili a tane. Sempre molto accoglienti nel loro disordine, ospitali nonostante il freddo che, in inverno, le caratterizza.
Fortunatamente ci riscaldano, una volta seduti attorno ad un essenziale tavolo di legno, i sorrisi amichevoli di Lorenzo e Corrado. Quest’ultimo, con l’entusiasmo che lo caratterizza e forte dell’esperienza accumulata nei molti anni di attività nell’Agesci, ci aiuta a comprendere cosa sia, per uno scout, la “partenza”. «Lo scoutismo è un metodo educativo a scadenza, cioè intorno al primo anno di università il ragazzo deve capire cosa vuol fare della propria vita. Il clan, come viene definita la proposta per i giovani tra i 16 e i 20 anni, è il momento in cui si è chiamati a compiere delle scelte».
Corrado prende un attimo il respiro, dando un’occhiata al ventenne seduto al suo fianco, e prosegue: «Lo scoutismo è per tutti ma non tutti sono per lo scoutismo. Molti escono dal clan prima di arrivare alla “partenza”, altri scelgono la strada meno impegnativa del “saluto”. In pochi arrivano a compiere la scelta più ardua».

Lorenzo e Corrado del gruppo scout Agesci Cremona 3

Sentendosi chiamato in causa, Lorenzo prende la parola: «Lo scorso anno, il mio capo clan mi ha preso da parte e mi ha chiesto cosa fosse, secondo me, la “partenza’”. Mi aspettavo quella domanda, così ho subito risposto che ci stavo riflettendo perché il clan mi stava un po’ stretto e sentivo il bisogno di cambiare aria». Da quel momento il ragazzo ha iniziato un percorso che, Corrado, si premura di illustrarci: «È un cammino basato su tre pilastri: l’azione politica, cioè l’impegno ad essere attivo nella polis; la fede, perché l’Agesci è un gruppo cattolico; il servizio, cioè individuare un ambito in cui impegnarsi concretamente, all’interno o all’esterno dell’associazione».
Qualche mese dopo il colloquio con il capo clan, per l’esattezza il 13 agosto dello scorso anno, Lorenzo è approdato alla cerimonia della “partenza”: un momento ricco di simboli, caratterizzato da alcune parti fisse e da altre legate alle scelte personali dello scout. Il racconto del ragazzo, ricordando quella giornata, vibra ancora di passione e di emozione. «Dopo la Messa è iniziata la cerimonia. Ho scelto il Colore del sole come canto di apertura perché è legato ad una frase che mi ha guidato nelle mie scelte: “…conosci quel bene che prima tu hai ricevuto, sai che non potrai tenerlo per te neppure un minuto…”. Al termine del canto ho chiesto al Capo Clan di prendere la “partenza” e ho rinnovato la promessa». Lorenzo ha letto un brano sul servizio, tratto da uno scritto di Monsignor Andrea Ghetti, membro delle Aquile Randagie, su cui aveva riflettuto a lungo durante un hike individuale.

La “partenza” di Lorenzo


È giunta poi la parte dei simboli, donati dal capo clan a chi sta partendo. Lorenzo ha ricevuto l’omerale, un distintivo che si applica nella parte alta della manica della divisa: tre strisce di stoffa, giallo, verde e rossa, a rappresentare le tre branche, un segno dell’appartenenza al gruppo e della strada percorsa durante i dodici anni di scoutismo. Il secondo simbolo è stato il lievito, per raffigurare la capacità di aiutare a crescere le persone incontrate durante il servizio. Infine dei granelli di senape, il seme più piccolo da cui nasce una pianta imponente. Lorenzo ha poi letto una lettera di addio alla comunità.

«Abbiamo perso l’abitudine di scrivere – interviene Corrado – e, per questo, riteniamo importante che i giovani riprendano a farlo, in particolare per aiutarli nella riflessione personale e per responsabilizzarli nei confronti del gesto che stanno per compiere».

Al termine della cerimonia Lorenzo si è inginocchiato per ricevere la benedizione dai Capi e dall’Assistente. Infine, passando davanti ad ogni scout del cerchio, ha salutato tutti i presenti. Ci immaginiamo i sorrisi, i forti abbracci, gli occhi umidi nell’incrociare lo sguardo con «il compagno che ti ha portato lo zaino, l’amico con cui hai saltato la cena, il fratello con cui hai condiviso le notti in tenda». Poi Lorenzo ha infilato il proprio zaino, è uscito dal cerchio, e si è allontanato mentre il resto del gruppo intonava lo struggente “Canto dell’addio”.
«C’è un periodo, dopo la “partenza”, in cui hai possibilità di riflettere ulteriormente», spiega Corrado. «Sia la scelta associativa che quella extra associativa sono impegnative e richiedono un tempo per il discernimento».
Lorenzo ha chiesto di entrare nella Comunità Capi e iniziare quindi un nuovo percorso che lo porterà a diventare un «capo formato completamente».
Per ora è parte integrante “della staff” e, per i lupetti del branco del Grande Fiume, è diventato un punto di riferimento durante i giochi e le attività. Chissà chi, tra quelle “piccole pesti” che si rincorrono durante le uscite del fine settimana, arriverà a prendere la sua “partenza”? Quel giorno, quando arriverà, si ricorderà di Lorenzo. E rivolgerà a lui lo stesso sguardo carico di riconoscenza che Lorenzo, al termine dell’intervista, riserva oggi a Corrado.