radici

N.29 Marzo 2022

SCUOLA

Prof, che me ne faccio della radice quadrata?

Un professore riflette sull'insegnamento e sul concetto di "utile" applicato alle formule dell'algebra e alla radice quadrata, emblema della teoria matematica e in fondo... atto di fiducia in chi ce la spiega

Young scientist man posing in chemical and mathematical equations wall room interior background

Ma a cosa serve saper calcolare le radici quadrate? Spesso mi sono interrogato, inizialmente senza darmi una risposta, ogni qual volta uno studente di una classe nella quale insegno la matematica mi ha posto una domanda così profonda e per nulla scontata. Soprattutto se il tuo è un percorso di formazione professionale, nel quale imparare un mestiere bussando al mondo del lavoro, magari per la prima volta, rimane obiettivo principale e anticamera di un futuro, oggi più che mai, così incerto e tutto da costruire, con fatica, sacrificio ed applicazione.

Dimostrare che uno studente, una volta divenuto lavoratore, avrà bisogno di questa o quella cosa, parlando della matematica, è complesso.

Partiamo dalla definizione: la radice quadrata di un numero detto radicando, o radice con indice 2, è quel numero non negativo che elevato alla seconda restituisce il radicando. O più semplicemente la radice quadrata può essere calcolata solo di un numero positivo o nullo ed è l’operazione inversa dell’elevamento a seconda.

La matematica, nella mia visione, un po’ onirica, un po’ ingegneristica (per me ingegnere di formazione, non per vocazione) è prima di tutto strumento e chiave di lettura. Non solo del problema, ma del carattere di una persona, della sua predisposizione all’apprendimento, di come, magari, sta affrontando quella giornata.

Imparare ciò di cui non percepiamo
l’immediata utilità
significa costruire un rapporto di fiducia

Le operazioni con i numeri sono qualcosa di immediato, la radice quadrata, pur nella chiarezza della sua definizione, rimane un po’ come un atto di fede. Fa parte di quelle nozioni che si imparano perché si devono imparare. La matematica – e nello specifico la radice quadrata – è sicuramente utile, eppure perché è così difficile dimostrarlo agli studenti? In una delle sue riflessioni (When Will I Ever Use This? An Essay for Students Who Have Ever Asked This Question in Math Class) Douglas Corey, docente di matematica presso la Brigham Young University, prestigioso ateneo statunitense, affermò che «la matematica è utile, ma per la maggior parte del suo uso è mentale e inconsapevole».

Il percorso per acquisire una abilità è fatto di tanti piccoli passaggi e ripercorrendolo a ritroso, una volta raggiunto l’obiettivo, è impossibile capire quando la si è appresa. Ogni pensiero, ogni riflessione, ogni sforzo, anche quello di comprendere la radice quadrata, andando oltre la sua reale utilità pratica, lascia una traccia nella nostra mente, diventa esperienza e concorre a sviluppare l’abilità di affrontare un problema. Non solo. Ma anche di leggerlo. Riconoscerlo. Decodificarlo. Risolverlo.

Nella ricetta di una frittata per quattro persone occorrono 8 uova, non troveremo mai scritto radice quadrata di 64 uova. E “due caffè” non saranno mai “radice quadrata di quattro caffè”.

Eppure imparare ciò di cui non percepiamo immediata utilità significa anche voler costruire un rapporto di fiducia. Nel microcosmo di una classe di studenti, quotidianamente si innescano situazioni in cui ogni insegnante chiede fiducia, anche perché è già passato attraverso questo tipo di interrogativi prima di qualsiasi studente.

Corey fornisce una chiave di lettura straordinaria: «Quando userete ciò che state imparando durante il vostro corso a scuola? Non lo so. Nessuno lo sa. Vale comunque la pena imparare anche se non vediamo la possibilità di trovare subito un’applicazione pratica? Probabilmente sì, perché applichiamo le nostre conoscenze a situazioni che ancora non conosciamo o a situazioni in cui non sappiamo nemmeno quali conoscenze potremo applicare».