terra

N.01 Maggio 2019

AMBIENTE

Salviamo le api. Le api ci salveranno

Non è solo questione di miele: dalle pietanze in tavola alle pm10 questi piccoli insetti sociali sorvegliano il nostro benessere (e ci insegnano la comunità)

Nasce, lavora, muore. Tutta qui, in quaranta giorni di primavera, la vita di un’ape. Sembra semplice (e pure un po’ malinconica), ma il ronzio di questi insetti racchiude una straordinaria complessità di funzioni, responsabilità e relazioni.

Tutto il giorno di fiore in fiore per garantire la sopravvivenza della famiglia e accudire la propria parte di pianeta e alla sera si rincasa attorno alla regina. «Meglio visitare le arnie di pomeriggio – spiega Daniele Biazzi, apicoltore, attivista Slow Food e curatore del progetto Cremona Urban Bees – perché al tramonto rientrano tutte (e sono tante, fino a 60mila) e dopo una giornata di lavoro sono… nervosette».

Niente paura, basta una tuta protettiva e guardare attraverso la retina del casco per evitare – quasi sempre – i pungiglioni, ma è bene sapere che per difendere la casa e la famiglia le api sono pronte a sacrificare la vita.

Ora, per quanto sia ormai quasi assodato che a pronunciarla non sia stato Albert Einstein, c’è del vero nella mezza fake news più celebre sull’argomento: “Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”.

«È drammatico immaginare come sarebbe vuoto il reparto alimentari di un supermercato se le api non ci fossero più», traduce Ilaria Negri, ricercatrice entomologa cremonese dell’Università Cattolica. A mancare non sarebbero soltanto i prodotti diretti dell’alveare (miele, polline, propoli, cera d’api…), ma tutti quei prodotti alimentari che discendono dall’azione degli impollinatori. Una dieta svuotata per l’uomo e per gli animali, un effetto devastante sulle specie vegetali.

La previsione attribuita con una sagace mossa di marketing al genio dell’eureka e i suoi toni apocalittici stanno però trovando preoccupanti riscontri negli studi che osservano una vera e propria ecatombe di api nel mondo. «Muoiono per l’uso dei pesticidi – spiega la dottoressa Negri – e degli insetticidi anche in dosi sub-letali che bastano però ad abbassare le difese immunitarie. Ma muoiono anche di metalli pesanti, di diossine…». Muoiono delle malattie della terra. Ma anche in questo caso, muoiono in servizio: «Un’ape bottinatrice succhia il nettare da mille fiori al giorno e nel volo infaticabile è esposta agli agenti inquinanti, li incamera, li porta in alcuni prodotti dell’alveare».

“Se l’ape scomparisse
dalla faccia della terra,
all’uomo non resterebbero
che quattro anni di vita”

ALBERT EINSTEIN (?)

E come la “danza delle api” esploratrici comunica alle sorelle dove si trova una fonte nettarifera in un linguaggio quasi magico fatto di angoli incidenti con i raggi del sole e l’intensità del battito d’ali, anche con le particelle inquinanti questi insetti straordinari hanno qualcosa da dire. Ad esempio sulle famigerate polveri sottili che appestano l’aria delle nostre città: «Le api – dimostra una ricerca dell’Università Cattolica condotta proprio dalla ricercatrice cremonese – si comportano come degli “swiffer catturapolvere” e ci permettono di capire quali sono le fonti di emissioni di questi agenti inquinanti come vere e proprie centraline mobili». Ci avvertono: ci invitano a prevenire.

Quello offerto dagli insetti del polline – di cui le api sono il simbolo – non è dunque solo un servizio ecosistemico del tutto gratuito, ma anche un vero e proprio biomonitoraggio. Anche per questo sulla cupola della Cattedrale di Berlino (come nei parchi o sulle terrazze di New York, Parigi e Seoul) vivono famiglie di api accudite da schiere crescenti di apicoltori urbani. Nella capitale tedesca il progetto si chiama “Berlin is buzzing!” (Berlino ronza!) ed è uno dei tanti esempi di mobilitazione per salvare le api (e il genere umano) dall’estinzione. E nello shop del Duomo si vende pure il miele urbano prodotto dalle api di città.

«Qui a Cremona – spiega ancora Daniele Biazzi mostrando le prime cassette portate nel vecchio monastero del Corpus Domini – avremo meno arnie ma produrremo anche noi mieli urbani che analizzeremo per capire quali essenze hanno visitato le api e fare una sorta di mappatura delle erbe della città».

L’invito rivolto a tutti non è soltanto quello di “adottare” famiglie di api da balcone, ma di iniziare dalla scelta di essenze nettarifere.

E le campagne? «Sono piene di pesticidi!», scuote il capo Biazzi. «E se l’agricoltura intensiva le uccide, la città può diventare un’oasi di bio-diversità». Sulle cupole delle cattedrali, nei chiostri abbandonati, sui davanzali delle finestre o negli orti urbani (a patto che non replichino su piccola scala il sistema intensivo per avere pomodori belli e chimici).

«Chi fa apicoltura – sorride il referente di Cremona Urban Bees, mentre cresce il ronzio alle sue spalle con l’avvicinarsi del tramonto – ha particolarmente a cuore la tutela dell’ambiente. A me questa attività ha regalato dieci anni di vita. E un nuovo modo di vedere le cose».

Se l’agricoltura intensiva
uccide le campagne
la città può diventare
un’oasi di bio-diversità

Come? Semplicemente osservando: «Con le api sei costretto ad accorgerti del particolare. A volte basta aprire la cassa per capire che non è giornata. Dai voli o da come si comportano davanti all’alveare si coglie lo stato di salute della famiglia». Famiglia allargata: tante sorelle, diversi padri, una regina. «Tutto ciò che fanno è per interesse dello sciame, che è l’unico vero organismo», spiega Biazzi. Nessuno vive per sé.

«L’ape è l’insetto sociale per eccellenza» osserva la dottoressa Negri. E allora vale la pena rallentare. Fermarsi qualche minuto, sotto quella tuta da astronauta, a guardare per provare a capire qualcosa di più di questa organizzazione perfetta. La comunità prospera se ognuna rispetta il proprio ruolo (chi pulisce le celle, chi procura il cibo, chi costruisce nuove “stanze”).

Di più: se ciascuna è disposta a sacrificarsi. Anche la regina, che capisce quando è il momento di uscire in volo, lasciare il trono ad una nuova regina; farsi da parte per un nuovo alveare. Un altro angolo di mondo da esplorare e da servire. Ronzando all’unisono. Per il bene della regina e delle sorelle, dell’ambiente. E del vostro supermercato.

Il comune di Cremona ha firmato con l’associazione Città Rurale un atto di collaborazione per la realizzazione del progetto Cremona Urban Bees – Apicoltura in città. La finalità principale del progetto, inserito nella rete nazionale di apicoltura urbana è quella di coinvolgere i cittadini nel mondo dell’apicoltura urbana, attivando momenti informativi e installando apiari in diverse zone della città

visita il sito