ombre

N.34 Ottobre 2022

DIALOGHI

Sono la tua quarta dimensione, quella che ti rende umano

Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?
Avrai avuto si è no quattro anni. Ti sei sporto oltre la sponda del letto, a testa in giù, cercando un giocattolo disperso. Quando mi hai vista hai avuto paura. Chissà perché poi, sono sempre stata lì… Eppure in me scorgevi tutto: mostri, porte per mondi lontani, oceani in tempesta e pozze di lava incandescente.
Così ti aggrappavi agli stipiti per non calpestarmi, o ai bordi delle lenzuola per chiudermi fuori dalla tua bolla sicura, lasciandomi il compito di vegliare quieta sulle tue notti.
A volte mi allontanavi con insistenza, puntandomi contro la lampada del comodino. Così mi ritraevo fino all’estate, quando nei pomeriggi di sole potevo allungarmi alla base degli alberi e degli ombrelloni per offrirti riparo.
Il nostro è diventato un gioco, come le ombre cinesi, per dare forma a quello che non c’è e riderne. Abbiamo imparato a completarci, come fanno i supereroi con i loro nemici, perché uno senza l’altro non può esistere.
Poco alla volta hai capito che nel mio mare scuro non si cela una minaccia, ma può nascondersi una sorta di pace, uno spazio indefinito per tutto ciò che vuoi tenere per te: i progetti da coltivare, i ricordi da archiviare, il luogo in cui fantasticare al segreto dagli occhi altrui.
Così hai iniziato a cercarmi: negli armadi socchiusi, negli zaini accatastati, nei cinema, dove il buio della platea genera stupore e nasconde i baci silenziosi.

Non cercare di afferrarmi
(non c’è riuscito nemmeno Peter Pan…)
sto qui per ricordarti
da che parte sta la luce

Sono la mano sugli occhi quando devi riposare, il lato nascosto della luna, il messaggio che non hai inviato, la parola rimasta in gola per la paura di dire troppo.
Sono il fantasma dei gesti mancati, delle occasioni perse, dei “troppo tardi” e dei “non ancora”.
Sono il vuoto dell’attesa, il piombo del sospetto, il buco nella memoria, la ruga che il tempo imprime nella pelle.
Sono il punto cieco che si allarga quando fai finta di non vedere, l’angolo in cui nascondi i fallimenti, i momenti in cui sei stato qualcosa di diverso dall’idea che hai di te stesso.
Sono ciò che cerchi di lasciarti alle spalle: tu scappi, io ti seguo perché non ho scelta, perché sono parte di te. Come un negativo fotografico, senza il quale la vita sarebbe una polaroid bianca.
Sono la tua quarta dimensione, quella che ti rende umano.
Non cercare di afferrarmi (non c’è riuscito nemmeno Peter Pan…) né di scacciarmi come una mosca: sto qui per ricordarti da che parte sta la luce. Giusto un passo dietro, per accompagnarti senza disturbare. Un giorno alla volta, una scelta alla volta.
Anche quando il tramonto si allunga a dismisura sarò con te, senza ombra di dubbio.