parole

N.24 Ottobre 2021

RUBRICA

Sono solo parole… e invece no

Codici di lettere, sillabe e accenti che plasmano mondi.

Giochi di rimbalzo che la lingua opera tra denti palato per far vibrare infinite composizioni di suoni.

Parole come rumori specifici che in base alla tribù umana da cui sono state generate raccontano il binocolo unico con cui quella cultura ha trovato il proprio spazio sulla terra.

Segni aribtrari tra le righe dei vocabolari diventano magicamente interpretabili quando escono dalla bocca e raggiungono l’orecchio.

Il guscio della forma dovrebbe ricoprire la sostanza, eppure spesso c’è un oceano di rimpasti tra significante e significato.

Parole come aggeggi strumentalizzati da paure e desideri.

Lame e suture.

Coltelli che scavano dentro, attrezzi di indagine che maldestri usiamo per conoscerci.

Balsami con cui addormentiamo i tormenti, camomille che filtrano il mondo riportandolo in equilibrio.

Le nostre parole e quelle degli altri.

Scritte, lette, consumate dopo secoli o ascoltate sentendone il respiro.

Parole che legano antipodi, fanno scoppiare Big Bang.

Parole che innamorano, lacerano, curano, strappano.

Tagli che fanno dalla crepa filtrare nuova luce.

Creature potenti e bistrattate che sanno ridare senso, metterlo in discussione per poi risolverlo.

«Non chiederci la parola», mentiva Montale. La provocazione che non ci sia più niente da dire per urlare invece il desiderio di scolpire una parola ancora, e poi un’altra.

Sono solo parole, e invece no.

Lunga vita a questo meraviglioso sortilegio mortale che ci fa infinitare.