velocità

N.49 aprile 2024

vita digitale

Tutto travolge, a nulla dà valore

La comunicazione oggi è sempre più urgente, ma anche pericolosa. Fake news e superficialità sono solo una parte del problema che siamo tutti chiamati a riconoscere e affrontare. Come? Prendendoci tempo, rallentando

Una delle conseguenze più evidenti dell’avvento dell’era digitale è la velocità con cui le informazioni si propagano attraverso la Rete e i suoi canali e strumenti. Una velocità che ha portato la nostra civiltà nella dimensione del “tempo reale” e della diretta/live streaming, intesa (o fraintesa) come unica finestra possibile per comprendere il mondo e i suoi accadimenti.
Una rivoluzione che ha innalzato la cronaca a specchio della realtà, dimenticando che qualsiasi informazione ha bisogno di un tempo di sedimentazione e di maturazione, così come la capacità delle persone di relazionarsi con essa e di comprenderne il senso e le implicazioni.
Questo cambiamento, che è accaduto in modo rapidissimo e senza che le persone fossero pronte a recepirlo e gestirlo, ha determinato conseguenze che ancora oggi, a più di 30 anni dal debutto del World Wide Web, facciamo fatica a riconoscere e a contrastare.

Qualsiasi informazione ha bisogno
di un tempo di sedimentazione e di maturazione,
così come la capacità delle persone
di relazionarsi con essa
e di comprenderne senso e implicazioni

In questo panorama comunicare è molto più complesso, insidioso e urgente di quanto non sia mai stato in nessuna epoca precedente. Internet e la Rete, con i suoi canali, strumenti e con i social media, hanno reso indispensabile per qualsiasi organizzazione, istituzione o ente, la progettazione e l’implementazione di un modo nuovo di comunicare e di relazionarsi. Questo non rappresenterebbe un problema se le dinamiche del Web non avessero favorito anche l’individuazione di strategie di visibilità e di propagazione che hanno stravolto il senso stesso del termine informazione.

Oltre alle molte opportunità di questa rivoluzione, dobbiamo dunque necessariamente conoscere e affrontare anche i rischi derivanti dai fattori che caratterizzano la comunicazione di questa era. Comunicare oggi è infatti: più complesso, a causa dei molti canali, molti linguaggi, molte audience, molte tipologie di contenuto, molte variabili; più insidioso, a causa della maggiore velocità e del potenziale “virale” della Rete; più urgente, poiché comunicare è indispensabile e, spesso, va fatto in tempo reale.

Una velocità di pensiero, di decisione e di esecuzione che appartiene forse alle macchine, ma non agli uomini, che infatti si stanno affidando all’intelligenza artificiale e alla tecnologia per tener testa a un livello di accelerazione sempre più prossimo ai nostri limiti biologici.

Il mito della velocità, che l’uomo coltiva da molto lontano, ma che correnti culturali come il futurismo hanno cullato e innalzato a cifra della modernità, ci sta oggi tornando indietro come un boomerang. Ne abbiamo avuto il sentore non appena i social network hanno iniziato a diffondersi massivamente, all’inizio della seconda decade del XXI secolo, per poi toccare con mano il pericolo che questa frenesia genera in ambito comunicativo con la pandemia, le guerre, la crisi climatica e tutti gli altri temi su cui la nostra società si sta quotidianamente confrontando e spaccando.

La velocità, tuttavia, è soltanto uno dei fattori di stress e di rischio della comunicazione moderna. A complicare ulteriormente le cose ci sono infatti le dinamiche e gli algoritmi dei canali e delle piattaforme della Rete, che hanno un forte impatto sulla comunicazione e sulla sua percezione, poiché influiscono sul modo in cui le informazioni vengono condivise e su come vengono percepite e interpretate.

Una velocità di pensiero,
di decisione e di esecuzione
che appartiene forse alle macchine,
ma non agli uomini

Non si deve inoltre sottovalutare l’impatto dei social media sulla qualità e sulla profondità della comunicazione, poiché essi sono progettati per favorire un consumo veloce e superficiale dei contenuti. Un grave problema, questo, perché superficialità e semplificazione sono nemiche giurate della corretta comprensione delle informazioni. Se a questo aggiungiamo l’enorme quantità di contenuti che ogni giorno vengono riversati sui social media, ma anche sui media offline più tradizionali, che ormai sono dei giganteschi contenitori in cui trovano spazio informazioni di ogni genere e tono, appaiono evidenti le difficoltà che le persone devono affrontare per informarsi in modo corretto.

Per capire quanto siano concreti e profondi i rischi determinati da questo mix di fattori è sufficiente analizzare le dinamiche del racconto in diretta dei molti attentati terroristici che hanno colpito l’Europa e il mondo negli ultimi decenni.
La loro comunicazione è fulminea, immediata, spesso contestuale allo svolgersi degli eventi, messa in onda mentre le forze dell’ordine si stanno ancora organizzando per intervenire e nessuno può conoscere altro oltre a ciò che è in grado di vedere o sentire in prima persona.
In questi contesti i media danno spesso il peggio di sé, amplificando ipotesi, teorie, indiscrezioni, voci che spesso rimbalzano sui social senza nessuna verifica o in qualsiasi modo inattendibili, perché parziali, basate sull’emotività del momento, sulla paura… Vere e proprie illazioni, che i panel di esperti che vengono prontamente chiamati a commentare “a caldo” non riescono o non possono bloccare. Non perché non vogliano, ma perché questi sono parte di uno spettacolo di infotainment in cui la verità diventa spesso secondaria rispetto al clamore suscitato dalle immagini che scorrono in diretta.

Anche in questi casi la velocità ha un ruolo, ma è tutto ciò che le gira attorno a fare da detonatore alla sua forza esplosiva. Del resto la lotta alle fake news, che molti organismi e testate sostengono di voler combattere, finisce spesso per scontrarsi con una tale varietà di parametri e fattori da alterare il senso stesso di quella definizione. Non esiste, infatti, una sola categoria di fake news: quando parliamo di questo fenomeno dobbiamo tener conto che le notizie false al 100% sono solo una piccola parte di un più vasto contesto di disinformazione, propaganda, impostura, manipolazione, satira, ma anche false connection, fake relevance e altri “peccati” più o meno gravi che affliggono l’informazione e la rendono spesso inattendibile.

Le notizie false al 100%
sono solo una piccola parte
di un più vasto contesto
di disinformazione, propaganda,
impostura, manipolazione…

È per questo che chiunque abbia a cuore la verità deve prendersi il suo tempo, studiare il contesto, valutare a fondo ciò che i media e le persone con cui è in contatto gli propongono, per quanto attendibili e in buona fede possano apparire. La sola cosa che possiamo e dobbiamo fare è agire sulla conoscenza delle dinamiche della comunicazione e sulla nostra velocità di reazione, spezzando quella catena di frenesia e urgenza che sta uccidendo l’informazione e che la rende sempre più pericolosa, come gli accadimenti di questi ultimi anni ci stanno dimostrando in modo inequivocabile.

Le 5W tanto care al giornalismo anglosassone e quell’H, che sono alla base dell’informazione spiegandoci chi, cosa, quando, dove, perché e come, non hanno più senso se non sono sottoposte al controllo di una fondamentale T: è il tempo a indicare la necessità di far decantare, di analizzare, di valutare attentamente prima di fare la nostra parte in quel grande gioco del telefono senza fili che la nostra esistenza. Un gioco in cui a vincere non può essere chi è veloce a far passare qualsiasi frammento di informazione, ma chi sa che ogni frammento è il fondamentale tassello di un puzzle molto più grande, che non si può mettere a rischio per una scintilla di visibilità, per una manciata di click o di like o per il gusto di andare forte sui social, salvo poi dover rettificare a posteriori, quando ormai determinati concetti sono passati e difficili o impossibili da estirpare. È questo il danno peggiore della velocità: rende gli errori difficili da riparare o addirittura irreversibili, perché tutto travolge e a niente dà valore.