tempo

N.22 Giugno/Luglio 2021

CASA DI RIPOSO

Gli abbracci in sospeso e un tempo che non si perde

Alla rsa della Fondazione Germani ospiti e parenti tornano a contatto C'è chi porta i biscotti alla mamma e chi legge rime contadine all'unica donna della sua vita

«Ma come! Nemmeno un bacino?». Con il passo impaziente di una bambina, Pina – 92 anni – raggiunge il cortile della Fondazione Elisabetta Germani, dove l’attendono la figlia e il suocero. Sopra la mascherina gli occhi traboccano di gioia, mentre le mani impreziosite da unghie laccate di rosa afferrano quelle dei familiari, distanti da troppo tempo. «Quindici mesi!», sottolinea con vivacità sorprendente. «Lo ricordo benissimo: sono entrata in casa di riposo il 17 febbraio e il 17 aprile sarei dovuta tornare a casa», ma la pandemia ha cambiato i piani. Poco importa, ora c’è tempo per tutto: «Mamma, ti ho portato la torta e i biscotti, perché faccio…» «…gli anni a giugno, lo so!» la interrompe Pina, che in questo tempo sospeso non ha perso di vista nulla e intende recuperare ogni istante.
Poco più in là, la signora Franca viene accompagnata in carrozzina ad un tavolino ombreggiato. Fuori dalla casa di riposo è parcheggiata una macchina rossa, puntuale come una promessa: Terenzio, suo marito, entra quasi di corsa, nonostante il bastone e le 93 primavere. La bacia sul viso attraverso la mascherina, che non cela l’emozione di rivedere la compagna di sempre. «Quarant’anni di matrimonio, non ci siamo mai separati». Almeno fino al marzo 2020, quando l’rsa di Cingia de Botti ha sospeso le visite a tempo indeterminato. «Su 250 persone ne abbiamo perse 118», ricorda in un sospiro Stefania Bergogni, economa e vice direttrice della struttura. Ripercorrere l’ultimo anno non è semplice per gli operatori, alle prese con l’emergenza sanitaria, la necessità di tutelare gli ospiti e quella di non tagliare i ponti con il mondo esterno.
«La struttura è rimasta chiusa al pubblico per tutta la durata dell’emergenza sanitaria» spiega Mario Antonio Cucumo, coordinatore dei servizi sanitari e assistenziali. «La tecnologia ha aiutato a restare connessi, sia grazie ai dispositivi donati alla casa di riposo sia grazie alla disponibilità di medici e operatori socio-sanitari, che spesso hanno utilizzato i dispositivi personali».

Quattordici mesi, senza un contatto che non fosse filtrato dal vetro d’una finestra o da uno schermo. L’unico spiraglio si è verificato nel mese di agosto con la temporanea riapertura della Rsa e del centro diurno, complice la presenza del giardino. La situazione non è cambiata per i residenti più fragili o costretti a letto per motivi di salute. «Molti di loro non ricevono visite da quasi un anno e mezzo», sottolinea Cucumo. L’inverno ha portato ad una nuova chiusura, fino all’inizio delle vaccinazioni: «Qui sono partire dal 15 gennaio: abbiamo riscontrato il più alto tasso di adesioni tra le strutture provinciali». La profilassi oggi consente di riprendere gli incontri in presenza, ad eccezione dei pazienti più fragili. Per loro, una volta a settimana, c’è la “stanza degli abbracci”. «L’inaugurazione era prevista all’inizio dell’anno – racconta Bergogni – ma siamo stati costretti a rimandare l’inaugurazione per le nuove limitazioni imposte dalla terza ondata di contagi». Oggi è operativa, con le dovute precauzioni per chi accede alla rsa (tampone rapido o almeno la prima dose di vaccino). L’impatto è suggestivo: all’interno della stanza si trova un cubo di cellophane trasparente simile ad un gazebo, diviso in due spazi. Uno per l’ospite, uno per il visitatore. Ad altezza braccia c’è una fila oblò circolari, che consentono di prendersi per mano o allungare una carezza attraverso il muro invisibile.
La plastica scherma la pelle, ma non toglie calore ai gesti di chi si ritrova. Come Tullio, 89 anni, che ogni settimana si presenta puntuale con un mazzo di poesie scritte per la moglie. «Sono un poeta contadino», specifica fiero delle proprie origini: una vita spesa per la sua azienda agricola, senza smettere di coltivare la passione per la scrittura in versi, con cui dà forma ai sentimenti per «la donna più meravigliosa che potessi desiderare». Mentre legge la mano è malferma, ma non il desiderio di esserci: «Farò di tutto per sconfiggere la tua malinconia», le promette in una rima, mentre non smette di stringerle la mano attraverso le pieghe del cellophane. La donna rimane in silenzio, il viso nascosto dalla FFP2, ma non perde una sola parola. L’ultimo gesto è un bacio lanciato oltre il muro invisibile, sospeso come la domanda dell’ultima poesia: “se manchi tu, di me che sarà?”