sensi

N.46 Gennaio 2024

Una vita in cuffia: «Meglio stare nelle mie canzoni»

Li vediamo passare, con i loro auricolari nelle orecchie. Con musica e parole gli adolescenti compongono una colonna sonora per la propria vita, dove isolarsi o stare a riparo

Sono le sette e cinquanta, la via è gremita di ragazzi, le macchine sono in coda e i clacson pronti a suonare, i treni fischiano annunciando il loro arrivo, il piazzale della stazione dei pullman è un brusio che riempie il mattino, prima del suono della campanella. Il semaforo diventa verde, il vigile soffia nel suo fischietto, le biciclette sibilano tra le vie del centro mentre passi frettolosi bussano ai marciapiedi sottostanti. Mani che si incontrano, che si accarezzano, che si salutano scontrandosi l’una con l’altra. Respiri che passano inosservati, in una confusione quotidiana che ha il sapore di una città adolescente al risveglio.

Cuffie auricolari. Nere, bianche, colorate, con e senza cavo, tondeggianti, multiformi, rigide, gommose, spugnose. Incastonate, come diamanti, in vista o celate da lanosi copricapi invernali.

Queste piccole appendici tecnologiche sono diventate ormai un elemento quasi imprescindibile della vita quotidiana degli adolescenti. Le cuffie auricolari, trasportando le note della musica preferita o le storie di podcast avvincenti, sono diventate il simbolo di una generazione costantemente connessa al proprio mondo virtuale, a volte a discapito di quello reale che li circonda.

Il loop quotidiano ci presenta ragazzi immersi nei propri pensieri, accompagnati da una colonna sonora personale, che è diventata una consuetudine talmente diffusa da apparire quasi consacrata in una sorta di rituale contemporaneo.

Le cuffie auricolari, con la loro capacità di isolare chi le indossa dal rumore esterno, sembrano offrire una sorta di rifugio sicuro, un modo per creare una bolla intima in mezzo al caos quotidiano.

«Non so, ci stanno e basta». Rispondono in gergo i ragazzi a cui chiediamo il perché di questa moda diventata “naturale”.

Questa abitudine, però, solleva alcune domande importanti sulla percezione sensoriale e sulla comunicazione interpersonale. Il costante utilizzo delle cuffie auricolari potrebbe influire sulla capacità di ascolto e di interazione con il mondo circostante. I giovani crescono in un ambiente sempre più saturo di stimoli digitali, e le cuffie auricolari possono rappresentare un modo per filtrare e controllare questi stimoli, creando un ambiente più gestibile o più “easy”, come dicono loro.

D’altro canto, c’è il rischio che questa immersione costante nel proprio mondo sonoro limiti l’apertura mentale verso nuove esperienze e incontri. La musica, per esempio, che può essere una fonte di ispirazione e di conforto, potrebbe anche diventare un rifugio che impedisce di confrontarsi con la realtà in tutta la sua complessità. Come nel caso di Allo, sedicenne che prova a restare fuori dal mondo «..perché quello che sento fuori non è interessante. Preferisco stare così, nelle mie canzoni».

«… perché
quello che sento fuori
non è interessante.
Preferisco stare così,
nelle mie canzoni»

Inoltre, la crescente dipendenza dalle cuffie auricolari può portare a una sorta di isolamento sociale, poiché chi le indossa sembra spesso poco incline a interagire, a interessarsi agli altri. Questo potrebbe avere un impatto sulla formazione di relazioni significative e sulla capacità di comunicare in modo efficace.

Nonostante ciò, è importante considerare anche il lato positivo di questa tendenza. Le cuffie auricolari offrono ai giovani la possibilità di esplorare nuovi mondi musicali, di apprendere attraverso podcast educativi e di trovare comfort in momenti di solitudine. Per alcuni sono il nuovo elemento di tendenza, una maniera come un’altra per seguire la moda e sentirsi parte di uno stereotipo di gruppo che, come succede per ogni generazione, trova elementi sociali da definire come punti di riferimento. Insomma, sono uno strumento di autoespressione e di creazione di identità, che consente a chi le indossa di personalizzare il proprio spazio, che sia sonoro o di contesto.

Possiamo quindi affermare che l’ubiquità delle cuffie auricolari tra i giovani adolescenti rappresenta un fenomeno complesso e multiforme. Se da una parte offre spazi di autenticità e personalizzazione dell’esperienza, è fondamentale considerare l’altro lato della medaglia, strettamente connesso all’isolamento sociale e alla disconnessione dalla realtà.

Come adulti e come società, dovremmo forse cercare un equilibrio che permetta ai giovani di godere appieno delle potenzialità offerte da questo come dagli altri device a cui i nostro figli sembrano non poter proprio fare a meno, senza perdere di vista l’importanza delle connessioni umane e della consapevolezza sensoriale.

Come società e come adulti, dovremmo essere un bacino di proposte, un esempio educativo e una guida sicura, per fare in modo che i ragazzi possano trovare la propria identità in loro stessi, piuttosto che in un modello comune; che possano ascoltare la musica per passione e non perché ciò che sentono da fuori risulta, sempre più spesso, poco interessante.