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N.23 Settembre 2021

FONDAZIONE GERMANI

«Abbiamo imparato a guardarci attorno». La rsa bussa alla porta di chi è solo

La struttura di Cingia de' Botti lancia il nuovo servizio "Sos demenza e dintorni" per un supporto domiciliare alle famiglie con anziani fragili

Il melograno mostra i primi frutti maturi. I raggi del sole di mezzogiorno, ancora caldo nei primi giorni di settembre, tracciano i contorni verdi e arancioni della pianta. “A tutti coloro che hanno dato e ricevuto sollievo”: la targa è una dedica, ricordo e gratitudine.
Era il 29 maggio 2021 e alla vigilia della XX Giornata Nazionale del Sollievo, alla Fondazione Germani di Cingia de’ Botti gli occhi, tutti puntati sul giovane albero, si inumidivano. Solo un anno prima…
All’ingresso della rsa il misuratore della febbre, la colonna con l’erogatore di gel disinfettante e il tavoli con i moduli per la registrazione sono un richiamo alla prudenza. Pochi passi avanti la stanza degli abbracci con l’urto tra la trasparenza sintetica di quelle maniche di plastica afflosciate e il brivido travolgente delle emozioni e delle lacrime che qui hanno tornato a scorrere. Reali e calde come mai prima.

C’era un prima, poi è arrivato subito il bisogno di domani. Un’altra scossa: il ricordo della chiusura, l’isolamento forzato, l’assenza dal mondo.
Non lo hanno dimenticato le operatrici in maglia rossa che in giardino stanno annodando fiocchi gialli per la festa di stasera. «Loro ci sono sempre stati, i nostri operatori sono la nostra forza» spiegano i direttori della Fondazione mentre ci lasciamo alle spalle il melograno.

Sulla locandina l’albero disegnato ha la forma di due mani spalancate, e le foglie riempiono la sagoma di una casa. È il logo disegnato per promuovere un progetto che nei mesi della pandemia ha ancorato le sue radici alla terra e che ora è pronto a crescere.Si chiama “Sos demenza e dintorni” ed è nato per offrire un supporto specifico a domicilio alle persone con demenza, problemi cognitivi e disturbi del comportamento. E alle loro famiglie.


Seduti nel salottino degli abbracci, ce ne parlano il presidente Riccardo Piccioni, il direttore generale Ivan Scaratti, il vice Stefania Bergogni e la dottoressa Isabella Salimbeni, direttrice sanitaria della struttura.
«È il contatto con le famiglie che con il covid si è fatto più fitto ad averci mostrato l’esigenza del nostro territorio» spiega il presidente Piccioni. «È uno sforzo organizzativo notevole, ma fa parte dei valori della Fondazione la volontà di aprirsi sempre di più al territorio».
Il numero di telefono dello sportello (331 7873192) è attivo da circa un mese e sono iniziate le prime visite per la presa in carico sono iniziate nei comuni del territorio vicini a Cingia e sul casalasco.
L’assistenza domiciliare non è una novità assoluta, come spiegano gli stessi dirigenti della Fondazione: non si tratta di sostituirsi a servizi già esistenti, ma di offrire un riferimento vicino e sicuro per orientare le famiglie che vivono spesso con forti carichi di stress la gestione di una persona anziana con demenza.
La rete che coinvolge molti attori locali (l’azienda sanitaria territoriale, i medici di medicina generale, le associazioni di volontariato, le cooperative e gli entri del terzo settore) non intende – specifica il direttore generale Scaratti – sostituirsi ai tanti servizi che già sono presenti sul territorio, ma si pone l’obiettivo di facilitare le famiglie ad orientarsi nella frammentarietà dei percorsi: «Spesso le famiglie non conoscono le possibilità di supporto offerte e molte volte anche sapendolo faticano a districarsi nella frammentarietà di servizi e di enti erogatori che genera una sorta di “effetto flipper” che non aiuta i nuclei già alle prese con molte difficoltà».
L’idea è quella di fare della Fondazione Germani un punto di riferimento per fornire informazioni, orientare, dare supporto e offrire cure ad alta specializzazione a domicilio con il coinvolgimento di un team di professionisti per una visione complessiva del singolo caso: geriatra, infermiere, psicologo, terapista occupazionale, logopedista e fisioterapista si coordineranno per accompagnare il paziente e la famiglia nelle diverse fasi della malattia. Presto anche un assistente sociale specializzato entrerà in servizio a tempo pieno in Fondazione per offrire un canale di contatto con i servizi Sociali sul territorio in modo da raggiungere anche le solitudini più estreme. «Non si tratta di istituire una dualità tra cure domiciliari e ricovero in struttura – precisa la dottoressa Salimbeni – ma di aiutare le famiglie a capire qual è il momento giusto per il trasferimento in una struttura senza anticipare i tempi a causa delle difficoltà che richiede un’assistenza domiciliare».

Dalla sinistra in alto in senso orario il presidente Riccardo Piccioni, la diretrrice sanitaria Isabella Salimbeni, il direttore generale Ivan Scaratti e la vice direttrice generale Stefania Bergogni

Il momento giusto… È una questione di attenzione, di sguardo capace di riconoscere il bisogno e di individuare gli strumenti migliori per rispondervi. «Ti sollieverò…» si legge sopra un post-it a forma di frutto appiccicato sul melograno di compensato decorato dai pensieri degli operatori della rsa all’ingresso della stanza degli abbracci.
E il momento è questo. La reazione all’isolamento e all’ombra di morte in cui strutture come questa di Cingia de’ Botti, ovunque, si sono trovate a lungo imprigionate, è lo slancio di una messa in moto: reagire alle assenze con nuovi incontri.
«Il mondo delle rsa – ripercorre il direttore generale – è diventato quello delle rsa aperte. Ora guardiamo oltre, pensiamo ad una “Fondazione in rete” che non sia solo un luogo, ma sia un autentico protagonista del territorio, come punto di accesso e come attore di prossimità per le tante fragilità che abitano i nostri paesi».
Perché la cura ha molte forme e volti diversi: «Ad esempio – ricorda Stefania Bergogni – la nostra cucina prepara decine di pasti che ogni giorni i comuni di Cingia de’ Botti e dell’Unione Municipia distribuiscono a chi ne ha bisogno».

«La solitudine uccide», osserva con gravità il presidente Piccioni. E il covid, su questo fronte, ha picchiato duro. «Le fragilità hanno accentuato la loro portata sociale – osserva la dottoressa Salimbeni – con effetti molto negativi sulle vite delle persone anziane. Sono peggiorati e amplificati i sintomi della demenza o della depressione in molti casi. Lo abbiamo osservato in struttura, ma anche fuori. Molti anziani vivono ancora come in lockdown: non sono tornati nei bar, non giocano più a carte al centro parrocchiale, non fanno più il giro in bici in paese o nei campi… Abitudini semplici ma essenziali, perché in qualche modo i nostri anziani erano “protetti” dal vicinato. E ora non lo sono più».

E la solitudine è anche quella delle famiglie, che nella lotta quotidiana alla malattia di un proprio caro vedono allontanarsi inesorabilmente il mondo dei legami sociali, sentono un senso di abbandono nella difficoltà del trovare alleanze.

«Ecco perché “Sos Demenza”: sapere che nel proprio comune o a pochi chilometri di distanza c’è una struttura che offre questo tipo di aiuto, e lo fa anche venendo nella tua casa, con professionisti competenti in grado di rispondere ad esigenze sanitarie, psicologiche, sociali… è di grande supporto».
«Il covid – riflette la dottoressa Salimbeni – ci ha insegnato a guardarci intorno, a costruire una cultura della cura, della prevenzione e della prossimità». Temi che saranno al centro della tre giorni di incontri che Fondazione Germani ha ospitato dal 20 al 22 settembre, in occasione della XXVIII Giornata Mondiale dell’Alzheimer, con un titolo significativo: “Inimitabili e unici, nell’abbraccio della comunità”.
Se il Covid sembrava aver eretto una barriera impenetrabile tra le rsa e la vita attorno, oggi c’è un melograno che getta le sue fronde verdi oltre quel muro cupo. «Questo è un luogo di vita», pensa ad alta voce Scaratti mentre osserva le operatrici con la maglietta rossa appendere un festone in giardino.
«E torneremo anche a giocare a bocce» assicura il presidente Piccioni. Con «tutti coloro che hanno dato e ricevuto sollievo», e con tutti gli altri che, oltre il cancello, ancora non sanno che non si è mai troppo soli per rinascere.