scuola

N.13 Settembre 2020

COMPAGNIE

Aspettando “il Posto”
dove lo studio è… insieme

C'era un modo diverso di passare i pomeriggi sui libri C'era un luogo in cui si condividono té, Shakespeare e derivate ma anche incontri, precipizi e preoccupazioni C'era prima del lockdown e tornerà ad esserci. Intanto manca

Un giro di chiave come un’acrobazia. Per riaprire la porta del Posto, quando sarà il momento, servirà un’attenzione profonda agli scatti della serratura. È sempre stata un’impresa. E di solito è uno dei più grandi a riuscirci. Chi conosce il segreto di quella porta che si apre sulla stanza del Centro pastorale dove i ragazzi di Gioventù Studentesca, per 4 giorni alla settimana, dalle 13.30 alle 19, si trovavano per condividere i pomeriggi e lo studio. Oggi, dopo tanti mesi di chiusura forzata, aspettano il momento di poter riaprire, con l’orecchio teso al clic della chiave per tornare a condividere “il Posto”, che non è “un posto” qualunque

Non è soltanto la somma di una tavolata e un cucinotto. Per i ragazzi che arrivano da via Palestro, dalle strade del centro e da quelle più lontane, “Il Posto” significa sapere che qualcuno ti sta aspettando, come a casa.

Chi arriva per primo, verso le 13.15, misura il tempo dell’attesa con amore: Chiara (la “Maffa”) porta il pranzo per Giò che ha solo mezzora di pausa prima di tornare al lavoro; Sara telefona a chi sembra non arrivare più, mentre Ada e Marta hanno sempre qualche aneddoto in serbo per chi si accomoda al tavolone dopo una mattinata intensa. Ma soprattutto, se ti siedi al tavolo del Posto “Non puoi non raccontare di te”, spiega Irene.

Di fronte all’ennesima colazione estiva, Anna e Franci, descrivono il Posto come una casa a cui tornare. Raccontano come, in pieno lockdown, alcune compagne di classe hanno espresso il desiderio di conoscere questi amici, per vedere, se effettivamente (e non solo in videochiamata) qui davvero puoi, o meglio (imperativo), devi essere te stesso.

È la libertà nel mettere tutte le carte in tavola chiedendo aiuto con le materie più sudate. Nell’ammettere che in classe, a casa, con gli amici si fa fatica. Nel raccontare una giornata storta, una memorabile o una… normale. Nel dire «Oggi sto qui, studiamo insieme». Nello scoprire che al minuto 2.42 “Nuvole Bianche” di Einaudi fa commuovere; scoperta, questa, dovuta ai pochi minuti di silenzio conquistati con fatica dai venti ragazzi lì presenti. Perché, al Posto capita che Franci proponga di ascoltare Einaudi, per quel secondo di bellezza che sospende la macchinosità dei compiti o la distrazione del chiacchiericcio e, subito dopo, fa riprendere il lavoro con una curiosità diversa, nuova.

E se chi gli alcani li ha studiati in prima, al quinto anno sta ancora aiutando qualcuno a capirli, non è per sopportazione. È l’interminabile desiderio di conoscersi che si chiama pazienza.

L’idea del Posto è nata così: dopo una vacanza estiva vissuta insieme i ragazzi si davano sempre più spesso appuntamento  a casa di uno o dell’altro, volendo condividere ormai più delle uscite del sabato sera. Fino al momento in cui hanno sperimentato il dono di una impensabile unità nella fede, nel mezzo del dolore per la morte di grandi amici.

Impellente bisogno di condividere tutto. Non per farsi calore, non per scaricare il peso della fatica gli uni sugli altri, non per fuggire da altri ambienti meno gradevoli come la propria camera da letto, non per le due poltrone all’angolo nascosto del Posto, quanto piuttosto per la necessità di affacciarsi insieme al limite in certi momenti della giornata che da lontano sono simili ad uno strapiombo, un tuffo nel vuoto, mentre dentro ci si scopre un oceano di vita. 

Non per scaricare sugli altri
il peso delle fatiche
ma per affacciarsi insieme
al limite di certi momenti
che paiono simili a uno strapiombo

Di fronte al suo cappuccino, Anna racconta dell’impetuoso coinvolgimento di un nuovo arrivato che  ha raccolto i soldi per la merenda di tutti. Beh, altrimenti chi lo prepara il tè delle 16.30?

L’oceano, quello in fondo allo strapiombo, è fatto di derivate e di Shakespeare, di istruzioni per fabbricare una chitarra da zero, di corse per arrivare all’Angelus prima di riprendere a studiare,  perfino di lamentele riguardo il compagno di liceo a cui, però, con l’aiuto di un amico sincero, puoi imparare a voler bene.

L’oceano ha un fondale ricco di vita che si rigenera ogni giorno, ma anche una ripida scarpata che dà sull’ignoto: «Bussano alla porta i miei desideri, le mie speranze, dubbi e curiosità. Non so se voglio aprire». Così ha scritto Anna in una sua riflessione di quest’anno.

Vale la pena tuffarsi insieme?

Lo studio è il più grande scoglio, anche perché è quello che tocca tutti, chi più e chi meno entusiasta (e chi per niente). Ma se, di fronte all’ultima interrogazione di quinta superiore, quella che ti alzerebbe la media di uno sproposito, l’amico nell’angolo, un aficionado della poltrona verdina, ti sorride dicendo: «Ti ascolto ripetere», allora tu studi come se fosse questione di vita… o di vita. Perché così non solo è meglio che ripetere al muro, è un cambio di rotta di quelli che ti fanno andare a letto stanco ma sereno.

Giulia, che ha scoperto il Posto agli ultimi anni di liceo, lo racconta così: «È la casa in cui  ho iniziato a stare con gli amici e farmi contagiare dal loro amore per la fisica (nemica da una vita) o per Dante che ho conosciuto più al Posto che a scuola». E questo grazie all’accoglienza di Franci «Come è andata oggi?» o la cura di Laura, uno degli adulti che dona un po’ del suo tempo a dare una mano ai ragazzi, soprattutto in italiano, dopo una giornata in cui ha insegnato quella stessa materia per ore. Ma è anche la tenerezza di don Marco che sembra averti più in mente di quanto tu abbia in mente te stesso. E ai messaggi che iniziano a correre sugli smartphone la sera prima: “Domani ci sei?” e finiscono il giorno seguente: “Ieri non ti ho visto, come va?”.

Studiare così è diverso. «Il gusto per lo studio insieme non ha a che fare solo con date e formule da imparare a memoria, ma soprattutto con la domanda: che cosa c’entrano queste cose con me?»

È un’amicizia intera: i compiti, la patente, la famiglia, il lavare piatti e bicchieri, tutto. Il Posto insegna che non si può vivere spezzettati, interrotti tra la scuola e il resto. Ti fa guardare a un brutto voto come a un punto di domanda, invece che come a un punto definitivo.

È «un’amicizia dell’altro mondo» dice Gaia, anche se di definizioni forse non ce ne sono, basterà, presto, bussare alla porta: un giro di chiave come un’acrobazia, qualcuno sarà già lì ad accoglierti.