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N.23 Settembre 2021

ARTE

Tessere le trame dell’uomo sulle rotte del Mediterraneo

Le opere di Ettore Favini raccontano il movimento del Mare nostrum, dove natura, cultura, economia e onde sociali incontrano le eredità della storia e ne traggono energia per il rinnovamento

“Arrivederci” ha il sapore di un tempo sospeso.
Presuppone un nuovo incontro o un saluto malinconico, al tempo stesso carico di incertezza e speranza.
“Arrivederci” è anche la prima tappa di un viaggio profondo ed affascinante, ideato e costruito dalla creatività dell’artista cremonese Ettore Favini all’interno di un contenitore più ampio. Il progetto si chiama “Mediterraneo”. Nasce dall’esigenza di raccontare i confini, gli scambi di idee, l’origine e l’evoluzione dei simboli che hanno sempre trovato forma in questo mare circoscritto: «Mediterraneo significa forza, energia. È un’onda in continuo movimento: dal punto di vista culturale, naturalistico e anche sociale. Ha potenzialità enormi. Pensiamo se anziché parlare di Comunità Europea, parlassimo di comunità di Paesi che stanno attorno a questo mare. Avrebbe anche un potere economico non indifferente».

“Arrivederci” è stata la prima tappa, chiusa da una doppia mostra personale presso il museo MAN di Nuoro e il Museo Villa Croce di Genova. Favini si è addentrato all’interno dei racconti dei tessitori sardi, ricevendo in dono un centinaio di tessuti da artigiani, tintori, artisti e stilisti, tra cui il più importante è la lana, divenuto materiale per un ampio corpo di opere.

“Mirupafshim” significa arrivederci in albanese ed è il titolo dell’opera concepita e poi installata sulla facciata dell’Istituto di Cultura Italiana di Tirana.

È la seconda tappa di questo percorso culturale e personale: «Mi sono ispirato ad un fatto storico accaduto all’interno del Mediterraneo e che ci ha riguardato da vicino: lo sbarco della Vlora, una enorme nave mercantile, nel porto di Bari del 1991, con a bordo ventimila cittadini albanesi. Ho creato una vela ribaltata al contrario utilizzando mutande donatomi da cittadini albanesi, alcuni dei quali erano proprio su quell’imbarcazione. Le ho tinte con un punto di rosso, colore della bandiera albanese. È una vela volutamente al contrario, a simboleggiare il ritorno, tra virgolette, in rotta opposta, di queste persone in un paese dove oggi l’economia è in fortissima ripresa. In mezzo questo mare così potente ed impetuoso».
“Au Revoir”, realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council, è un omaggio al Mediterraneo e agli itinerari storici dei mitici blue jeans, capo di abbigliamento trasversale che ha unito tantissime generazioni.

Opere di Ettore Favini

Nel viaggio artistico di Favini, ricorrono spesso i tessuti: «Ci siamo rifatti ad alcune fonti bibliografiche per capire lo spostamento dei materiali ma anche delle persone all’interno di questo mare.

A Il Cairo è riconducibile la prima tramatura che ricorda gli attuali jeans. L’arte del fustagno poi trova terreno fertile in Piemonte, a Chieri, paese in provincia di Torino, dove vi era una sorta di scuola. Nella capitale egiziana esiste un piccolo sobborgo di nome Al Fustat.

Ed il richiamo al tessuto è evidente. Che poi arriva in Italia proprio da lì, passando per Venezia, attraversando successivamente il fiume Po, per fermarsi anche a Cremona, dove nel 1400, vi era una sorta di confraternita di fustanieri in Vicolo dei Lanaioli».

Con la storica genovese Marzia Cataldi, Favini riconduce le origini del jeans a Genova: «Quando Levi Strauss raggiunge Nimes possedeva già un campione di tessuto. Nella cittadina francese il jeans veniva impiegato per le tute da lavoro degli operai».

Oggi l’artista cremonese sta ultimando un tappeto di lana su scale differenti di blu, di tre metri di lunghezza per un metro di altezza, raffigurante il Mediterraneo e le sue rotte: «Ho utilizzato quaranta chilogrammi di materiale. È il primo, per me, fabbricato a mano. Andrà in mostra a Torino durante “Artissima”, che fa parte di una manifestazione più ampia che si chiama “Dama aperto”. Verrà esposto a terra e sarà la base per riflessioni e talk, coordinate da Gianluca Ricuperati, sul Mediterraneo».
Favini chiude con un pensiero quasi paterno: «Mediterraneo è sempre stato anche terra di conquista. Ultima delle quali il turismo, che ha contribuito a distruggere l’ecosistema, costruendo ovunque. Ed in questo senso, secondo me, Italia, Francia e Spagna sono quelle che hanno fatto peggio. Attorno a queste acque, però, si respira anche aria di novità. C’è voglia di fare, le nuove generazioni stanno ritornando alla terra, al mare, ad una pesca controllata. C’è l’idea di rituffarsi nel passato guardando al futuro con la forza dell’innovazione».