luce

N.16 Dicembre 2020

LETTERATURA

La Commedia della luce che svela la vita

Il sorriso, lo sguardo, le stelle e i santi... dialogo con Franco Nembrini sulla poesia di Dante

Gabriele Dell'Otto, tavole illustrate per La Divina Commedia (ed. Mondadori)

«La luce è – e lo dico senza forzature, ma semplicemente guardando al testo – il tema dominante e fondamentale della Divina Commedia di Dante». Inizia così la nostra chiacchierata con Franco Nembrini, bergamasco, insegnante e scrittore (le sue due ultime fatiche, “Inferno” e “Purgatorio” per i tipi di Mondadori e “Le avventure di Pinocchio”, edizioni Centocanti, meritano di essere letti).
Nembrini ha la voce buona e schietta di chi non ti prende in giro, non ha bisogno di “contartela su”. Semplicemente perché è innamorato di quello che racconta. E in questo caso, di Dante e della sua umana avventura.
«Se ci pensiamo, la Divina Commedia inizia con un’assenza totale di luce…».


Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!


«Tutto è caratterizzato dal buio, che altro non è che una metafora della condizione dell’uomo. Perché l’uomo identifica la luce come un’esperienza positiva, nella luce le cose si svelano per come sono, si fanno conoscere e dunque si possono amare. Nella luce le cose emergono nella loro verità. Il buio invece è l’ignoto, è come essere immersi nell’inchiostro.


Quando mi trovo a fare degli incontri su Dante, chiedo sempre ai presenti di immaginare di essere immersi nel buio totale. Cosa accadrebbe? Uno si muoverebbe in modo scomposto, a tentoni e inevitabilmente finirebbe per fare del male a se stesso e a chi gli sta intorno. Proprio come accade nella vita di ciascuno. Ecco perché serve un maestro, qualcuno che ci guidi nel cammino. Dante non ha inventato nulla, il tema della luce è presente nelle religioni e nella filosofie, però per il poeta fiorentino la vita dell’uomo è un continuo tentativo di conoscere: le cose hanno bisogno di essere svelate, conosciute, per essere amabili».

«…perché tutto il problema
della vita, della fede
è di poter vedere in faccia Dio»


Il sorriso di Beatrice
È così, ad esempio, quando Dante vede per la prima volta Beatrice.
«Un giorno questo ragazzo sta andando per strada, gira l’angolo e si trova lei davanti. Non si sono mai parlati, ma lui ha tutto questo scombussolamento. Immaginatevi che in lui ci siano una commozione, una vergogna, un pudore, una timidezza per cui vorrebbe sparire ma lei continua a venire avanti. Viene avanti, viene avanti… lui non sa più dove guardare e lei gli sorride. Gli sorride, il saluto che dona salute.

È una dichiarazione e lui rimane colpito, non capisce più niente, quando torna a casa scrive agli amici, racconta cosa è successo.

Dante intuisce che nell’incontro con quella donna abbiamo trovato risposta tutti i desideri che ha. Quella donna non solo è la donna della sua vita, ma quella donna è la forma concretissima del Mistero di Dio che gli si fa incontro. E questa è la scoperta che lo fa uscire di testa.


“Venuta da cielo in terra a miracol mostrare”
(Dante Alighieri, Rime della Vita Nova)


Non riesce a trovare per descrivere questo che la parola “miracolo”. E, sempre nella Vita Nova, scrive che pensando a lei “mi giugnea una fiamma di caritade, la quale mi facea perdonare a chiunque m’avesse offeso”. Ecco cosa significa una vita trasformata dalla luce».


Desiderio, la mancanza delle stelle
Ma tutta l’opera dantesca è permeata dal tema della luce. Prendiamo ancora la Divina Commedia, dice Nembrini, e andiamo al canto 33 del Paradiso. «Quando Dante arriva in Paradiso trova San Bernardo che intercede presso la Vergine, le chiede di fare l’ultima grazia a quell’uomo che tanto ha faticato per arrivare fin lì. E qual è questa Grazia? “Che ogni nube li disleghi” affinché possa contemplare Dio. Che ogni nube sia dissolta, così che possa finalmente vedere. Capite che cosa grande? La cosa che San Bernardo domanda alla Madonna è che Dante possa vedere, perché tutto il problema della vita, della fede è di poter vedere in faccia Dio. È una tensione continua perché guardare significa poter amare. Ecco il desiderio, la cui etimologia significa proprio “mancanza delle stelle”. Tutta la vita umana è una ricerca di compimento del desiderio. Pensate a uno dei versi più famosi di Dante, quando dice “Uscimmo a riveder le stelle” o – concedetemi un deviazione su Pinocchio – quando il burattino esce dalla pancia del pescecane e la prima cosa che descrive con commozione è il cielo stellato. Lui, Pinocchio, aveva vissuto nella luce finché era stato con Geppetto ma poi si era perso nel buio. Il buio è proprio l’assenza del bene, tanto che anche nel Purgatorio molte delle pene che Dante racconta sono proprio legate alla mancanza della vista (come le palpebre cucite, ad esempio)».


Le tre donne benedette e Salomone
Le tre donne più importanti che Dante incontra nel suo viaggio, spiega ancora Nembrini, sono Beatrice, Santa Lucia (protettrice della vista) e la Vergine Maria. «Nel canto II dell’Inferno, Virgilio rivela a Dante che il viaggio è voluto da una ragazza (Beatrice) che il poeta descrive così: “Lucevan li occhi suoi più che la stella”.

Allo stesso modo nel canto XXXIII del Paradiso della Vergine dice “gli occhi da Dio diletti e venerati”. Ecco, il tema dello sguardo, del guardare, è la chiave di volta di tutto».
C’è poi un ultimo episodio, racconta l’insegnante bergamasco, forse tra i meno conosciuti ma uno dei più belli del Paradiso dantesco. Ed è quando Dante si ritrova di fronte al Re Salomone: «Dante è accecato dalla troppa luce che emanano i Beati e i Santi, non ci vede nulla e se ne lamenta con Salomone. E lì il re gli dà una risposta bellissima, gli dice che è come la brace del camino che quando fa fiamma non permette di distinguere nulla, ma quando le braci diventano ardenti le puoi riconoscere una a una. Sarà così per tutti coloro che sono in Paradiso quando Dio farà la Grazia di vedere.

Dante scrive che a quelle parole tutti i Santi si misero a festeggiare ed applaudire, perché tutti attendono la resurrezione dei corpi pensando alle mamme che hanno perso un figlio e lo potranno riabbracciare in Paradiso ad esempio. Tutti noi aspettiamo di rivedere qualcuno e di poterlo riabbracciare. La Divina Commedia è così attuale perché parla al cuore di ciascuno di noi, senza eccezione. E ci mostra che quel cammino è per tutti».

Un grande progetto editoriale

Franco Nembrini, da anni, tiene per tutta l’Italia un ciclo di lezioni su Dante e la Commedia. Alla fine di uno di questi incontri, a Roma, è stato avvicinato da un ragazzo che gli ha detto che le sue parole gli avevano cambiato la vita. Questo ragazzo era Gabriele Dell’Otto, uno dei più importanti disegnatori del mondo, artista di punta delle due grandi casi editrici americane di supereroi, Marvel e DC. E nato così un progetto che è anche un sogno. Rivestire la Divina Commedia per portarla al grande pubblico, nel millennio che è appena iniziato.

Dopo l’introduzione di Alessandro D’Avenia, ogni canto ha un’introduzione alla lettura scritta da Nembrini, il testo originale di Dante e, a fronte, una parafrasi in italiano contemporaneo, e una riproduzione delle tavole di Gabriele Dell’Otto che illustrano il contenuto del canto. Un grande progetto che ha già visto la pubblicazione del volume “Inferno” e del volume “Purgatorio” e che terminerà con “Il Paradiso”.

Nel frattempo in libreria, edita da CentoCanti, è uscita una edizione di Pinocchio, altro capolavoro riletto e curato da Nembrini e illustrato da Dell’Otto.