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N.01 Maggio 2019

L'INTERVENTO

Essere cristiani a Gerusalemme

Pubblichiamo un saggio scritto per Riflessi Magazine da padre Pierbattista Pizzaballa vescovo della Chiesa Cattolica nella Città Santa

foto Peter Aschoff / Unsplash pellegrini nella chiesa del Santo Sepolcro

A proposito dei Cristiani in Terra Santa, vorrei concentrare il mio discorso su Gerusalemme, cuore della presenza cristiana in questi Luoghi.

Con il Cristianesimo a prima vista si direbbe che la Terra Santa, e con essa Gerusalemme, non occupi un posto significativo nella vita di fede. Nell’ebraismo il richiamo a Gerusalemme è fondamentale e parte integrante della vita di preghiera dell’ebreo, della sua identità religiosa. Nell’Islam il pellegrinaggio ai Luoghi Santi è costitutivo del cammino di fede del credente musulmano. Il cristiano, invece, deve semplicemente adorare Dio “in spirito e verità”, (cfr.Gv 4,21-24) e lo può fare in qualsiasi parte del mondo.

Questo in effetti è vero. La maggioranza dei cristiani non verrà mai in Terra Santa e non vedrà Gerusalemme fisicamente.

Detto questo, occorre aggiungere che Gerusalemme è la Città Santa per eccellenza anche per un cristiano, ed ha importanza e significato anche per la sua vita. Senza pretesa di completezza, mi richiamerò a due aspetti.

1.1 Il cristianesimo è incarnazione

Il cristianesimo è incarnazione. È un’affermazione banale, anche se mai scontata. Il Dio che si fa uomo è il nocciolo essenziale della fede cristiana. Tale incarnazione è il culmine della storia di rivelazione. Dio si è rivelato, storicamente.

Ebbene, se vi è una storia della rivelazione, vi è anche una geografia della rivelazione. Se vi è un’incarnazione e questa è storica, vi deve anche essere un Luogo dove questa è avvenuta. Questi due elementi (storia e geografia) sono necessari l’uno all’altro. Togliere uno dei due elementi, significa negare l’evento stesso. Per questo è sempre stato essenziale per la Chiesa non solo guardare a Gerusalemme come ad un richiamo spirituale, ma rimanere in essa anche fisicamente. È caratteristico per la vita della Chiesa dire: “Cristo è risorto, non è qui, venite a vedere il Luogo dove era sepolto” (Mt 28:6).

Fin dal principio la comunità cristiana si è ritrovata nei Luoghi per fare memoria. Il fare memoria non è un semplice richiamo di un evento passato. Quell’evento è ciò che ancora oggi alimenta la vita del cristiano. La resurrezione di Cristo è il fondamento attuale della nostra vita di fede. Ancora oggi abbiamo bisogno di correre per vedere il sepolcro vuoto di Cristo. L’evento è attualità. Per questo è per noi necessario stare in quei Luoghi, per custodire l’attualità di quell’evento. Gerusalemme è il cuore, il simbolo, di questo principio.

Siamo minoranza
Senza un rapporto
con i due popoli maggioritari
non avremmo un futuro

Ciò che è accaduto in Gerusalemme, lungo tutta la storia della rivelazione ed in particolare gli eventi della redenzione di Cristo, ci parlano del desiderio di riconciliazione tra Dio e l’uomo e dell’unità del genere umano (basti pensare alla Pentecoste e il suo legame con il racconto del capitolo 11 del Genesi). Per questo per i cristiani Gerusalemme è il Luogo simbolo di aspirazione alla riconciliazione e all’unità. Per questo, conflitto e divisioni a Gerusalemme suscitano più sconcerto che in qualsiasi altra parte del mondo.

1.2. Gerusalemme Chiesa Madre

Ma non ci si può certo riferire a Gerusalemme solo come ad un grande museo, ad un agglomerato di Luoghi nei quali si fa memoria. Gerusalemme è anche crocevia di popoli e nazioni. È composta da pietre vive, persone. Il luogo è fatto dalle persone.

La comunità dei credenti che vive a Gerusalemme, la Chiesa, è definita da tutte le Chiese Chiesa Madre. Cosa significa questa espressione? Non è sempre facile rispondere. Non è questa inoltre la sede per disquisizioni teologiche. Presenterò dunque brevemente il significato di tale espressione, dal mio punto di vista:

• Chiesa Madre perché, essendo la prima, è quella che ha generato tutte le altre Chiese. Non è nemmeno una Chiesa apostolica, cioè fondata da un apostolo. È Cristo stesso l’iniziatore e il fondatore. Non è stata fondata da santi o apostoli, ma è il luogo dal quale santi e apostoli sono partiti per fondare.

Tutti i popoli erano qui
e tutti sentivano parlare
nella propria lingua

• Chiesa Madre perché è nata come Chiesa locale ed universale insieme. L’evento della Pentecoste è particolarmente significativo. (Cfr. At. 2,8-11). La Chiesa di Gerusalemme non è nata come Chiesa locale, dalla quale sono scaturite altre Chiese, espandendosi. Essa è nata fin dall’inizio con una vocazione universale. Tutti i popoli erano qui, e tutti sentivano parlare nella propria lingua. Gerusalemme è il richiamo all’armonia iniziale e all’unità.

Ancora oggi Gerusalemme è l’unico luogo dove le diverse Chiese convivono, in un percorso sensibilmente ferito, ma nonostante tutto vitale, di ricerca di unità e di condivisione. Ogni Chiesa ha un suo centro culturale e gerarchico in qualche parte del mondo. Ma tutte hanno l’unico cuore a Gerusalemme. In questo senso è “madre”, poiché non è espressione di una delle diverse Chiese, ma di tutte, che a Gerusalemme sono costrette a condividere spazi e tempi. Costrette dalla storia e dalla vocazione del Luogo.

• Chiesa Madre perché il legame alla Terra la lega in maniera unica anche alla storia che questa Terra custodisce. La rivelazione antico testamentaria e del Nuovo Testamento qui sono storia di popoli e culture locali. La vita della Chiesa Madre è indissolubilmente legata a tali culture ed in particolare al suo rapporto con ebraismo e islam. Rapporto non sempre facile, spesso conflittuale, ma comunque costitutivo per la sua vita stessa. Senza un rapporto con le due altre fedi monoteistiche, la Chiesa non potrebbe qui sussistere. Siamo minoranza. Senza un rapporto con i due popoli maggioritari, anche per gli aspetti più banali della vita, non avremmo un futuro.

Gerusalemme, in conclusione, è il luogo, lo scrigno, che racchiude una serie di significati ancora attuali per la vita di fede delle Chiese e dei Cristiani: il legame tra storia e geografia, evento e luogo, ricordo e attualità; l’origine e la fonte per tutte le altre Chiese; la rappresentazione della vocazione all’universalità e all’unità, certamente oggi ferite, ma ancora vitali; il legame imprescindibile con l’Ebraismo e l’Islam, oltre che con il Cristianesimo delle origini.

Gerusalemme è insomma un modello completo di Chiesa. In essa sussistono ancora oggi tutti gli elementi costitutivi della Chiesa originaria: località e universalità, unità, luogo e memoria. Il tutto certamente sussiste in maniera ferita, toccata dal peccato dell’uomo, che comunque non è riuscito a cancellare tutti gli elementi costitutivi della vita della Chiesa ivi presenti.

Richiamandoci alla visione di Pentecoste, possiamo dire che oggi questa universalità è testimoniata non solo dalla internazionalità dei suoi componenti, dalla presenza di tutte le Chiese cristiane, dalla loro relazione con le fedi monoteiste, ma anche dalla presenza dei diversi carismi che lo Spirito ha suscitato nella Chiesa nel corso di questi duemila anni. Lo stesso Spirito che a Pentecoste ha riunito nuovamente la famiglia umana nella reciproca comprensione, dalle divisioni della Torre di Babele, ha suscitato lungo i secoli nuove forme di vita apostolica, di annuncio, di testimonianza e accoglienza. Tutte queste nuove ed antiche forme di Chiesa costituiscono un altro aspetto di quella universalità nello Spirito, di cui la Chiesa di Gerusalemme è stata testimone dall’inizio e deve continuare ad essere anche oggi.

Naturalmente anche oggi, come allora, Satana è all’opera con le sue divisioni e la nostra testimonianza qui è a volte terribilmente ferita e acciaccata, ma non distrutta.

Dopo avere detto che in Gerusalemme universalità e località coincidono, dobbiamo tuttavia anche presentare più da vicino ciò che differenzia i cristiani che a Gerusalemme vivono da quelli sparsi nel resto del mondo.

2. I cristiani locali

I cristiani locali di Gerusalemme sono pochi, non più di ottomila persone, appartenenti alle diverse confessioni cristiane. Vi è una forte presenza internazionale tra i cristiani di Gerusalemme, soprattutto tra i religiosi. La Chiesa locale è comunque araba. Sono arabi i cristiani locali. Araba è gran parte delle gerarchie. L’arabo è la lingua usata nella maggioranza delle Chiese. Tutte le Chiese hanno una forte componente universale, tutte hanno un legame che oggi è vitale con le diverse Chiese sparse nel mondo e per questo sono considerate una presenza un po’ “diversa” rispetto agli altri abitanti della città. Molte attività di carattere sociale dei cristiani sono svolte all’ombra di edifici che richiamano le varie culture occidentali, con forti connotazioni anche linguistiche: si studia in arabo, ma anche in inglese, francese, tedesco, italiano, spagnolo ecc.

Detto questo è evidente che la visione di un cristiano locale su Gerusalemme è una visione che si identifica con quella del popolo a cui appartiene, la visione palestinese, appunto. Un cristiano palestinese vuole a tutti i costi difendere il carattere cristiano della città di Gerusalemme, ma si identifica allo stesso tempo con il desiderio del suo popolo e con la visione dei suoi governanti.

I cristiani sono parte
del popolo a cui appartengono
La chiesa tuttavia
deve avere un suo discorso
una sua voce libera

Vi è in generale un sostegno da parte delle comunità sparse nel mondo alla Chiesa di Gerusalemme. Concretamente si può dire che gran parte delle iniziative delle comunità locali sono sostenute dalle Chiese del mondo; scuole, ospedali, iniziative di diverso genere non potrebbero sussistere senza il loro supporto.

Vi è sempre più un richiamo ai pellegrinaggi. Quasi tutte le Chiese, non solo quelle cattoliche, organizzano visite e preghiere ai Luoghi. In questo senso Gerusalemme sembra veramente tornata ad essere la casa di preghiera per tutti i credenti. I pellegrinaggi stanno diventando sempre di più anche occasione d’incontro non solo dei Luoghi, ma delle comunità. Questo è un grande arricchimento reciproco e permette di prendere coscienza dei problemi di carattere politico sociale che affliggono la città e che colpiscono in particolare la comunità cristiana.

Su quest’ultimo aspetto le posizioni delle chiese si diversificano e spesso diventano delle scelte di campo. Vi sono quelle che sostengono per motivi religiosi la visione israeliana (soprattutto le Chiese di area evangelica), come vi sono quelle che solidarizzano con le Chiese locali arabe, facendosi portavoce nei rispettivi paesi della voce dei cristiani locali.

Il rischio che si corre, in questo contesto è quello di diventare una sorta di portavoce dei governi locali. I cristiani sono parte del popolo al quale appartengono e solidarizzano con esso senza distinzioni. La Chiesa, tuttavia, deve avere un suo discorso, una sua voce, autonoma, libera, che – pur condividendo le legittime aspirazione del proprio popolo – sa comunque dare uno sguardo autonomo, sereno, costruttivo e universale alla questione di Gerusalemme, senza lasciarsi fagocitare dalla politica e dalle sue dinamiche, alle quali la Chiesa deve rimanere estranea.

Non spetta a noi in questa sede entrare nei particolari, che non sono nemmeno di nostra competenza. È evidente che prima o poi le due parti dovranno incontrarsi e definire questo tema che resta l’argomento più importante di tutti. Ed è evidente che le due parti dovranno trovare dei criteri comuni di riferimento per la definizione di un accordo. Ed è su questo che a noi preme, come cristiani, di dire una parola.

Dal nostro punto di vista vogliamo insistere sulla necessità di preservare il carattere cristiano della città come uno degli elementi costitutivi della sua configurazione universale. Gerusalemme perderebbe la sua universalità, se non mantenesse visibile e pubblico un suo carattere anche cristiano.

Per carattere cristiano si intende

• la possibilità di pregare pubblicamente nella città. In questa città non vi è il pudore europeo. I musulmani pregano pubblicamente. Gli ebrei si fermano il sabato. I cristiani devono poter fare lo stesso secondo le loro differenti tradizioni.

• sostenere o per lo meno non ostacolare le diverse istituzioni cristiane (scuole, ospedali, ecc.).

• sostenere la presenza cristiana e il suo naturale sviluppo demografico

• preservare i legami naturali tra i cristiani di Gerusalemme e i loro fratelli di Terra Santa. Senza le relazioni quotidiane con i cristiani dalle diverse parti del paese, specialmente Betlemme, diventerà difficile mantenere le differenti istituzioni cristiane della Città Santa.

Qui si impara a vivere insieme alle persone, fedeli e uomini di Chiesa, di ogni confessione cristiana. Dialogo religioso, disquisizioni teologiche, frizioni dovute alla storia, sono problemi dei quali non possiamo negare l’esistenza, ma il dialogo e il rispetto tra cristiani qui è vita quotidiana, serena. L’ecumenismo non è passarsi accanto e sorridersi per un giorno, o discutere a tavolino per un anno: si vive insieme, ci si parla, si vive con la consapevolezza che è importante e necessario essere “cristiani”. Non solo, ma rivendicando il diritto di esserlo, perché a Gerusalemme il Signore Gesù ha patito la sua passione, si è consegnato alla morte, è stato sepolto ed è risorto, per noi tutti, per tutta l’umanità, perché potessimo accogliere il Suo dono di Figlio venuto a darci gioia, e perché la Sua gioia in noi fosse piena.

Gerusalemme, 6 maggio 2019

* amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme