silenzio

N.05 Novembre 2019

COMUNICARE

Essere sordi insieme è sentirsi con gli occhi

Leonardo e Katia raccontano la loro storia di coppia e di genitori nella normalità di un silenzio quotidiano che insegna «a guardare e a guardarsi»

Una famiglia in silenzio? Macché! Comunicano eccome. Lo fanno con la voce, con le mani, con gli occhi. Tra di loro e con le figlie. Perché innanzitutto non sono sordomuti, ma sordi. E poi perché per loro il silenzio è «una condizione di normalità» e dentro questa condizione hanno imparato a comunicare. Con gli altri sordi e con gli udenti.
Lui è Leonardo, 31 anni, nato e cresciuto a Cremona, operaio con in testa il cappello della Cremo e il sogno di fare un corso di restauro di affreschi («se solo potessi avere l’interprete durante le lezioni», sospira). È sordo da quando aveva 9 mesi a causa di una febbre alta che gli ha lesionato il nervo acustico. Ha frequentato elementari e medie in città affiancato da un’interprete, mentre ha fatto le superiori praticamente da solo, con accanto per poche ore un’insegnante di sostegno. «È stato difficile prendere il diploma così – racconta – ma ce l’ho fatta, anche con l’aiuto di compagni e professori».
Lei è Katia, 30 anni, nata a Potenza e trasferita a Cremona per amore (di Leonardo). Anche lei diplomata, lavora nella stessa azienda del compagno. A 6 mesi ha avuto un’infezione che l’ha resa sorda al 100%.
Tra di loro e con altre persone sorde comunicano attraverso la lingua dei segni. Mentre hanno fatto corsi di logopedia per stimolare il linguaggio verbale e imparare a leggere il labiale, per interagire con gli udenti. «Io quando incontro qualcuno lo dico subito che sono sordo – racconta Leonardo – perché la nostra è una disabilità che non si vede. Alcuni hanno difficoltà a relazionarsi con me, allora io ripeto le cose più lentamente, a volte scrivo su un foglio».
Hanno due bambine, tutte e due udenti: Emma ha 2 anni e mezzo e Irene è nata a gennaio.
Ad un bar nel centro di Cremona, di fronte alla sede dell’Ente nazionale sordi, con l’aiuto dell’interprete Gabriella, raccontano la loro storia di coppia e di genitori sordi.
Si sono conosciuti a Modena, tredici anni fa ad una riunione del Comitato giovani sordi italiani. «All’inizio non è che proprio mi piaceva – ammette Katia – Eravamo diversi e poi io convivevo con un’altra persona a Potenza. Ci siamo videochiamati per tre anni, ma solo come amici. Poi qualcosa è cambiato. Ci siamo incontrati, frequentati e innamorati e da lì è partito tutto…mi sono trasferita, siamo andati a vivere insieme e sono nate le nostre due bambine».
Entrambi hanno avuto nella loro vita compagni udenti «perché quello che conta è il sentimento, ma effettivamente – dicono – nella coppia “mista” non c’è la stessa sintonia».

Il silenzio ci aiuta
a distrarci meno
come coppia
e come genitori

Sono una coppia sorda e fanno (quasi) tutto ciò che fanno le coppie udenti. Vanno in vacanza («il prossimo viaggio alla grotta di Babbo Natale di Verbania»), vanno al ristorante, a fare la spesa, a pagare le bollette. «Al cinema no perché in Italia non c’è il cinema con i sottotitoli – spiega Katia – E la tv non la guardiamo perché i programmi sottotitolati sono pochi. Guardiamo Netflix, però».
Litigano? «Sì, come tutte le coppie. Spesso per delle stupidaggini», sorride lei.
E com’è essere genitori sordi di figli udenti? «Quando Katia è rimasta incinta – ricorda Leonardo – il mio medico mi ha detto: “Vedrai che sentiranno” e così è stato. È importante che le nostre bimbe ci sentano perché noi sappiamo quali sono le difficoltà che devono affrontare i sordi». La figlia più grande è bilingue: parla sia il linguaggio verbale, sia la lingua dei segni. Come ha imparato? «Il Lis da noi – spiega Katia – Ad esempio, io faccio il segno del “bagno” e lo indico e lei impara a segnare. Il linguaggio verbale lo impara dalle persone udenti che la circondano, in particolare rapportandosi con bimbi udenti a scuola». «Noi – precisa Leonardo – non costringiamo le nostre figlie a “segnare”. Per noi è importante che parlino bene, poi se imparano anche il Lis meglio. Se se la sentiranno, in futuro potranno anche affiancarci e farci da interpreti in alcune situazioni».
«Come coppia e come genitori – dicono – il silenzio è il nostro quotidiano. Tutto ciò che succede, tutto ciò che fanno le nostre figlie, non lo sentiamo ma lo percepiamo. Gli altri lo sentono con le orecchie, noi con gli occhi. Perché il silenzio ha aumentato la nostra capacità visiva. Il silenzio ci aiuta a guardare e guardarci di più, a distrarci meno come coppia e come genitori».
E il matrimonio? «Prima vado in pensione e poi mi sposo», scherza Leonardo. Ma Katia si sbilancia: «Magari in futuro…». Intanto Emma ha disegnato la sagoma della sua mano su un foglio. Sarà un segno?