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N.31 Maggio 2022

STORIA

I cinque tesori dell’Archivio diocesano

«Questo è un posto magico», dice don Paolo Fusar Imperatore. Sorride sempre, anche parlando di cose molto serie. Quando gli chiedo se essere responsabile dell’Archivio storico diocesano gli piace, mi risponde: «Tantissimo». Se glielo richiedo, assicurandogli con il vescovo non ci sente, la risposta non cambia: «Tantissimo». È sincero. Si vede dalla cura con cui maneggia i cinque “tesori” che mostra per questo numero di Riflessi.

E da come ne parla. Classe 1981, originario di Romanengo, don Paolo divide il suo impegno di vicario a Piadena con quello all’Archivio della Diocesi.

È anche bibliotecario in Seminario, insegnante di Storia della Chiesa all’istituto Superiore di Scienze Religiose di Cremona-Crema-Lodi-Vigevano-Pavia e in caso di necessità al Seminario di Cremona.

«Sono stato mandato a Roma a studiare Storia con indirizzo archivistico dal vescovo Dante Lafranconi – racconta don Paolo –. Alla fine del dottorato il vescovo Antonio mi ha chiesto questo servizio». Del lavoro in Archivio a don Paolo piace «la schedatura. Sono uno che mette ordine.

Non è il lavoro dello storico è quello dell’archivista: ricostruire l’ordine originale, costruire indici, facilitare il lavoro altrui. Dopo un po’ lo storico si annoia. La mia tesi di dottorato è stata su una Segreteria dei Brevi (le risposte dei Pontefici su segnalazioni di problemi): in tre anni l’ho guardata per intero».

La nascita dell’Archivio diocesano risale al 1985, è ubicato al primo piano del palazzo di piazza S. Antonio Maria Zaccaria, facciata prospiciente al lato sud della Cattedrale. Conta cinque stanze stipate di scaffali: messi in fila uno a uno raggiungono la lunghezza di un chilometro lineare, «ma puntiamo a raddoppiarla – ammette don Paolo – quando saremo nella nuova sede». L’archivio sarà presto traslocato in un nuovo palazzo, all’interno di locali più ampi e a pian terreno. I documenti custoditi arrivano, principalmente, dalla Curia, dalla Cattedrale (edificio, canonici e parrocchia) e da quattro grandi parrocchie cittadine: S. Imerio, S. Agostino, S. Sigismondo e S. Pietro.

Corale del 1482 in pergamena realizzata con pelle di pecora. I due lati di ogni pagina si differenziano per aspetto e colore: il lato “pelo” è caratterizzata da punteggiatura ed è più giallognolo; il lato interno della pelle è liscio e più chiaro. La copertura del Corale è rivestita di cuoio con borchie di ferro. Il Corale è un libro utilizzato dai canonici per cantare le ufficiature della Cattedrale. Vi sono contenute musiche per la messa e per l’ufficio divino, cioè la liturgia delle ore. I canonici utilizzavano il proprio libretto, ma per canti specifici il Corale veniva collocato sull’enorme leggio posto in mezzo al Coro della Cattedrale. I caratteri sulla pagina non erano realizzati dai canonici ma da artigiani di bottega pagati appositamente. Sono visibili capilettera dai colori vivaci e dal gusto arabesco. In Archivio sono presenti due serie di corali, per un numero complessivo di 20. La prima serie appartiene alla Cattedrale, l’altra alla parrocchia di S. Agostino, quest’ultima con arabeschi più umili ma con pergamena di qualità migliore. Serviva un’economia ben funzionante per realizzare un corale. Chi era incaricato di produrlo doveva avere un gregge di pecore, mantenerlo, saper trattare la pelle.

Ordinazioni di San Carlo Borromeo. Quando viene nominato cardinale di Milano, a San Carlo Borromeo viene affiato anche il ruolo di visitatore apostolico e quindi, per questo, può entrare anche in luoghi esenti da visita, come ad esempio i monasteri. San Carlo ha lasciato tutta una serie di ordinazioni seguenti le sue visite pastorali. Sono brogliacci rilegati di materiale cartaceo che contengono i desiderata, cioè le ordinazioni, riguardanti la cura della parrocchia o della chiesa o del ruolo del tal sacerdote. A titolo di esempio: “Si fodri di dentro il tabernacolo con drappo di seta”; oppure: “Si tenga in chiesa l’olio santo degli infermi e per questo si fabbrichi una fenestella”. Quelli mostrati in foto sono ordinazioni risalenti al 1582.

Corrispondenza privata di monsignor Geremia Bonomelli (1831-1914), vescovo di Cremona dal 1871 fino alla sua morte. La corrispondenza custodita in archivio è formata da lettere recuperate in curia e sfuggite a chi poi ha indirizzato la maggior parte del materiale attribuito a lui a diversi istituti culturali, tra i quali i quaderni, oggi custoditi alla Biblioteca Ambrosiana. La sua calligrafia è definita “difficile”, a partire dai numeri indicati su ogni scritto, che rappresentano un suo protocollo. Le lettere nelle foto sono parte della corrispondenza indirizzata a Bonomelli nel 1901. È anche presente una lettera proveniente dalla Casa di sua maestà la Regina Madre e una proveniente dal Segretariato degli operai italiani all’estero di Friburgo, che informa Bonomelli dello stato degli operai italiani in quella città (all’epoca era già attiva l’Opera Bonomelli, nata nel 1900 e dedita all’assistenza dei lavoratori italiani all’estero).

Registro dei battesimi della parrocchia di S. Elena, parrocchia cittadina, poi soppressa. Siamo alla fine del XVIII secolo. È l’ultimo volume di quella parrocchia, che riporta l’anno 1788, dopo il quale subisce la soppressione come conseguenza della politica ecclesiastica di Giuseppe II d’Asburgo-Lorena, attuata dal 1780 al 1790 (giuseppinismo) in seguito alla quale conventi, ordini e parrocchie sono abolite in gran numero. Il registro è tenuto dall’allora parroco, don Davide Rondanini. Sulle pagine si leggono, per ogni battezzato, la data della celebrazione del sacramento, il suo nome e cognome, la sua data di nascita, chi sono i suoi genitori e chi il padrino e la madrina. Le registrazioni sono effettuate dal parroco ma anche dai vicari, lo si capisce dalla diversa calligrafia presente sulle pagine. Le ricerche da parte di persone dei propri avi o dei nomi di pittori o liutai di un certo prestigio hanno deteriorato le pagine di questi registri.

Status animarum. Sono registri tenuti da ogni parroco che costituivano, letteralmente, la mappa delle anime dei parrocchiani, cioè a quali tappe del percorso di fede erano giunti. Nelle foto è ritratto uno Stato delle anime redatto su un foglio di carta comune, piegata a metà, della parrocchia di S. Bartolomeo, a Cremona: oltre a nome, cognome, età e luogo di residenza è indicato, con l’iniziale, il sacramento ricevuto. Per esempio, le tre “C” indicano: Confessione, Comunione e Cresima. Venivano redatti in occasione delle benedizioni pasquali.