caos

N.47 febbraio 2024

rubria

Il ballo della vita

Quando parliamo di caos la nostra mente visualizza subito un’eccessiva occupazione di spazio.

La confusione che nasce dal disordine di corpi, oggetti o esistenze che si scontrano incastrano sovrappongono.

Una pienezza sgraziata, confusa, esagitata.

Non pensiamo nemmeno per un secondo che il caos sia in realtà costituito da un immenso vuoto. È nel caos che i Greci credevano si fosse generato il mondo degli dei, dall’apertura di una gigantesca voragine nel nulla. Vita che nasce dal buio.

Caos che diventa caso nella mancanza di ordine che gestisce e organizza i movimenti della materia. La confusione del destino che muove i fili secondo un progetto scritto con l’inchiostro invisibile, che a volte ci sembra di intuire e altre non riusciamo proprio a capirne il senso.

Caos come spazio in cui l’ingiustizia ama fare la sua tana, sicura di potersi nascondere dietro la gran menzogna del troppo complicato, impedendo alla complessità di aprire la bocca, spiegarsi, imporsi.

Caos come nido del possibile, per un incontro entropico che apre un varco nuovo di quello che potrebbe essere. Nella confusione delle relazioni e delle scelte, formiamo il mondo che abiteremo dopo agganciandoci a uno dei nastri che ci troviamo davanti alle mani, senza sapere in quale labirinto ci stiamo infilando.

Il caos del dolore che mette fuori fuoco i piani e confonde la memoria, trasfigura i ricordi, riscrive le verità.

Il caos del quotidiano, il ballo della vita che non si mette in pausa né si riavvolge, con il suo cilindro di sorprese e imprevisti, a ricordarci che non possiamo sapere a quale ritmo muoveremo i prossimi passi. Dobbiamo essere pronti a ballare.