ombre

N.34 Ottobre 2022

MERCATO

Il sapere di non essere soli non si compra al centro commerciale

Dai banchi di scuola al mondo che continua a correre: pericoli e antidoti alle luci del consumismo che minaccia di nascondere sotto cumuli di "prodotti" la sete di conoscenza e il bisogno di comunità che rendono uomini

Ultimo giorno di scuola prima di affrontare l’esame di maturità. L’insegnante entra in classe e trova ciascun alunno con indosso, come maglietta, una borsa dell’Iper. Si ride insieme! Per tutto l’anno quella docente aveva ripetuto che a scuola era impossibile «comperare tre e pagare due». «Qui non siamo all’Iper», soleva ripetere. Siamo nei primi anni novanta quando l’ombra delle luci dei grandi centri commerciali incombe su ciascuno plasmandone la cultura e il modo di vivere. Su una comunità di valori e di azione finalizzata a generare beni comuni si stava imponendo una comunità di desideri ,di bisogni e gusti che il mercato poteva soddisfare e, talvolta, creare, a condizione di potervi accedere. I soldi ne erano il mezzo. Chi ne disponeva poteva godere di ogni prodotto, soprattutto “di marca”, quelli più ambiti; i più poveri dovevano accontentarsi dei discount i cui scaffali sono colmi di merce senza “nome”. Per i poveri assoluti rimanevano gli scarti dei ricchi. Cos’era la carità alimentare se non una briciola caduta dalla mensa dei ricchi!
Quell’insegnante temeva che la logica di un mercato che rendeva trasparente gli uni agli altri, che impediva di cogliere nel volto dell’uomo accanto le speranze, le paure, i dolori sarebbe potuta diventare pervasiva anche in quell’aula. Proprio là dove ogni “ostacolo che limita la libertà e l’uguaglianza di ciascuno e impedisce il pieno sviluppo della persona” doveva essere rimosso, si radicava la convinzione che solo il godimento potesse essere ragione di vita. Quell’aria inquinata avrebbe soffocato ciò che di più prezioso ciascuno possiede: il suo originale talento che il sapere poteva far emergere.

Il sapere non parla il linguaggio della seduzione,
non illude con false promesse di facile successo
né rilascia carte fedeltà per vincere premi

Nessun sapere però poteva e può essere comprato e, per di più, a basso costo. È un bene non monetizzabile che richiede un duro e faticoso lavoro. Infatti ogni nuova conoscenza comporta l’incontro con l’estraneo, con lo straniero e il diverso. Un fatto che impone l’abbandono delle personali certezze, la pazienza dell’ascolto di parole mai udite, l’umiltà di riconoscere la propria ignoranza per poter comprendere. Il sapere non parla il linguaggio della seduzione, non colloca i libri in uno spazio marginale e secondo la logica del bestseller, tanto cara al mercato, non illude con false promesse di facile successo né rilascia carte fedeltà per vincere premi. Chi entra nel suo complesso mondo sperimenta la vertigine di erte che si inerpicano su montagne sempre più elevate e nel contempo vive lo stupore di fronte a panorami inimmaginabili ed unici che gli consentono di contemplare l’immensità del pensiero e del cuore umano “tanto profondi sono i suoi confini”.
L’esaltazione del nuovo, tanto cara al mercato, che predica la “rottamazione” del vecchio e riesce a far sentire persino colpevoli coloro che non possiedono “l’ultimo modello”, ben poco si addice al sapere, costretto invece ad un continuo confronto con i maestri del passato e con l’eredità lasciata.
L’ombra delle luci del mercato, iper o super che sia, è minacciosa, è un oscuramento che annuncia una tempesta di un individualismo consumistico capace di distruggere ciò che di prezioso si è costruito in secoli di storia: la coscienza di essere una comunità di individui interdipendenti tra loro.
Di alcuni di quei giovani maturandi l’insegnante ha avuto notizie e sa che hanno scelto di dedicarsi alla ricerca e allo studio; di altri sa che si impegnano quotidianamente, ciascuno secondo il proprio talento, a costruire beni di cui tutti possano godere; di altri ancora non ha saputo più nulla. È fiduciosa però, che nessuno di questi si sia arreso alla truffa; che nessuno di loro sia alla fine rimasto accecato dalle luci di un centro commerciale e dalla loro minaccia di coprire d’ombra la coscienza del bene.

LETTURE

“La caverna” di Saramago

Il mito platonico della caverna, rivisitato da Saramago e portato ai giorni nostri: la storia di un vasaio cui viene rifiutata la solita fornitura di stoviglie da parte del Centro, simbolo del potere nell’età della globalizzazione. L’artigiano si troverà così costretto a inventarsi un altro prodotto e, soprattutto, a confrontarsi con il Centro stesso, per cercare di scoprirne il terribile, spaventoso segreto. Così, come in altri suoi libri, abbiamo due storie parallele e allo stesso tempo convergenti. Da una parte i protagonisti: gente normalissima, antieroi per eccellenza. Dall’altra una costruzione quasi infinita e maligna: il Centro, sorta di città nella città che divora la città. (fonte: Ibs.it)