sensi

N.46 Gennaio 2024

Misuriamo con i dati l’anima dello Stradivari

Il Laboratorio di Acustica Musicale del Politecnico di Milano è un'eccellenza accademica e scientifica incastonata nel Museo del Violino per comprendere meglio le caratteristiche e le dinamiche del suono degli strumenti ad arco, in bilico tra arte e scienza

Ciò che i nostri sensi raccolgono e che la nostra mente elabora, restituendoci emozioni, sensazioni, informazioni, è molto più che mera percezione. Indipendentemente dalla reazione che suscitano in noi, infatti, dietro a quei fenomeni ci sono dinamiche complesse e fattori che interagiscono tra loro, intersecandosi, sovrapponendosi, amalgamandosi. In una sola parola: dati. Dati che possono essere studiati, misurati, interpretati e correlati, per comprendere meglio la realtà in cui siamo immersi e il modo in cui essa funziona.

È proprio ciò che accade nel Laboratorio di Acustica Musicale che opera dal 2013 all’interno del Palazzo dell’Arte, ove ha sede il Museo del Violino di Cremona. Un’eccellenza accademica e scientifica, che deve la sua nascita alle competenze del gruppo Image and Sound Processing Group (ISPG) del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB) del Politecnico di Milano, e che è stato realizzato con il contributo finanziario dalla Fondazione Arvedi Buschini e con il supporto del Comune di Cremona.

Dell’importanza del lavoro svolto dal Laboratorio ci parla il suo responsabile tecnico, il prof. Fabio Antonacci, che ci ha illustrato le molte attività svolte e il modo in cui questo patrimonio di esperienze può concretamente contribuire al miglioramento della liuteria cremonese e alla sua valorizzazione culturale, oltre che al perfezionamento degli ambienti di ascolto. Attività che il laboratorio svolge prevalentemente in tre ambiti: studio della generazione del suono, analisi della radianza acustica e analisi timbrica.

Il laboratorio si concentra sulle caratteristiche degli strumenti musicali acustici, in particolare degli strumenti di liuteria classica e contemporanea, sfruttando l’esperienza del gruppo ISPG in ambito audio, acustica computazionale, e machine intelligence, oltre che le competenze del Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano in materia di analisi vibroacustiche.

Cosa c’è dietro al suono che i nostri sensi percepiscono quando un violinista sfrega il suo archetto contro le corde del suo strumento? In che modo si propaga il suono? Perché ciascuno strumento ha una sua propria voce, un suo carattere e una sua “anima”?

Per rispondere a queste domande, ci spiega il prof. Antonacci, «occorre concentrarsi sulle caratteristiche degli strumenti, dei quali vengono acquisiti modelli 3D ad alta risoluzione per misurare e modellare il modo in cui vibrano e per stimare il loro comportamento radiativo», ovvero il modo in cui da essi si propaga e si diffonde nell’ambiente il suono. Uno studio che richiede l’utilizzo di un laser scanner, di una vasta gamma di sensori accelerometrici calibrati e di un vibrometro ad interferometria laser per analisi, attraverso i quali è possibile effettuare rilevazioni non invasive, anche su strumenti di inestimabile valore come quelli presenti nel museo cremonese.
Le caratteristiche di questi storici violini, ma anche quelle di strumenti moderni, vengono poi valutate, anche da esperti, musicisti e collaboratori del museo e del laboratorio e memorizzate in un database, accessibile solo attraverso la rete interna, nel quale sono presenti immagini, registrazioni audio, scansioni 3D, misure vibrometriche e molte altre informazioni che sono state raccolte nel corso degli studi condotti dal Politecnico di Milano e dal “Laboratorio Arvedi di analisi diagnostiche non invasive” dell’Università di Pavia.

Ciò che interessa i ricercatori che operano in questi contesti non è soltanto “la voce” degli strumenti e il modo in cui essa è generata dai materiali che li costituiscono e dalla tecnica costruttiva. È per questo che il laboratorio cremonese è strutturato in più sezioni e ambienti. All’interno troviamo una rendering room, ovvero una stanza di 40 metri quadrati fono-isolata e vibro-isolata con comportamento semi-anecoico, in cui vengono svolte acquisizioni e misure timbriche e acustiche con l’uso di particolari microfoni e attrezzature; un laboratorio per le analisi vibrazionali e la modellazione 3D degli strumenti; una control room con apparecchiature mobili per la ripresa in alta qualità e risoluzione di eventi live in audio spaziale. Oltre a questi locali tecnici è presente un open space con postazioni per lo sviluppo di software e per l’ufficio.

Un simile dispiegamento di attrezzature, competenze ed energie ha richiamato in questi anni oltre 300 studenti a Cremona, per i corsi di laurea magistrale in Music and Acoustic Engineering, attivi dall’anno accademico 2018/19. Tra questi molti musicisti, che presentano caratteristiche molto rare e apprezzate dalle aziende e le cui passioni e competenze spaziano dalla musica all’informatica. A fine corso questi ragazzi sono infatti contesi da grandi brand internazionali, a riprova del grande lavoro svolto in un contesto che coniuga la grande tradizione liutaria cremonese, l’arte che questa ha espresso ed esprime, e la scienza, che oggi è in grado di investigare e di iniziare a comprendere ciò che per secoli è stato tramandato – per lo più sul campo e in forma orale – da generazioni di celebri liutai e dalla loro sperimentazione empirica. Un filo che si è interrotto nel XIV secolo e che ha visto il suo interesse rinnovarsi verso la fine degli Anni ‘30, culminando nel 1937 nelle celebrazioni del bicentenario della morte di Antonio Stradivari e nell’apertura, nel ‘38, della scuola di liuteria.

La riscoperta di questa grande tradizione, che nel ‘900 non aveva ancora carattere scientifico, trova oggi nel Laboratorio di Acustica Musicale un grande sviluppo e un’importante prospettiva di competenza e consapevolezza, con la possibilità di effettuare studi che affiancano l’esperienza e l’intuito dei liutai nella comprensione del comportamento di materiali, forme e tecniche costruttive rispetto alla qualità e alle caratteristiche del suono che i loro strumenti produrranno.

Una ricerca che coniuga l’aspetto estetico e quello funzionale e che utilizza tecnologie avanzate come il machine learning, come ci illustra il prof. Fabio Antonacci, «che può aiutarci ad esempio a comprendere se la voce di un nuovo violino sarà nasale, metallica, calda o fredda, ma anche come il suono si comporterà a partire dalla sua tavola armonica e dal materiale con cui è realizzata».

Con questa eccellenza la liuteria cremonese si spinge verso il futuro e verso il mondo intero, in cui è già conosciuta e apprezzata, ma che sempre più si popola di veri e propri “ambassador” che non nascono più soltanto dalla passione o dall’appartenenza a una tradizione e un territorio, ma da percorsi di studio, collaborazioni, competenze e relazioni.

Un patrimonio che li rende testimoni consapevoli e di alto profilo, in grado di attraversare la cortina dei sensi e arrivare ai propri interlocutori con un bagaglio scientifico in grado di renderli più partecipi e consapevoli di quella grande tradizione che è il “saper fare tradizionale del violino a Cremona”, che nel 2012 il comitato UNESCO per la salvaguardia del patrimonio immateriale ha inserito tra i beni immateriali dell’umanità.