eroi

N.18 Febbraio 2021

INTRODUZIONE

Al nostro fianco

La foto di copertina del volume "L'amore salva ancora. Testimoni di guarigione" (ed. Trc) Dieci racconti reali di medici, operatori, ammalati che hanno superato la prima terribile ondata del Covid vivendo il dramma delle corsie d'ospedale e delle terapie intensive nei mesi in cui la pandemia ha picchiato più duro

«Non siamo eroi. Cerchiamo di fare bene il nostro lavoro».
Si sono stancati di ripeterlo, medici e infermieri catapultati sulla Maginot della pandemia.
Eppure non possiamo negare che quelle divise bianche a prova di virus, i solchi cianotici sul viso, le espressioni sconvolte dalla stanchezza e dal contatto diretto con il dolore, sono stati il baluardo delle nostre speranze di guarigione, la prima linea di una società sotto assedio, gli unici alleati contro l’invasore invisibile.
Eppure, mentre si facevano carico delle paure di tutti, sono stati loro a respingere la definizione. Di fronte alla débacle collettiva l’eroe è diventato un’idea distorta, da respingere, oppure semplicemente da rimettere al suo posto.
O meglio. Non è “eroe” la parola stonata. È piuttosto un’idea di eroismo che la fa troppo facile: i superpoteri, il mantello, i raggi laser e gli addominali scolpiti. Ecco cos’è che non tornava.
Non tornava ai medici in quelle corsie così lontane dal lieto fine, gli infermieri troppo “suonati” dall’ondata per godersi la gloria di una foto virale.
Ecco perché, a qualche mese dal picco della pandemia, con gli striscioni celebrativi riposti in qualche cassetto, il ricordo della indiscussa gratitudine che si assottiglia e la minaccia alla frontiera della salute pubblica è tutt’altro che respinta, dedichiamo queste pagine agli “Eroi”. Ai loro riflessi che diventano scintillii tra le righe delle nostre vite.
Ecco perché abbiamo bisogno di qualcuno o qualcosa che non sia senza macchia o senza paure: anzi. Cerchiamo qualcuno che ci somigli, che accetti di macchiarsi dei nostri stessi errori, che affronti i nostri fantasmi, le nostre scelte definitive. Non al nostro posto. Al nostro fianco, semmai.
Ciascuno per la propria parte: sul camion dei pompieri o nel salotto di casa. Come i medici sul fronte del Covid, che accettano di essere chiamati eroi se questo significa che hanno «salvato il pezzo di mondo» che gli stato affidato. Se questo significa che prima o poi tocca a tutti sfoggiare il proprio talento.
Senza lanciare fulmini dagli occhi, ma «tenendo in equilibrio la vita» di chi ci sta vicino. Lo dice, con eroica semplicità, uno dei bimbi delle elementari che incontrerete tra un paio di pagine. Lo fanno le mamme e lo fanno i papà che non hanno paura di dare la vita.
«Sì, anche noi possiamo essere eroi»: lo sapevamo, quando avevamo 9 anni… ricordi?
Da lì abbiamo voluto ricominciare. Per arrivare, alla fine di questo numero, alla coppia di sposi che dopo sessant’anni e con la memoria congelata dall’alzheimer sfoderano ancora l’arma segreta scritta sul retro di una foto antica: «T’amerò sempre».