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N.57 febbraio 2025

traguardi

Dottor Guidetti: la laurea, l’Asperger e la pazienza di aprire pagine e relazioni

Per Lorenzo la sindrome di Asperger non ruba la scena: «Sono contento che la mia laurea abbia suscitato l'interesse della stampa, ma vorrei che, col tempo, non sia più visto come un fatto fuori dal comune»

Lorenzo Guidetti con la presidente di Anffas Crema Daniela Martinenghi

«Dietro alla diversità si celano meraviglie». Dobbiamo solo avere il coraggio di scrutarle, la pazienza di ascoltarle, il desiderio di comprenderle. Prende tempo, Lorenzo Guidetti, 28 anni, di Crema, dopo la sua personale maratona, corsa per prendere la laurea magistrale in Storia e valorizzazione dei beni culturali presso la sede cremonese dell’Università degli studi di Pavia. «Nel mio tempo, ho fatto qualcosa di incredibile. Non per gli altri, ma per me, per la mia storia, per il mio modo di essere». In ogni silenzio Lorenzo getta semi di consapevolezza: «Ho la sindrome di Asperger. Sono autistico. E sono sicuro di percepire in modo diverso. Ho una sensibilità diversa. Quando ero più piccolo faticavo a filtrare gli stimoli esterni e a decifrare alcuni comportamenti sociali».

Crescendo ha acquisito un buon grado di autonomia. «Mi sono appassionato alla storia dell’arte alla fine della scuola media». Poi la passione è cresciuta alle superiori, fino all’università. «Quella universitaria è stata un’esperienza in cui, grazie al sostegno dei miei genitori, dei docenti e dei miei professionisti di riferimento, sono riuscito ad adattarmi». L’ambiente universitario cremonese è «a misura di ciascuno. Ho stretto un rapporto diretto con i docenti ed ho compreso che in quella realtà viene dato il giusto valore ed il giusto tempo alle relazioni». Il fulcro, secondo Lorenzo, sta tutto lì. L’inclusione e l’accessibilità non sono affar di pochi. «Non riguardano solo le persone autistiche o con disabilità: è la società che deve sforzarsi di essere aperta». Passi avanti ne sono stati fatti, «ma serve ancora qualche sforzo. Non serve solo che le persone si avvicinino alla neurodiversità, serve che abbiano il desiderio di comprenderla attraverso un dialogo aperto e lungo. La velocità (e quindi la fugacità) dei rapporti crea fraintendimenti». La soluzione è una sola: «Serve più pazienza».

«Non serve solo che le persone si avvicinino alla neurodiversità, serve che abbiano il desiderio di comprenderla attraverso un dialogo aperto e lungo. La velocità (e quindi la fugacità) dei rapporti crea fraintendimenti. Serve più pazienza».

La stessa che Lorenzo ha riposto «nel lungo lavoro di ricerca e catalogazione», necessario per la redazione della sua tesi di laurea magistrale dalla copertina rosso fiammante dedicata a Villa Marazzi di Palazzo Pignano. «Ho consultato tanti libri e visitato l’archivio diocesano e quello della biblioteca comunale di Crema. Ho messo ordine tra le tante informazioni che ho raccolto e, in continuità alla tesi di laurea triennale, dedicata alla chiesa di San Rocco di Crema, ho avuto la conferma di quanto la mia città sia ricca di storia e di arte».

Ed è proprio qui che Lorenzo immagina il suo futuro: «Vorrei lavorare vicino a casa, ma soprattutto vorrei poter costruire anche in ambito lavorativo preziosi rapporti umani. Spero in un’occupazione che risponda ai miei interessi, ma soprattutto in un contesto che sappia valorizzarmi per ciò che sono e che so fare, libero da ogni pregiudizio».

Per raccontarsi e tenere traccia di ciò che è stato, Lorenzo sta costruendo un proprio archivio personale, in formato digitale e cartaceo. «Voglio fare memoria, raccontare la mia vita. Perché i ricordi sono le cose più preziose che abbiamo ed abbiamo il dovere di tramandarli». Tra questi, il più vivido, oggi, è quello della laurea. Una notizia che ha conquistato anche l’attenzione dei giornalisti. «Sono contento che la mia esperienza abbia suscitato interesse, vorrei che servisse a fare in modo che, col tempo, non sia più visto come un fatto fuori dal comune ed altri possano fare altrettanto; ho compiuto un’impresa personale».  Certo, «ho apprezzato questa lunga chiacchierata, anche se, più che un’intervista, è stato un bel confronto».

È stato arricchente. Una parentesi di vita lenta che può ricordare anche a noi, professionisti dell’informazione, l’importanza di osservare la realtà con la lente dell’empatia e di raccontare l’attualità entrando in punta di piedi nella vita degli altri. O meglio, in punta di penna.