terra

N.01 Maggio 2019

#makethebassagreatagain

La filosofia del gusto è “campagna first”

Giovane, entusiasta, laureato in filosofia e con le idee chiarissime sul percorso per far tornare la Bassa Padana un miracolo di fecondità, bellezza e sostenibilità Dalla Cascina Lago Scuro parte la "rivincita" dei prodotti che nascono tra l'orto e la stalla

L’idea di #makethebassagreatagain, che riprende in modo ironico il #makeamericagreatagain che ha portato Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America, è figlia della fantasia e della voglia di fare di Luca Grasselli della Cascina Lago Scuro di Stagno Lombardo.

Un hashtag – c’è da riconoscerlo ai creativi di Trump – che fa venire voglia di fare qualcosa di grande tutti insieme, a petto gonfio e con un grande sogno da realizzare. Una chiave da spendere sui social media che non si limita ad aggregare idee e post, ma che ha saputo davvero creare una rete di piccoli grandi animatori della Bassa Padana, che sino ad allora quei sogni li coltivavano individualmente: agricoltori, produttori, artigiani, osti… gente che questo territorio lo conosce bene, lo ama e sa che può offrire molto di più e di meglio, se si lavora, nel modo giusto e tutti insieme, alla sua valorizzazione.

Questo significa certamente riscoprire, conservare, tutelare, ma soprattutto fare in modo che il patrimonio della Bassa non si perda nelle spire del tempo e della storia, ma resti vivo nell’attualità di un mondo veloce, spietato, che tutto ingoia salvo poi piangere lacrime da coccodrillo, quando pezzi importanti di storia, di identità e di tradizione sono persi per sempre.

Gemme preziose, come la Cascina Lago Scuro, la cui storia fluttua in un lungo periodo fra il 1600 e il 1800. Quello che potrebbe essere solo uno dei tanti “borghetti” agricoli che si vedono ancora dalle autostrade e che ti viene da piangere perché vanno in rovina, è invece un gioiello prezioso e ben conservato in cui raccontano ancora la loro lunga storia la chiesa, la casa del fattore, la villa padronale, un cortiletto neogotico e poi ancora le stalle per i cavalli e le vacche e le abitazioni dei contadini.

A far rivivere questa meravigliosa cascina furono, nel 1990, Fabio e Paola Grasselli, che all’epoca decisero di dedicarsi a un progetto di agricoltura biologica, sostenibile e di qualità. Una grande passione che i due hanno saputo trasferire al figlio Luca, che negli ultimi anni ha deciso di dedicarsi alla cascina insieme a sua moglie Federica.

Oggi la Cascina Lago Scuro è un luogo in continua trasformazione e innovazione ed è azienda agricola, caseificio, orto, agrinido, laboratorio e presidio di ottima ristorazione. Luca è felice di quello che ha ottenuto, ma guarda avanti a partire da pilastri inamovibili del suo pensiero, come quello della sostenibilità e dell’amore per la terra e per le nostre radici.

Luca, partiamo da te: tu hai preso una laurea in filosofia e, successivamente, un master in scienze gastronomiche all’università di Pollenzo. Può sembrare un percorso “strano”, ma di certo non lo è.

Quello che ho fatto è stato un lungo percorso, sono partito da lontano e non sapevo quanto fosse importante il lavoro che stavano facendo i miei genitori. Quando ho fatto filosofia a Milano non avevo idea di cosa avrei fatto da grande e in realtà non lo sapevo nemmeno dopo la laurea. Prima di iniziare il Master ho dato una mano ai miei genitori a mungere le vacche e a fare il formaggio, iniziando a maturare l’idea di dedicarmi a questo, ma non ero ancora del tutto soddisfatto. Così è nata l’idea di fare scienze gastronomiche a Pollenzo e da lì ho conosciuto il grande mondo Slow Food, Carlin Petrini e un sistema cibo a livello europeo, che mi ha fatto capire davvero l’importanza del lavoro dei miei e mi ha convinto a tornare in cascina.

Ti si è aperto un mondo che probabilmente è lo stesso che vedevano i filosofi dell’antichità, i quali davano grande importanza alla terra, che ritenevano giustamente madre e culla dell’umanità. È questo che ha influenzato il tuo percorso?

Esattamente: partire dalla terra per legare i rapporti umani. Parte tutto dalla terra, alla quale tutti torneremo ed è importante che la gente venga qui da noi, da molte parti del mondo (Canada, Corea, Giappone, Colombia); stagisti che capiscono il nostro lavoro e gente che ci dà tanto e alla quale noi diamo tanto.

Come vivevi da bambino la scelta dei tuoi genitori? C’era già il seme di quanto poi è germogliato o ci sei arrivato nel tempo?

All’inizio pensavo tutt’altro e non avevo idea di cosa potesse succedere, né quanto fosse importante, che i miei venissero qui nel 1990 a fare agricoltura biologica. Ne ho capito l’importanza e il senso solo dopo aver studiato il sistema cibo europeo, i disastri che esso combina e quanto sia importante dare una svolta come questa.

Veniamo a #makethebassagreatagain. Come nasce l’idea? Chi ha aderito e che cosa state già facendo? Come vorresti che evolvesse?

Siamo partiti per gioco con i ragazzi della Torrefazione Vittoria, a Cremona, ma dietro #makethebassagreatagain c’è il concetto profondo di rivalutare la Bassa Padana, una terra così fertile, ma anche tanto deturpata. La vera agricoltura che c’era un centinaio di anni fa qui oggi non c’è più, lo dico con dispiacere; vorrei che ci fossero anche altre realtà come la nostra e che riuscissimo a valorizzare insieme questo territorio. Da una semplice chiacchierata tra amici ora stanno aderendo in molti: il panificio La Madena di Stagno Lombardo, l’Enoteca Tabarro di Parma, il Caffè La Crepa di Isola Dovarese e altri. Al momento abbiamo fatto magliette e cappellini con l’hashtag, ma l’idea è quella di mettere in piedi un progetto più serio, con una festa qui in cascina che riunisca tutti i produttori, perché la cooperazione è un valore importante.

L’importanza di fare rete è alla base di qualsiasi progettualità moderna, anche se siamo ancora lontani da una vera spinta “cooperativa”, anche in termini di marketing territoriale, che faccia davvero funzionare i meravigliosi strumenti di cui oggi disponiamo.

Fare rete è fondamentale, anche se qui in Italia è un po’ difficile, ma è possibile se facciamo tutti un passo indietro per farne due in avanti. Bisogna cercare dei punti in comune e cooperare, dandosi delle regole e dei paletti. Tra le cose concrete che abbiamo già fatto, con il panificio La Madena di Stagno, è la coltivazione di un “miscuglio evolutivo”, fatto di grano tenero e grano duro. Ma c’è anche un circuito che abbiamo messo in moto: noi compriamo il caffè alla Torrefazione Vittoria, loro prendono da noi le brioches e così via, mentre iniziamo anche a fare dei piccoli eventi insieme. Tutto a piccoli ma importantissimi passi.

Torniamo alla Cascina Lago Scuro. So che state lavorando anche alla reintroduzione di un’antica razza bovina autoctona, la Bianca Val Padana: raccontaci di lei.

Qualche centinaio di anni fa qui c’era questa razza, che era considerata una razza dalla triplice attitudine: lavoro, latte e carne. Nel nostro mondo moderno queste fantastiche caratteristiche sono invece paradossalmente considerate triplici inattitudini, perché il latte che danno è poco, la loro carne non è sufficientemente grassa e il lavoro nei campi è lasciato alle macchine. Quello che noi facciamo è dunque ricontestualizzare, trasformando tutto in cascina e lasciando questi bellissimi animali al pascolo, prendendoci cura del loro benessere, che è cosa sempre più rara.

I vostri formaggi e prodotti sono una meravigliosa “cartolina” di questa terra che voi portate in giro per mercati, fiere ed eventi. So che fate parte di diversi circuiti del mondo slow food: spiegaci cosa significa per voi tutto questo.

Questo è certamente il premio della fatica che fai tutti i giorni. Quando i miei portano i nostri formaggi in Francia, ad esempio, loro si riempiono d’orgoglio. Si potrebbe pensare che venderli lì sia più complicato, ma chi ha cultura del territorio e dei suoi prodotti ha anche la capacità di apprezzare quelli degli altri.

Ti faccio un’ultima domanda: spesso chi produce sul territorio si trova a fare i conti con la “guerra dei prezzi”. Come si risolvono queste tensioni imposte dal mercato?

La sola via d’uscita, complicatissima, è la circolarità delle aziende agricole. Uscire dalla logica del mercato è una possibilità che soltanto chi fa scelte come queste può permettersi, svincolando il prodotto dal prezzo. Il prodotto è un filtro del territorio, dell’umanità, delle persone che lo fanno. Noi siamo al di fuori dal mercato. Il nostro prodotto non ha un prezzo che possa inserirsi nel mercato, perché abbiamo le nostre vacche, i nostri campi e trasformiamo noi la materia prima.