città
N.03 Settembre 2019
Non solo baby gangster. Osiamo proposte belle
Vessare, bullizzare, rapinare, percuotere, riprendere con lo smartphone, postare… Pare che per un gruppo di adolescenti cremonesi la noia si potesse sconfiggere in questo modo.
La baby gang ha conquistato, così, le prime pagine dei giornali nazionali e le notizie di apertura dei principali tg, creando il consueto strascico di domande, sentenze, riflessioni che, a volte, tendono a generalizzare l’adolescente dei nostri giorni come un potenziale membro del gruppo di delinquenti junior.
Proprio ai primi di luglio, quando usciva la notizia, osservavo stupito, commosso e ammirato i settanta adolescenti della parrocchia a cui appartengo che, incuranti di un caldo soffocante, pieni di energia ed entusiasmo intrattenevano per la quarta settimana consecutiva più di cento bambini e ragazzini con le attività del Grest.
Contemporaneamente centinaia, migliaia di loro coetanei stavano facendo lo stesso in altre comunità parrocchiali o, comunque, volontariato in altre associazioni anche laiche. Credo non si annoiassero.
Raramente la cronaca parla di adolescenti che fanno del bene perché (purtroppo) è sempre la cattiva notizia che attira ascolti, eppure credo farebbe bene a tutti sapere che gli adolescenti, anche quelli dei nostri giorni “smanettoni”, social, sempre in cerca di like con le storie su Instagram, sanno apprezzare le proposte che li coinvolgono, hanno sete di cose belle, hanno voglia di mettersi in gioco.
A noi adulti, in particolare a chi ha ruoli educativi, spetta il compito di osare fare proposte.
Osare proporre alto, osare proporre che si può andare oltre “Temptation Island”, “Grande Fratello”, “Uomini e donne” pur continuando a seguirli se proprio piacciono.
Osare invitare ad andare al cinema, a teatro, a leggere un bel libro, ad aderire ad una proposta di volontariato, ad un uso intelligente e costruttivo del tempo, al rispetto del nostro prossimo.
La mia attività teatrale mi ha più volte fatto andare in scena davanti a tantissimi adolescenti con una storia di dolore e speranza legata alla vicenda di un ragazzo, Gianluca Firetti, e alla sua testimonianza di coraggio e passione per la vita nei mesi di lotta contro malattia che lo ha portato alla morte.
Le prime volte, vittima anche io del pregiudizio, credevo che il mio giovane pubblico avrebbe passato il tempo con lo sguardo affondato nello smartphone, chiacchierando, non ascoltato quello che succedeva sul palco. Mi preparavo a recitare nel brusio…
Mai una volta è accaduto.
Ho sempre raccolto silenzio, attenzione, partecipazione commossa e feedback di apprezzamento.
I bulletti annoiati che hanno tenuto questo comportamento riprovevole (dei quali non conosciamo le storie e gli scenari in cui sono cresciuti) saranno processati e puniti, si ritroveranno la fedina penale compromessa, come è giusto che sia… forse la condanna migliore potrebbe essere (come spesso accade) avvicinarli a percorsi di volontariato e attenzione agli ultimi, esperienze di lavoro di aiuto e sussidio ai deboli e all’ambiente in maniera da far sperimentare loro quanto fare il bene faccia bene.
A noi adulti il compito e il coraggio di proporre, testimoniare, raccontare, vegliare, fare in modo che la parola “noia” scompaia dalle vite di questi ragazzi sostituita da cultura, dinamicità, altruismo, bene, amore per la vita…
Provarci credo non costi nulla.