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N.52 Settembre 2024

arte

I segni di ogni secolo sulla pelle della Cattedrale

Da quasi un millennio il Duomo di Cremona raccoglie le tracce lasciate dallo scorrere del tempo e dalla cultura di ogni epoca. Compresa la nostra...

Un dettaglio dell’altare della cattedrale realizzato da Gianmaria Potenza nel 2022 (foto Paolo Mazzini)

“C’era il rischio che la nostra idea di società, la nostra idea di Chiesa, il nostro essere Chiesa, passasse all’interno della Cattedrale senza lasciare un segno, cosa che non è mai avvenuta perché nella nostra Cattedrale tutti i secoli hanno lasciato qualcosa di artistico”.

Queste le parole di don Gianluca Gaiardi, direttore del Polo Museale Diocesano di Cremona, in occasione di un recente talk dedicato ai musei cremonesi.

Il rischio a cui fa riferimento è quello corso, in qualche modo, dalla comunità cristiana locale di oggi se non si fosse deciso di scrivere una nuova pagina artistica in quello straordinario libro di storia dell’arte fatto di mattoni, pietre e pigmenti che è il Duomo di Cremona, un edificio straordinariamente ricco e vivo che ci racconta le principali linee di sviluppo dell’arte occidentale dal Romanico al contemporaneo, passando per Gotico, Rinascimento, Barocco, Neoclassicismo e tendenze eclettiche e storicistiche ottocentesche.

Una nuova pagina scritta sull’onda della necessità di aggiornare gli spazi della fede (“adeguamento liturgico” suona un po’ troppo tecnico, ad un certo punto) e che ha visto prendere corpo nel presbiterio il progetto di un nuovo altare, con ambone e cattedra episcopale. Una realizzazione che porta la firma dell’artista Gianmaria Potenza ma che fa capo ad un team di progettisti coordinati dall’architetto Massimiliano Valdinoci, vincitori del Bando indetto dalla Conferenza episcopale italiana e vinto dalla Diocesi di Cremona. Una creazione che ha fatto discutere, inevitabilmente, per l’impronta estetica, soprattutto in merito al contesto di inserimento.

Niente di più naturale, verrebbe da dire: l’essere umano è generalmente restio al cambiamento e, nella percezione, il nuovo e il diverso spesso sono avvertiti come distonici. Quando poi nell’esperienza estetica si tocca l’aggettivo “contemporaneo”, l’effetto è moltiplicato all’ennesima potenza, perché spesso non si hanno gli strumenti per comprenderne la complessità.

Inizio XII sec., Profeta Ezechiele, portale maggiore
(foto M. Ranzani)
Uno dei leoni stilofori del protiro, XIII secolo
(foto M. Ranzani)
Il rosone della facciata
(foto M. Ranzani)
Sezione del fregio dei mesi, inizio XIII sec (foto M. Ranzani)

Eppure, nel caso del Duomo, basta guardarsi intorno, per constatare un’ovvietà, cioè che l’edificio costruito a partire dal 1107 non è più la chiesa romanica del XII secolo che ci raccontano i manuali, con i suoi profeti wiligelmici sugli stipiti del portale maggiore. Ma meno male, perché è molto di più.

È la chiesa duecentesca che ha conosciuto l’eleganza del Gotico, con il suo protiro a sesto acuto sostenuto dai leoni stilofori, il suo raffinato rosone, l’antelamico Fregio dei Mesi, il cantiere del Torrazzo e le prime tracce pittoriche anche all’interno (il mio amato Santo Cefaloforo all’imbocco della cappella della Madonna del Popolo… un giorno vi dirò chi è, secondo me).

È l’edificio trecentesco che si è abbellito con nuove volte, che ha visto la conclusione del transetto, e che nasconde un complesso di pitture murali meravigliose dietro l’altare di San Michele.

È il Duomo quattrocentesco delle Storie dell’Antico Testamento che sopravvivono con la loro atmosfera miniaturistica e cortese sulle vele delle volte laterali dei transetti, raccontandoci le vicende di Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuseppe con tonalità quasi fiabesche.

Bonifacio Bembo, Storie di San Michele, seconda metà del Quattrocento – dettaglio (foto M. Ranzani)
Transetto nord, Storie dell’Antico Testamento, XV sec.
(foto M. Ranzani)
Bonifacio Bembo, Storie di San Michele (foto M. Ranzani)

Ma è anche e soprattutto la Cattedrale cinquecentesca del magnifico ciclo affrescato con le Storie del Nuovo Testamento, che ci raccontano non solo la vita di Cristo ma anche, in modo più inusuale, quella di Sua madre, e che ci mostrano con chiara forza un punto di svolta fondamentale della storia dell’arte occidentale, ovvero il passaggio dal primo Rinascimento “alla fiorentina” del Boccaccino a quel Rinascimento maturo inaugurato da Michelangelo a Roma e magistralmente interpretato qui dal Pordenone.

Boccaccio Boccaccino, La nascita della Vergine, 1514
(foto M. Ranzani)
Pordenone, dettaglio della Crocifissione, 1520-21
(foto M. Ranzani)

È poi la chiesa seicentesca delle cappelle absidali laterali, della Madonna del Popolo a sinistra e del Santissimo Sacramento a destra, con le loro opulente decorazioni barocche tutte oro e stucchi arzigogolati. E come se non bastasse, è anche la sede episcopale del Settecento che conclude il rinnovamento dei numerosi altari laterali ed aggiunge un’aura di ritrovata classicità all’ambiente, è la chiesa che nell’Ottocento è stata ripensata nei suoi spazi dal Voghera e arricchita dagli affreschi del Diotti ed è un luogo che nel Novecento è stato progressivamente isolato dal tessuto urbano circostante con la demolizione degli edifici ad esso addossati, con l’idea di farlo brillare in tutta la sua unicità.

Cappella della Madonna del Popolo
Cappella della Madonna del Popolo, dettaglio
Antonio Callegari, Ester, Cappella della Madonna del Popolo,
1751-57 (foto M. Ranzani)

Ed è esattamente questo, il sottotesto iconografico della dichiarazione di don Gaiardi, che a microfoni spenti sottolinea anche l’importanza del nuovo impianto di illuminazione che risponde al bisogno odierno di valorizzare le bellezze artistiche che raccontano la fede cremonese.

E comunque, se anche nel Cinquecento c’era chi criticava gli affreschi di Boccaccino e compagni perché percepiti troppo moderni in riferimento alla medievale e solenne vetustà della Cattedrale, non dobbiamo stupirci se questo accade anche oggi: ripetiamo, è una dimensione connaturata all’essere umano.

Così come è naturale che rimanga un segno del nostro tempo, tanto quanto è accaduto nei nove secoli precedenti.