radici
N.29 Marzo 2022
Con il bene si paga la bolletta. E il sorriso di Mimì è una goccia di vita
Il Covid rende la situazione complessa, pagare le bollette diventa più difficile. Mimì non si arrende e chiede aiuto alla Fondazione Banca dell’Acqua. Sana il suo debito regalando tempo agli altri: «La vita è fatta di mani tese e sempre nuove opportunità»
«Mi chiamo Mzinga Musangi, ma puoi chiamarmi Mimì. Sono di origine congolese, sposata con tre figli». Davanti al comune di Sergnano, le parole escono con naturalezza. Contengono informazioni essenziali per abbattere la distanza. Il sorriso fa il resto, incorniciato dalla pelle scura e da un vestito lungo. Anch’esso scuro, viola, con alcuni brillantini che timidamente lo aiutano a brillare. Pochi attimi dopo Mimì avanza sicura per strada. Percorre un cammino conosciuto: l’ha fatta rinascere. Al suo fianco l’assistente sociale del comune Maide Lotti la osserva in silenzio, con sguardo amico. Le chiavi girano nella serratura, la porta del centro diurno per anziani “Al mirabel”, gestito da Auser, si spalanca.
Tutto è in ordine.
«Qui – spiega Mimì – ho fatto le pulizie per circa un anno. Mi sono occupata di rendere bello questo posto per gli anziani del paese». Lo sguardo si abbassa, le mani non riescono più a stare ferme, gli occhi si fanno lucidi. Ma il sorriso non si spegne. «Fondazione Banca dell’Acqua, in collaborazione con i servizi sociali comunali, mi ha proposto questa attività. Serviva per estinguere un debito importante che avevo contratto con l’azienda. Ho dato subito la mia disponibilità. Questa esperienza mi ha permesso di essere utile alla comunità, di conoscere persone. Di far capire che Mimì sa fare il suo lavoro. Oggi vengo ancora, il sabato, nonostante il servizio sia finito». Impugna scopa e paletta e pulisce. Riordina le sedie. «Riconquisto dignità, senza mai perdere il sorriso».
«Quando è arrivato il Covid ho dovuto smettere di lavorare. Facevo la badante, amavo il contatto con le persone anziane. Poi tutto si è fermato: ci hanno imposto distanza». Le giornate passavano, le bollette crescevano. Fino all’avviso di inadempienza. «Non sapevo come fare. Fondazione Banca dell’Acqua mi ha dato un’opportunità». Avviato nel 2015 dietro una suggestione di Padania Acque, l’ente opera come una società di mutuo soccorso. Aiuta persone con fragilità, in situazioni di morosità incolpevole, ad estinguere il debito donando tempo per la comunità, senza alcuna interruzione del servizio idrico. Agisce sui territori del Cremonese, del Cremasco e del Casalasco grazie alla collaborazione con il Comune di Cremona e l’azienda sociale del Cremonese, Comunità sociale cremasca e Consorzio Casalasco. I lavori socialmente utili diventano occasione di scambio e di crescita.
La finalità riabilitativa del progetto si traduce nel sorriso di Mimì, nella forza della speranza. «Una signora che si occupa del centro diurno mi ha detto che mi aiuterà a trovare lavoro. Intanto, però, io continuo questa esperienza. Nella vita non bisogna mai smettere di combattere».
Mimì non l’ha mai fatto. «Sono arrivata in Italia nel 1996. Avevo 20 anni. Ho dato alla luce tre figli, li ho cresciuti. Ora due di loro frequentano l’università. È dura, ma per continuare basta la fede». È una mano tesa. «Dio mi ha dato la vita. Mi ha dato un’opportunità. Devo continuare per costruire un futuro migliore per i miei figli. Dio è morto per noi, il minimo che posso fare con questo corpo che pecca ogni giorno è continuare. Proseguire oltre le difficoltà: fanno parte della vita».
Il colore della pelle non è d’aiuto. «Essere nera in Italia non è facile», spiega. Il pregiudizio genera diffidenza. E la diffidenza alimenta la paura della diversità. «Non me la prendo: capisco che molti agiscono in questo modo perché non mi conoscono. E non vogliono conoscermi. Quando succede mi allontano in silenzio senza dire niente». Volta le spalle all’ignoranza per tendere la mano. Per offrire e donare aiuto. «L’Italia mi ha dato l’occasione di scrivere una vita diversa». Con una penna che, di fatto, si è ritrovata tra le mani: «La mia famiglia non poteva permettersi di pagarmi un viaggio così impegnativo. Non avevo alcuna idea di venire a vivere in Europa. Un contatto di mia sorella ha organizzato tutto: ora eccomi qui»
In Congo oggi Mimì ha ancora tutta la sua famiglia: c’è il papà con 10 sorelle. «E poi c’è il mio sorriso a Sergnano che racconta le mie radici: la mia gioia di vivere, anche quando non ho niente da mangiare. Perché la vita è vita. E merita rispetto».
Sorriso e rispetto danno forma all’amore per l’altro abbracciando la differenza: «Anche gli italiani sono capaci a sorridere. Ci sono persone che sanno parlare e ridere. Che sanno riempire e migliorare la vita degli altri. Dobbiamo tornare a parlare, a guardarci negli occhi, a stare di nuovo insieme. A rispettarci per come siamo».
L’amore per gli altri e per se stessi è un bene essenziale… come l’acqua. «Fondazione Banca dell’Acqua mi ha teso la mano. Ed io ho deciso di afferrarla. Per me, per i miei figli. Per la vita. La situazione è ancora complessa, ma migliorerà».
Ora anche i suoi occhi, oltre al suo vestito, brillano un po’ di più.