forma
N.14 Ottobre 2020
Dentro la curva
dove nasce Martino
Rebecca si accarezza la pancia, Martino risponde spingendo con piedino «Io sono dentro di te - ti dice - fammi spazio»
«Vedi qui? Questo è un piedino. Ogni tanto dà qualche piccolo calcio…giusto per farmi sapere che c’è».
Rebecca accarezza Martino come se fosse un miracolo. Non può vederlo – non ancora – ma può sentirlo muoversi dentro sé. Li separa solo una manciata di giorni: l’attesa è tutta lì, in una curva delicata tra il diaframma e il palmo della mano. Sorride, mentre con un dito percorre la linea alba, dal ventre all’ombelico. «È buffo! – ride e lo preme come se fosse un bottone – ora è tutto rivolto all’esterno, non mi ci sono ancora abituata».
Nel salotto di casa Borsella – dove vivono i suoi genitori – spiccano diversi ritratti di famiglia, in cui ricorre il sorriso. La laurea, il matrimonio, la prima foto con il pancione scattata poche settimane prima. Ricordi preziosi di una vita che non sarà più la stessa.
«La mia forma è cambiata tantissimo, ma non ho vissuto questa trasformazione in modo traumatico», racconta. «L’ho sempre pensata come qualcosa che avviene per una causa superiore. Questo è il cambiamento più grande avvenuto in me: l’idea di non vivere solo per me stessa ma di fare spazio, di lasciare che la mia forma diventasse la casa di qualcun altro, anche se solo per qualche mese. L’idea di lasciarmi abitare, che lui si prendesse tutti gli spazi che voleva. Non è stata una decisione, è successo».
Come la vita che accade.
«Sono sempre stata una persona che ama avere tutto sotto controllo, almeno fino a questo momento. Ero convinta non sarei mai rimasta incinta.. questa gravidanza è capitata, caduta dall’alto». L’hanno scoperto il 12 marzo, il giorno in cui è scattato il lockdown. «In piena emergenza, io e il suo papà – che lavora come anestesista in ospedale – siamo rimasti distanti per tre mesi. Avevo tantissime paure, ma lui è riuscito a starmi vicino, in una distanza che non si poteva colmare neanche volendo».
Nello spazio dell’attesa prendono forma i pensieri, nel tentativo di immaginare qualcosa che pur non essendo visibile, c’è.
«La prima volta che ho visto Martino, durante l’ecografia, era lungo 26 millimetri. Un fagiolino…e già si potevano scorgere gli emisferi del cervello». Con le dita disegna un piccolo cerchio nell’aria, all’altezza degli occhi che luccicano ancora. «Dal primo istante ti fa sentire la sua presenza. Le nausee, il seno che cresce, la prima pancetta che si nota…Io sono dentro di te, ti dice. Fammi spazio. E il tuo corpo cresce con lui, si adatta, cambia forma, finché arriva il momento di lasciarlo andare e da una persona diventare due. Immagino sia vera la sensazione di sentirsi vuote, dopo».
Sotto il tessuto del vestito si nota un movimento leggero come un battito d’ali, accentuato da un sussulto della mamma. «Se lo ascolto, riesco ad immaginare la sua posizione. A volte do piccoli colpetti per sentirlo, per sapere che c’è. Altre è lui a farsi sentire, anche quando tu vorresti dormire…ma lui no. – ride – Finché può, fa ciò che gli pare. Fa il suo mestiere di feto, come dice il suo papà. E pensare che già ora abbia una sua personalità è incredibile».
Abituarsi ad essere in due non è scontato: «Incrociare le braccia sul petto, allacciarmi le scarpe, ci sono gesti che non posso più fare. Di solito alla pancia non ci si pensa….Ora è la prima cosa che notano di me!», scherza, mentre la scopre con cautela. «Mio marito dal quarto mese mi chiama “angu”, come anguria, è il suo modo di dirmi che vado bene così, senza mai farmi sentire sbagliata».
I palmi delle mani scorrono sui fianchi con un gesto incerto. «In passato, guardandomi allo specchio, ho sempre visto cose che non mi piacevano, ma ora è diverso. Quest’anno, per la prima volta, sono andata al mare con tutte le mie nuove rotondità. Il “difetto” è giusto che si veda, che ci sia. È parte della tua esperienza, di questo momento. Certe cose tanto odiate, considerate brutte, in realtà servono. Come le smagliature: in realtà la pelle delle donne è elastica proprio perché ha bisogno di dilatarsi, per accogliere. Il mio corpo è fatto per questo».
La pendola del salotto scocca undici colpi. Un’ora in meno al primo incontro con Martino, che al sicuro nel ventre di mamma si gode i primi tiepidi raggi di sole autunnale.
«L’idea di esser cambiata così tanto e di tutti i cambiamenti che dovrò fare non mi spaventa. La vita intera sarà diversa, non sarò più la stessa persona», aggiunge Rebecca in una carezza dolce, rotonda. «Mio marito me l’ha detto da subito: da adesso l’eternità è un’altra cosa».
Alle 10.32 del mattino di mercoledì 21 ottobre è nato Martino.