viaggio
N.32 Giugno-Luglio 2022
«Io, pellegrino tra lacrime di gioia e il lato oscuro del cammino»
Dopo la via Francigena Gianpaolo Fattori è partito da Casalmaggiore per raggiungere Compostela. Lungo il percorso parla della fatica, della solitudine, dei momenti di dubbio e delle motivazioni che spingono a non fermarsi
La percezione alterata del tempo e la forza delle motivazioni più profonde guidano le fatiche degli uomini che camminano, che esplorano lunghe distanze, che percorrono antiche vie di pellegrinaggio sotto il sole cocente dei mesi estivi.
No, non si tratta di vacanze e tanto meno di performance sportive. Piuttosto una sfida che si lega alla ricerca di qualcosa, un’emozione o addirittura un significato esistenziale. Un viaggio spietato, che prima della ricompensa finale (ammesso che esista davvero) ci impone necessariamente di versare la tassa della sofferenza e del conflitto interiore.
Ogni lungo cammino nasconde infatti il suo lato oscuro, un tarlo sibillino che si annida nelle voragini dell’anima, confondendosi tra le emozioni della partenza e il brivido della scoperta, e rischia di divorare da dentro, di distruggere i piani iniziali, passo dopo passo, vescica dopo vescica. Per quanto si possa essere determinati o ispirati o allenati, chiunque abbia mai preso uno zaino, indossato degli scarponi da trekking e intrapreso un’avventura a tappe avrà sperimentato la terribile sensazione di vuoto e sfiducia che accompagna i momenti di massima fatica.
Basta focalizzare la scena: è pomeriggio, siamo ricoperti di sudore, il termometro sfiora i 40 gradi, la strada sale e sembra non finire più. La lingua è una distesa secca, sabbiosa, e come se non bastasse la borraccia è quasi vuota. Lo smartphone bombardato da notifiche e foto di amici distesi ai bordi di una piscina, oppure nella placida e refrigerante oasi verde di un centro ricreativo alberato.
E noi? Ci sentiamo abbandonati. Persi. Circondati da campi e coltivazioni bruciate dall’arsura di luglio. Sappiamo che non è il momento per assecondare dubbi o domande sostanziali eppure, proprio in questo momento, un dubbio bussa alla nostra anima: “Ma chi diavolo me l’ha fatto fare?”.
Qualche volta il dubbio assale anche Gianpaolo Fattori, 64 anni e un libro-guida sulla Via Francigena, percorsa tre anni orsono senza alcun allenamento specifico (‘’La mia Francigena – Io e il diabete in cammino da Canterbury a Roma’’, Edistorie, 2021). Mentre scriviamo Gianpaolo sta viaggiando dalla “sua” Casalmaggiore (lui che risiede a San Martino del Lago) fino a Santiago de Compostela. Un centinaio di giorni di cammino per portare a termine un’altra follia: 3000 chilometri di libertà e di solitudine. Paesaggi avvolgenti, ma anche tante tappe infinite, noiose, sfibranti, che sembrano non finire mai. Gianpaolo tuttavia non molla, perché il suo Cammino di Santiago è spinto da una missione.
«Cammino per far camminare – ci racconta il podista casalasco, originario di Spino d’Adda, mentre riposa le gambe al tramonto di una tappa tra i Pirenei, e si prepara a pernottare presso la casa di un pastore francese – Attraverso l’impresa che sto cercando di realizzare, raccontata con un diario quotidiano sui social e dal blog di mia moglie, mi sono posto l’obiettivo di sostenere Emergency. L’idea è quella di raccogliere fondi per l’acquisto di cento protesi. Mi emoziona l’idea che la mia fatica possa essere utile per altri. Non fosse per questo, probabilmente, avrei alzato bandiera bianca già da un pezzo».
Dopo aver percorso in solitaria la Via Francigena nel 2019, 78 giorni da Canterbury e Roma, Gianpaolo si era ripromesso che non sarebbe più partito senza un compagno di viaggio. Per Santiago avrebbe dovuto seguirlo un vecchio amico, uno sportivo, con un passato nelle nazionali giovanili di rugby, che però ha dovuto rinunciare per un problema fisico non risolvibile in tempi brevi. «Ho ricevuto la notizia del suo forfait a cinque giorni dalla partenza – spiega Gianpaolo – Una mazzata tremenda, soprattutto sul piano psicologico. In fondo è la testa che comanda, che ti consente di andare oltre i limiti o ti obbliga ad arrenderti. I cammini sono esperienze “mentali” prima ancora che spirituali o fisiche. La sera prima sei esausto e vorresti scappare a casa, il giorno dopo ti alzi e non vorresti mai finire di camminare. È così. E da soli, senza un supporto umano, è molto più complicato affrontare questi saliscendi quotidiani».
Scoprendo la storia di Gianpaolo vien quasi da pensare che sia stato il destino a condurlo dove si trova ora, nell’esatto punto del cammino dal quale ci parla, via telefono, per raccontarsi: «Nel gennaio 2018 sono stato tra i 19 tedofori italiani dell’Olimpiade invernale di Pyeongchang e proprio in Corea ho conosciuto Giorgio Scuri, un maestro di sci bergamasco sopravvissuto ad una paralisi, inventore della camminata Bergamo-Rifugio Calvi. Si tratta di un percorso di 65 km che viene svolto annualmente e che ha costituito il mio primo contatto diretto con le lunghe distanze. Perché da lì in avanti mi sono avvicinato ad altri podisti e uomini straordinari, a partire da Giovanbattista Marchesi… tanto per capirsi uno che a 76 anni si è fatto da Sedrina a Fatima in 47 giorni, passando per Lourdes e Santiago, a piedi! Insomma, da diabetico, cardiopatico, mi sono ritrovato sulla via Francigena, senza allenamento, o meglio sviluppando l’allenamento tappa dopo tappa, direttamente sul percorso, e l’ho completata, dimostrando che tutto è possibile. Poi è arrivato il progetto di Santiago».
L’arrivo a Santiago de Compostela è previsto intorno al 25 luglio. Sempre con la causa di Emergency nel cuore. Prima però, per Fattori, restano da affrontare le ultime battaglie interiori che segnano la via di qualsiasi pellegrino. «Non lo nascondo, sono molto diffidente verso le persone che partono a pochi chilometri dalla tappa finale di un cammino, vestiti da “pellegrini professionisti” con conchiglia e bastone, e una volta giunti a destinazione dicono di aver visto la luce. L’esperienza del cammino è qualcosa di totalizzante. Devi viverla integralmente, senza compromessi, per restarne immerso e apprezzarla nelle sue sfumature più autentiche. Mi è capitato di piangere ai piedi di una cattedrale: le lacrime di gioia ti solcano il viso, provi un senso di liberazione e di serenità formidabile. Per arrivarci, però, devi passare dalle crisi e dai momenti di difficoltà. Non si possono separare le due dimensioni».
La ricompensa è sempre in fondo al cammino, ma come dimostra Gianpaolo il pellegrino deve costruirsela, coccolarsela, coltivarsela, tenerla viva. Altrimenti tutto il castello rischia di crollare sotto i colpi dalla fatica fisica. «Mi stanno portando avanti due pensieri – conclude Fattori – Il primo è il progetto con Emergency, i fondi per le protesi. Il secondo è che, dopo aver percorso integralmente la via Francigena, potrei essere tra i pochi, anzi pochissimi, in Italia ad aver completato l’intero cammino di Santiago partendo dalla Lombardia».
Antoine de Saint-Exupery scriveva che per costruire una nave non servono braccia pronte a raccogliere la legna o preparare gli attrezzi, ma solo uomini animati dalla nostalgia del mare lontano e sconfinato. La stessa nostalgia che ci invade quando il cammino finisce e anche le vesciche, i momenti di fatica e di solitudine diventano dolci ricordi. Preziosi per trovare le giuste risposte, anche alla fatidica domanda su chi diavolo ce l’abbia fatto fare.
IL LIBRO
“La mia Francigena”
Non indicazioni da seguire o percorsi stabiliti, bensì il racconto di un viaggio e molto di più. Gianpaolo Fattori racconta del suo cammino lungo la Via Francigena, da Canterbury a Roma, 2.200 km percorsi in 78 giorni. Lo seguiremo passo dopo passo, scoprendo insieme a lui i paesaggi che si alternano lungo tutto il percorso, dal rocambolesco attraversamento della manica alle cittadine francesi, i paesini sperduti nel nulla, il valico del Gran San Bernardo e l’emozione di rientrare in Italia, sapendo però che la strada è ancora lunga.Ma il racconto di questo viaggio è anche e soprattutto la storia di Gianpaolo, che a 61 anni, diabetico e iperteso, senza essere particolarmente allenato per di più, decide di affrontare quest’avventura. Ogni tappa ci racconta qualcosa in più su di lui, sul suo mondo, ma ci presenta anche il volto umano del Cammino: le persone che ha incontrato, con le loro storie, le emozioni che hanno saputo trasmettere, i piccoli gesti di gentilezza inaspettata che scaldano il cuore.