caos

N.47 febbraio 2024

scienza

La “scalata” di Davide tra segreti invisibili della materia

Dialogo sul caos con Davide Mezza, scalatore per passione e scienziato per attitudine all'istituto di ricerca Paul Scherrer

Davide Mezza in ufficio durante la progettazione di un chip di uno detector del Paul Scherrer Institut

Penso che non capiremo mai se la materia sia coordinata da un casuale disordine universale o se, al contrario, ogni cosa sia frutto di un incomprensibile ma ben preciso ordine. Credo che la vita del genere umano sia scandita da continue verità supposte, da ciò che ci appare convincente in un preciso momento, in un determinato spazio o in uno specifico contesto.

Il Caos resterebbe quindi maggiormente legato ad un concetto mitologico di buio primordiale, antecedente alla creazione, più che ad uno stato di disordine; poiché anche la confusione sembra dover rispettare dei criteri precisi per poter ritenersi tale.

«Ciò che non capiamo è ciò che vogliamo spiegare e ciò che non possiamo raggiungere diventa la montagna che vogliamo scalare, la nostra meta»: Davide ama perseguire le proprie mete. Di strada ne ha fatta parecchia, avventurandosi per i tortuosi sentieri dell’India e del Nepal, in cerca di vette da poter conquistare. Scalatore per passione e scienziato per attitudine, dalle spoglie aule del Liceo Torriani di Cremona, al Paul Scherrer Institut in Svizzera (www.psi.ch/en).

Me lo ricordo bene tra i banchi di scuola: un ragazzo di quelli sorridenti, umili, semplici, amichevoli. Un “forestiero” proveniente da Pizzighettone, con la passione della matematica e la capacità di essere sempre positivo, anche quando non eccelleva o non veniva apprezzato come avrebbe meritato, per la costanza e la serietà, con le quali affrontava gli studi.

In mezzo a quel caos adolescenziale, a quella scacchiera dagli svariati pezzi messi in gioco, Davide Mezza non era certo una Regina, una Torre o un Alfiere, ma piuttosto un Pedone ordinato che, un passettino alla volta è riuscito ad arrivare alla promozione, decidendo le sorti della propria partita.

Le lodi sono arrivate così una dopo l’altra, passando per la Laurea Triennale e la successiva Magistrale in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Milano, fino al Dottorato di ricerca in Ingegneria dell’informazione e il successivo post-dottorato, proprio presso il PSD Detector Group del Paul Scherrer Institut in Svizzera, che è diventata a quel punto la sua seconda casa.

Qualcuno lo definirebbe banalmente come l’ennesimo caso di “fuga di cervelli”, ma la realtà è che le menti brillanti e gli animi curiosi non fuggono, bensì viaggiano alla ricerca di riposte e, come sincrotroni che accelerano elettroni e positroni per generare eventi fisici, provano a spiegare l’incomprensibile o ad illuminare ciò che la luce non riesce a rendere visibile.

Davide Mezza nel sincrotrone (acceleratore di particelle) al Paul Scherrer Institut

Proprio di questo si occupa Davide, della creazione di detector, di rilevatori di raggi X che fungono da occhio rivelatore durante gli esperimenti di Fisica e di ricerca scientifica, all’interno del più grande centro di ricerca per le scienze naturali e ingegneristiche della Svizzera.

Tutto ciò contribuisce a sviluppare teorie e innovazioni, incentrate su materia e materiale, energia e ambiente, uomo e salute, attraverso esperimenti che non sono possibili altrove.

Durante la sua spiegazione non ho capito quasi nulla di ciò che avviene nel concreto nella sua quotidianità lavorativa da ricercatore. Abbiamo sempre parlato due lingue differenti Davide ed io, con i suoi numeri che si contrapponevano alle mie lettere. In fondo però non lo sento così lontano, anzi, comprendo che, esattamente come accade nelle mie giornate, anche lui cerca di indagare il senso di un qualcosa di ancora incomprensibile e prova a mettere in fila sequenze, esattamente come io costruisco frasi, solo da una diversa prospettiva. Tutto, quindi, sembra ricercare delle risposte, un ordine.

Forse proprio per questo motivo, nel bel mezzo del suo racconto, Davide mi fa semplicemente notare che… «in tutto questo il caos non c’entra assolutamente una cippa

Potrebbe avere ragione, ma qualcosa mi convince del contrario. Torno a pensare al Caos del principio, a quel buio cosmico dove nulla era visibile e dove ogni angolo dell’universo appariva privo di spiegazioni. Quel Caos che non ricordiamo, come non ricordiamo la nostra nascita. Quel Caos che ci fa paura, perché non siamo in grado di spiegarlo, come non riusciamo a spiegare da dove arriviamo e dove arriveremo. Quel Caos che ci rende impotenti, fragili, umani. Quel Caos che ci rende curiosi, ricercatori, pionieri disillusi. Quel Caos che ci scuote l’animo e che ci fa avere paura, che ci spinge a ricercare un senso e a creare un occhio rivelatore che possa rendere visibile l’invisibile e reale il surreale.

Così, come Davide, passiamo la vita a cercare di illuminare il buio, di dare un senso al tutto, con continue supposizioni, ripetute domande.

E se l’interruttore si spegnesse?

Click! Chaos.