nodi
N.10 Aprile 2020
Sul blog della scuola scrivere è un incontro
Lo strano (e difficile) mondo delle lezioni a distanza raccontato da un professore che ha scoperto la risorsa della scrittura per mantenere il contatto con lo sguardo dei suoi ragazzi
«…e così Achille, in preda a un’ira irrefrenabile, sconfisse il grande guerriero troiano prima di fare scempio del suo corpo. Bene, ragazzi, ci sono domande?».
Eccolo il fatidico momento: la domanda sulle domande. L’istante in cui capisci (tu, piccolo professorino di provincia, armato di un portatile più vecchio dei tuoi studenti e di una connessione internet traballante) che la tua lezione non l’ha ascoltata nessuno. Ti accorgi di essere solo come Ettore sotto le mura di Troia, che davanti ad Achille si gira invano a cercare aiuto. Il vuoto, il silenzio. Sì, quel silenzio di fronte alla tua domanda che grida una grande verità: dall’altra parte della webcam, rigorosamente spenta, c’è uno studente che sta dormendo, che gioca alla Playstation o che magari è in cucina a farsi uno spuntino mentre tu declami con enfasi mal riposta qualche verso di Omero.
Ecco, fare il professore è qualcosa di eroico anche se ha ben poco di epico, ma questo è uno spaccato, uno dei tanti (per fortuna non tutti negativi), della scuola ai tempi del Coronavirus. Una scuola nuova, diversa e per certi versi (speriamo) irripetibile. Una scuola, abituata al sovraffollamento delle classi, costretta a ribaltare il punto di vista e a fare i conti con l’eccessiva distanza tra e con gli alunni.
Come tanti altri settori, anche quello dell’istruzione si è trovato catapultato in questa situazione senza esserne nemmeno lontanamente preparato, ma da bravi italiani ci siamo ingegnati perché la scuola continuasse.
Già, ma continuare in che modo?
È stato da subito evidente che oltre a un problema di didattica fosse necessario affrontarne uno più grande, immediato e pericoloso: quello dell’isolamento e della paura. Sensazioni che anche noi adulti stiamo provando, insieme alla difficoltà di accettare la limitazione delle nostre libertà, ma che risultano amplificate in un adolescente che ha appena iniziato ad acquisire gli strumenti per affrontare la vita. Una situazione di disagio che diventa ogni giorno più palpabile: negli sguardi assenti, nella poca partecipazione, nelle assenze ripetute alle lezioni,…
Nella ricerca di un giusto equilibrio tra didattica e supporto, il compito che ci siamo assunti è quindi quello di provare a dare a tutto questo una parvenza di normalità: dare ai ragazzi degli appuntamenti, una scansione della giornata, dei compiti non intesi come esercizi da fare, ma come consegne da mantenere, perché un certo ordine e rigore possono aiutare a non lasciarsi andare. Ciascun docente lo sta facendo secondo le sue capacità e attitudini.
E da me che provengo dal mondo del giornalismo la proposta è stata quella di scrivere.
Scrivere per sfogare, scrivere per esorcizzare, per ironizzare, per comunicare. Scrivere per passare un po’ di tempo, riordinare le idee e dire ai compagni lontani “ci sono”, per sorridere orgogliosi vedendo il proprio articolo online e dimenticare per un attimo le lacrime e la solitudine.
Abbiamo aperto le porte virtuali del blog del liceo Vida a tutti gli studenti e agli insegnanti e la risposta è stata sorprendente: nel giro di poche ore decine di pezzi che chiedevano solo di essere pubblicati. E anche per noi docenti chiamati a correggerli prima di darli in pasto ai lettori è stato un modo per uscire dall’isolamento, per percepire pensieri e sensazioni dei nostri ragazzi che adesso, da lontano, non possiamo più cogliere guardandoli negli occhi.
C’è chi ha fatto la cronaca dei primi giorni di emergenza, chi invece ha rivolto una lettera al virus. C’è chi ha raccontato la vita all’interno della zona rossa e chi ha cercato di spandere un po’ di ironia. C’è chi ha parlato di Dio, chi si è aggrappato all’arte e chi ha ammesso di voler tornare soltanto ad abbracciare.
Scrivere ha davvero questa funzione terapeutica? Non lo so, è materia per psicologi, ma credo che sia servito ai ragazzi per aprirsi, anche in maniera intima, ad un mondo che per ora deve restare fuori dalla finestra e che sia stato utile per far sentire la scuola non soltanto come luogo dove imparare e essere testati, ma come uno spazio di condivisione.
Ora che la chiusura prosegue, ora che è chiaro che no, non “#andratuttobene”, anche noi insegnanti dovremo inventarci qualcosa di nuovo, che non faccia disperdere questo senso di comunità che resiste. Intanto ci attrezziamo per gestire il quotidiano insieme alle mille domande argute e alla insopprimibile sete di sapere dei nostri studenti che ci seguono a distanza: «Come? Se puoi andare in bagno? Ma certo…fai pure come se fossi a casa tua!».
*insegnante e giornalista
Dal blog del Liceo Vida
Clicca sui titoli per aprire i link e leggere alcuni degli articoli scritti dagli alunni del LIceo Vida e pubblicati sul blog “Terza Pagina” curato dalla redazione di istituto.
“Caro Virus, …”di Anna Bianca Zucchelli (1A Classico)
Quando il problema è “quando” di Alice Gerevini (1A Classico)
“Giornalisti molesti” di Umberto Sacco (4a Classico)
Non è facile, ma niente lo è mai stato di Irene Sali (3Alis)
Lo sentono i bambini Lorenzo Cerioli (3A Classico)
La soluzione siamo noi di Sofia Somenzi (5B Scientifico)
Eh no! Caro il mio Camillo! di Giorgio Tarragoni (1A Scientifico)
Io voglio abbracciare di Irene Biella (1A Classico)
Servono 27mila alberi per coprire la richiesta mondiale di carta igienica di Beatrice Nobile (2A Classico)