caos
N.47 febbraio 2024
Tac, tac, tac, ding! “Ritenta, sarai più fortunato”
Una serata in sala slot dove rumori, odori e illusione portano fuori dal tempo in una dimensione dove nel fumo si mischiano cabala e algoritmi in una corsa in cui si può quasi vincere
Limone, fragola, limone, diamante.
Un trillo stonato annuncia il verdetto: “Ritenta, sarai più fortunato”.
Non è la prima volta che compare quel messaggio, non sarà l’ultima. La magia sta tutta lì: non hai perso finché non è finita. E non è finita finché non lasci la sala slot.
Fuori è già scesa la sera, ma non importa: oltre la soglia il tempo si azzera, scandito da una partitura di schiamazzi elettronici, che scandiscono perdite e incassi. In sottofondo, un brano di musica soul accompagna i passi dei clienti. Sulla moquette rossa soffice e macchiata si perdono le tracce di chi si avventura nel regno della sorte. L’odore di sigaretta impregna l’ambiente, a ricordare che in certi luoghi tutto è permesso.
Roulette, poker, blackjack, i giochi tradizionali sono ridotti a icona, sintetizzati in surrogati digitali dal ritmo incalzante. L’avversario è un computer, le strategie sono algoritmi. Uomo o macchina, non importa: è tutta questione di metodo. Di numeri.
Per avere successo (pare) servono sistemi cuciti su misura, quasi infallibili, scoperti online o distillati con l’esperienza. Qualcuno si affida alle date di nascita delle persone più care, altri puntano tutto sui sogni, tradotti mediante la cabala. Ciò che avviene all’interno della macchinetta rimane un mistero, da decrittare con l’alchimia della superstizione.
Basterebbe una mano vincente, un colpo grosso, per riscattare tutti quelli mancati.
Ogni tanto una cascata di gettoni solleva lo spirito. Pochi rispetto alla somma piazzata, ma sufficienti a riaccendere la scintilla del gioco. Gli psicologi lo chiamano “rinforzo positivo intermittente”: in altre parole: una carezza ogni tot schiaffi farà sembrare più dolce il premio e più tollerabile l’offesa.
Il messaggio è chiaro: non hai perso, hai “quasi” vinto.
Fermarsi sarebbe sciocco: la combinazione giusta potrebbe nascondersi al prossimo turno. È la legge dei grandi numeri, prima o poi tocca.
Un’altra slot rantola “game over”. Un uomo ricurvo la osserva con disappunto. Con la mano fruga in tasca, estrae il portafogli, esita. Una banconota azzurra scivola silenziosa nella bocca metallica della slot machine, che riprende a schiamazzare. Tra i tasti colorati campeggia un posacenere carico di mozziconi, esauriti come i minuti spesi a fissare lo schermo luminoso. Fra una puntata e l’altra scorrono pochi secondi, scanditi dal tocco ritmico dei polpastrelli. L’incantesimo sta tutto lì, sospeso. È l’istante in cui il confine tra impossibile e reale si assottiglia fino a scomparire.
Poco più in là una coppia chiacchiera da un lato all’altro delle rispettive macchinette. Una due, tre giocate. Finiti i gettoni cambiano postazione, in un valzer stanco e asincrono sulle orme della dea fortuna. Eccola lì, raffigurata sulla parete a fianco: sorride – almeno lei – e con aria sorniona sbircia oltre la benda. È l’unica a guardarsi attorno, testimone silenziosa di un rito quotidiano che poco lascia alla razionalità.
«Me ne manca una…E stasera le ho provate tutte» dice l’uomo, mentre prende posto di fronte all’ultima chance. Fissa lo schermo, si strofina il mento, soffia sulla banconota, la affida alla slot. Tac, tac, tac, ding! Un sussulto lo incoraggia a puntare tutto. Tac, tac. Tac. “Ritenta, sarai più fortunato”. Le mani scivolano sui jeans, mentre scrolla le spalle e si allontana con la compagna, lasciando sul campo qualche bottiglia di birra vuota e un’altra vittoria mancata.
La dea fortuna li osserva dal fondo della sala. Li rivedrà, ne è sicura.