mattoni
N.55
Terre Davis, dai mattoni delle nostre cascine l’oro rosso del tennis mondiale
Anna e Rita Garavelli guidano l'azienda nata negli anni Settanta da un'intuizione di papà Umberto: dai mattoni recuperati nelle cascine diroccate un materiale unico per i più prestigiosi campi in terra rossa del mondo
«Sulle mie terre potranno giocare anche gli elefanti». Umberto Garavelli negli anni 70 aveva lo sguardo già rivolto al futuro. Senza tanto frastuono e in punta di piedi, come solo i fuoriclasse della vita sanno fare, fonda una piccola azienda a Torre de’ Picenardi che nel tempo sarebbe diventata leader mondiale nella produzione di terre speciali (e accessori) per campi da tennis.
Davis è il nome dell’elefantino che capeggia nel logo, mai rivisitato, dell’azienda Terre Davis. Tantissime persone gli hanno fatto notare che per portare fortuna l’elefante deve essere rappresentato con la proboscide puntata verso l’alto. Ma a Davis, il nome dell’animale, e Umberto non importa e la proboscide abbassata è lì a ricordare che si possono ottenere traguardi straordinari anche nel solco del lavoro, silenzioso e umile.
Oggi, dopo la sua morte, avvenuta nel 2022, l’eredità è stata raccolta da Anna e Rita, gemelle, figlie di chi, visionario, aveva già immaginato che il tennis, quello che oggi incorona un italiano sul trono del mondo, sarebbe diventato globale e radicato in ogni angolo del globo, anche quello più piccolo.
Da dove viene ricavata la terra rossa dei campi? Dai mattoni, pieni, delle murature delle vecchie cascine del novecento cremonesi e padane. Oggi i più grandi campioni a livello mondiale poggiano le loro scarpe su questo materiale (di recupero) così storico, poetico e suggestivo.
«Papà fondò l’azienda nel 1975», afferma Anna. «Al tempo era disegnatore tecnico per mulini di frantumazione. A Milano si macinavano marmo e pomice. L’Italia di Panatta vinse la coppa Davis e su quella spinta tutti si misero a giocare a tennis. La domanda di terra rossa iniziava ad essere grandissima. Oggi ci sono dieci produttori in tutto il mondo. Rimane una attività di nicchia».
Ma perché il mattone delle cascine? «Papà aveva notato che la terra rossa dei mattoni delle nostre cascine drenava prima e non si induriva com il cemento. Non è un prodotto di ingegneria, non si aggiunge nulla. Tutti prendono il mattone nuovo e aggiungono argilla cruda. Il nostro prodotto ha una granulometria priva di polvere. Se abbiamo un piano B quando finiranno i muri delle cascine cremonesi? Abbiamo studiato la formula per riprodurlo, la ricerca è stata lunga e profonda. Siamo un’azienda piccola, fatta di dieci persone, una realtà a carattere famigliare. Puntiamo forte sulla qualità, la esportiamo in tutto il mondo».
La catena di “montaggio” ormai è qualcosa di consolidato: «Chi deve demolire chiama il demolitore. Il costo per demolire è cinque euro a tonnellata, otto per la discarica. Se portano i mattoni a noi, glieli paghiamo anche. Hanno tutto l’interesse a rivolgersi alla nostra azienda. Terre Davis ha i cancelli aperti, segreti non ce ne sono».
I campi in giro per il mondo sono tanti: «Il primo è stato quello della Canottieri Milano, un circolo prestigioso della città. A Cremona la prima è stata la Canottieri Baldesio. Siamo in circa trenta paesi, dalla sede australiana dell’Open di Melbourne, al Foro Italico, Queens Club di Londra, alla sede della federazione americana a Orlando. Abbiamo costruito campi anche nel palazzo reale di Abu Dhabi. Il sogno nel cassetto? Siamo andati in Cina, andare al Roland Garros sarebbe il massimo. È la Ferrari dei campi in terra rossa…».