mattoni
N.55
L’Occidente al tramonto delle fondamenta
La civiltà Occidentale che per secoli si è assegnata il ruolo di riferimento e guida dell'umanità oggi appare sulla via di un inarrestabile declino come se il suo destino, implicito nel suo nome, sia quello di tramontare. Ha perso le radici, oppure ha una strada nuova da percorrere?
L’Occidente è una realtà complessa tanto che ardua è ogni sua definizione. È stata fucina di valori, istituzioni, di invenzioni e scoperte in ogni campo del sapere. Ha resistito agli assalti provenienti da Oriente, da Serse, il re persiano sconfitto dalla lega delle poleis greche, fino a Ibraim ibn al-Aghlab, il mussulmano penetrato in Sicilia nel VII secolo, al sultano Solimano il Magnifico che nel XVI secolo tentava la conquista di Vienna.
A partire dalle crociate l’Occidente ha contro-assaltato e ha conquistato il mondo, sottomesso popoli considerati “incivili”, imponendosi come unico modello di civiltà. Ha inventato parole nuove come Stato, Democrazia, Scienza, Capitalismo… tutte cariche di una promessa di felicità e benessere. Si è concepita centro dell’intero pianeta tanto da presentarsi come faro in grado di illuminare le mete a cui la specie umana avrebbe dovuto dirigersi.
Oggi appare sulla via di un inarrestabile declino come se il suo destino, implicito nel suo nome, sia quello di tramontare. I suoi detrattori sono convinti che abbia dimenticato le sue radici, abbandonato i valori fondanti la sua cultura, dissipato l’eredità ricevuta.
Aspirare all’universale felicità conferiva all’esistenza di ciascuno una dimensione eroica, generosa di passioni e luminosa di virtù che guidavano gli uomini a vivere e a morire per la giustizia, la pace, il bene di tutti.
La sintesi tra cultura greco-romana, germanica e giudaico-cristiana costruita nel lungo medio evo aveva regalato agli uomini della nascente Europa il senso di uno scopo superiore. A ciascuno spettava un posto e un compito all’interno di un ordine cosmico e gerarchico al cui vertice stava un’Intelligenza operante perché ciascun vivente tendesse al suo bene proprio. Il Logos definiva ogni essere in virtù dell’identità tra principio e fine, della reciprocità dei legami che riconducevano la molteplicità dei viventi all’unità e conferivano stabilità alla apparente nullificazione del divenire.
L’uomo, custode e interprete del mondo, fondava il senso del suo agire, della sua quotidiana lotta, nella promessa di una vita felice. Così era per gli eroi greci destinati all’isola dei Beati “dove non c’è freddo né pioggia ma soffia sempre Zefiro”, così per i sapienti di platonica memoria che, liberatesi dalle catene delle apparenze, vedono la luce della verità, come per i veri discepoli di Cristo che godranno in eterno della visione del volto di Dio. Aspirare all’universale felicità conferiva all’esistenza di ciascuno una dimensione eroica, generosa di passioni e luminosa di virtù che guidavano gli uomini a vivere e a morire per la giustizia, la pace, il bene di tutti. Il coraggio e la sapienza, doni esclusivi dell’Eros, spingevano a rendere concreta la promessa di liberazione da ogni male. Consapevoli della comune fratellanza, gli uomini di buona volontà cooperavano perché la fede nel Logos incarnato, capace di rendere nuove tutte le cose, diventasse autentica testimonianza di solidarietà verso gli ultimi.
Con l’affermarsi della modernità la sapienza è scalzata dalla razionalità strumentale che misura ogni “cosa” in termini di efficienza e volatizza tutto ciò che è stabile. La desacralizzazione priva il mondo di un ordine e lo riduce a mero strumento dei progetti di ciascuno. La terra anziché essere custodita viene saccheggiata in nome del progresso, l’uomo stesso e il suo lavoro sono ridotti a meri strumenti di potenza. “Gli uomini non aspirano a nient’altro che a un miserabile benessere” (Nietzsche).
“Gli uomini non aspirano a nient’altro
che a un miserabile benessere”Friedrich Nietzsche
Persa la dimensione eroica della vita non rimane che concentrarsi sull’io,sul personale diritto di scegliere da sé il proprio modo di vivere, sulla ricerca del personale godimento. Le comunità si dissolvono come pure ogni forma di associazionismo volontario; molti rinunciano al controllo delle sorti comuni e invocano governi paternalistici che decidano la loro sorte.
Cacciari sostiene che «l’Europa non decade tramontando, ma perché rifiuta il tramonto, vi resiste anziché insistervi». Credo sia venuto il tempo per l’Occidente di abbandonare la sua presunta superiorità e riconoscere che la storia non è né unidirezionale né lineare, ma percorre molteplici vie nessuna delle quali può considerarsi via maestra. Ascolto e dialogo con e delle diversità hanno fondato l’occidente anche in virtù di una sua radice costitutiva: l’autenticità come fedeltà alla propria natura.
Rousseau utilizza l’espressione amor sui per indicare il sentimento del rispetto della propria condizione umana che altro non è che la consapevolezza della individuale dignità. L’eredità ricevuta dalla cultura medievale, che proclama l’uomo creatura a immagine di Dio, è proprio la dignità di ogni uomo che ne vieta ogni sua strumentalizzazione.
Tramontare allora significa mostrare di rinunciare al dominio e al progresso, impegnarsi perché ogni uomo sia il fine dell’agire, riconoscere che plurimi e differenti sono gli ideali di vita buona, rifiutare ogni forma di violenza nei confronti della natura e dell’umanità.