radici
N.29 Marzo 2022
«Nemmeno gli alberi sono fermi»
Mettere radici, diciamo, per indicare la sospensione del movimento, con quella vaga allusione alla pigrizia che spinge in fondo ad accontentarsi, a smettere di cercare. E quanto comodo ci fa – a volte – accomodarci sulle radici che ci fanno dire “noi” e ci fanno bastare il “qui”, puntando dritto lo sguardo dove affondano. Sotto terra.
E cercando, e raccontando, e incontrando, invece, questa edizione di Riflessi ci ha fatto ricordare che «nemmeno gli alberi sono fermi». E se il tronco, lentamente, silenziosamente, alza la testa e allunga le braccia verso il cielo, le radici, laggiù, sotto alle nostre suole, si espandono, scavano, esplorano, evitano gli ostacoli, spaccano l’asfalto, nutrono, esplorano più a fondo…
Non hanno una direzione. Le radici. Non si accontentano. Non si fermano.
Come noi.
Noi che abbiamo bisogno di sentirci saldi, di appartenere ad una storia, ad un gruppo, ad una terra. Tradizione. Ma ogni radice è un intreccio, capace di adattarsi, andare incontro e cambiare strada.
Sono le nostre città: l’arte che l’ha plasmata, le squadre del cuore e i racconti dei nonni… I nonni che hanno scavato e quelli che hanno viaggiato, attraversato gli oceani creando ponti di culture, intrecci sotterranei più vasti della chioma che vediamo.
Moti di cambiamento che nutrono il nostro futuro, generano linguaggi diversi e capacità di relazione.
Le radici nutrono, curano l’albero, addirittura rimarginano le ferite di piante vicine, ci spiega l’agronomo. Le radici non smettono di lottare, di lavorare sodo, aggirare gli ostacoli. Dare.
A volte anche solo una goccia: un libro di fiabe di cui Vlad non conosce più la lingua, la chitarra che ha donato alla ragazza fuggita dalla guerra. Quella guerra che sradica di un popolo e di tutta l’umanità. Il male che sembra mettere radici. Ci immobilizza, ci taglia il nutrimento, fa appassire la vita.
Ma è una bugia.
«Nemmeno gli alberi sono fermi».