fede
N.48 marzo 2024
Nel «Requiem» di Jonas Mekas il senso della vita si svela per contrasto
Dal grande cineasta lituano fino alla piccola ex chiesa di San Carlo, un invito a pensare alla vita su questo pianeta, al senso dell’esistenza, all’essenza dell’origine, alla possibilità di credere in qualcosa
Non è facile, lo so, avete ragione.
Non è facile sapere che a Cremona esiste un ex luogo sacro, un po’ nascosto, per molti anni dimenticato e recentemente riaperto da un privato che l’ha trasformato in una location per mostre. Parlo di San Carlo, riaperta da Lorenzo Spinelli di “Form. The Creative Group” dal 2021.
E non è nemmeno facile pensare di andarci (a proposito, è in via Bissolati 33), avere voglia di salire quei pochi, alti e faticosi gradini e affrontare l’arte più contemporanea che ci sia, catapultata dal grande mondo e da altissimi livelli alla piccola provincia della Bassa nell’oscurità avvolgente, polverosa e tremendamente barocca dei secoli andati.
Non è facile, dicevo, ma ne vale la pena, nonostante io non capisca ancora – o meglio, forse non l’accetti anche dopo molti anni di frequentazione – questa aura di impenetrabilità elitaria, questo sbarramento all’ingresso che continuo a percepire nell’arte contemporanea. So bene che il suo primo obiettivo non è quello dell’esperienza estetica che eleva lo spirito né la divulgazione in senso stretto, ma insomma, lo sappiamo tutti che la Bellezza ti aggancia, e una volta agganciato ti può portare dove vuole.
Non è facile, ripeto ancora un’ultima volta, ma vale la pena lasciarsi portare da Jonas Mekas a sedersi nel buio di San Carlo davanti al suo Requiem.
L’opera, commissionata e presentata al modernissimo centro culturale The Shed di New York, è un tributo meditativo alla partitura di Verdi per la Messa da Requiem scritta per la morte di Alessandro Manzoni ed una riflessione sulla bellezza del mondo naturale. Dobbiamo immaginarla come sfondo all’esecuzione dal vivo della pièce verdiana ad opera della Currentzis Orchestra, e dobbiamo sapere che è la prima volta che viene presentata in Europa come mostra in senso stretto. Proprio a Cremona. Una video-installazione che suona come un testamento spirituale, iniziato da un artista che poco prima di morire all’età di 96 anni ha condensato (o dilatato?) in un’ora e 24 minuti di filmato scene girate a mano libera nel corso di tre decenni che rappresentano fiori: fiori tagliati, fiori da giardino, fiori selvatici e fiori in fiore su alberi, colline, campi ed altrove accompagnati dai suoni della natura e, appunto, dalla Messa da Requiem di Giuseppe Verdi.
Uno scenario pacifico, persino quasi arcadico.
Se non fosse che improvvisamente tutto è spezzato da scene di puro orrore tratte dai grandi drammi del Novecento e dagli eventi catastrofici del secolo attuale (quale blando riverbero della peste manzoniana sull’oggi) e inframmezzato da versi tradotti in inglese dalla messa funebre latina, molto evocativi:
Do not let these pains to have been in vain (da Tantus labor non sit cassus) ovvero
Una così grande fatica
non sia stata inutile
oppure That day will dissolve the world in ashes (dal latino dies illa, solvet saeculum in favilla
quel giorno il mondo
(sarà) ridotto in cenere,
per citarne due.
Lo shock è assicurato, perché non c’è indizio o preavviso, nessun alert che faccia sospettare il repentino cambio di scena.
Un contrasto assoluto che lascia lo spettatore con l’amaro in bocca, quando decide di uscire dopo aver testato la propria resistenza (al dolore, o a ciò che si vuole intendere…) e lo invita a pensare alla vita su questo pianeta, al senso dell’esistenza, all’essenza dell’origine, alla possibilità di credere in qualcosa.
Questo è l’obiettivo di Jonas Mekas (1922-2019), artista, poeta e regista nato in Lituania, fatto prigioniero con il fratello dai nazisti, quindi liberato dall’ONU e portato in America, uno dei pilastri del famoso cinema sperimentale indipendente di New York. Fondatore del movimento cinematografico d’avanguardia americano, ha influenzato con le sue opere generazioni di cineasti e ha esposto in mostre d’arte e musei come Documenta Kassel, la Biennale di Venezia, la Serpentine a Londra, il Centre Pompidou a Parigi ed il Jewish Museum di New York.
Un uomo appassionato dell’uomo, che registrava pellicole di ogni tipo, comprese tutte le conversazioni che aveva con le persone.
Requiem è visitabile fino al 5 maggio prossimo, sfortunatamente solo su appuntamento – a proposito di impenetrabilità di tanta arte contemporanea, questo è un aspetto sicuramente da ripensare. Non è facile, lo so, avete ragione. Ma abbiate fede in chi scrive, nell’Uomo, nell’Arte… come, nonostante tutto, ce l’ha avuta Jonas Mekas.