frontiere

N.12 Giugno 2020

FILOSOFIA

E Platone torna all’«asilo»

Una classe di maturandi racconta il mito della caverna ai bimbi della scuola dell'infanzia condividendo domande e cercando insieme le risposte

Nella scuola – e non solo, a dirla tutta – i passaggi cruciali avvengono quando ci si ritrova, da giugno a settembre, a non essere più “i più grandi” e a dover ricominciare con l’essere “i più piccoli”, gli ultimi arrivati. Alla scuola dell’obbligo, come all’università…

Succederà, nonostante tutto, anche ai bimbi dell’istituto “Mario Lodi” di Gerre de’ Caprioli che si sono visti troncare l’ultimo anno di scuola per l’infanzia e un po’ più bruscamente degli altri si ritroveranno alle elementari con un banco proprio, lo zaino in spalla, le matite grigie e i quaderni a quadretti. E succederà alla 5^B del Liceo Vida, come ai tanti maturandi chiamati al primo grande esame senza sapere se a loro sia andata meglio o peggio di chi li ha preceduti e di chi li seguirà.

Loro però – i “grandi” della “Mario Lod”i e le future matricole – in questo 2020 di cui si parlerà come di uno spartiacque, si presentano al varco pronti a prenderla… con filosofia. Che in questo caso non è un modo di dire, ma sono domande difficili e risposte precise (seppure non definitive).

«Questi uomini sono i figli dei figli di persone che furono chiuse nella caverna tanto tempo fa, così tanto che nessuno di loro si ricorda perché. Dopo tanti anni si sono convinti che il mondo inizi e finisca qui»

«Che cos’è la cultura?», chiedono i ragazzi della 5^B.

Quando hai 5 anni ti è concesso di restare con la bocca spalancata, ascoltare una storia, distrarsi un po’, un gioco di gruppo, un disegno e tanti sorrisi prima di dire la tua:

«La cultura è quando non sai delle cose, poi le cerchi, e le impari».

Questo – in sintesi estrema ma con tutta l’efficacia di chi va dritto al punto – è successo quando la maestra Evelina e il prof Lanzi si sono confrontati e hanno deciso di far incontrare le rispettive classi “di frontiera” per «fare filosofia con altri, piuttosto che parlare di ciò che hanno fatto altri filosofi».

Non solo parole; fatti. Perché sono un fatto i giochi di movimento, i disegni liberi, il racconto (anche quando è registrato con il telefonino) del mito della Caverna di Platone come una favola per pensare.

Dialogo, gioco e arte: dopo i primi incontri “in cerchio” nelle stanze del liceo con la maestra Eve, Shakespeare, Walt Disney e Platone, i maturandi sono entrati nell’aula piena di pupazzi, pennarelli con la punta grande e seggioline in miniatura e hanno guidato i piccoli fin dentro la caverna leggendo il racconto tratto dal celebre mito e riadattato ai linguaggi e alle categorie dei bimbi.

Non si è mai troppo piccoli per pensare e la scuola è la palestra per allenare cervello e cuore dentro un sistema di relazioni in cui le differenze (quelle d’età, tanto per cominciare) non sono barriere ma un terreno di confronto.

Il ragazzo provò a spiegarsi meglio, ma nessuno lo ascoltava più. Alla fine li supplicò: «Se non mi credete, venite con me. Vi farò vedere che ho detto la verità»

«Quello che abbiamo fatto con il professor Lanzi – spiega la maestra Evelina – abbiamo provato a costruire un ponte tra la scuola dell’infanzia e l’anno della maturità. É il ponte che i nostri bimbi hanno appena iniziato a percorrere: vorremmo che lo possano fare con le loro gambe, ma soprattutto con la loro testa».

Così perché non parlare delle paure stando seduti in un cerchio di amici, oppure imparare la fiducia lasciandosi cadere confidando nelle forti che non vediamo ma che ci salveranno dall’impatto. E perché non iniziare da subito a scambiarsi le idee, pronti – se serve – a cambiare le proprie, senza pregiudizi. Così la filosofia – come ha detto applaudendo il progetto Barbara Azzali, dell’Istituto Comprensivo Cremona Quattro che ha sostenuto l’idea – diventa davvero «quel “disturbo” che stimola il pensiero».

«Là dietro c’è un mostro con mille gambe e mille voci, ma se vuoi veramente sapere a cosa somiglia devi arrampicarti e guardare oltre il muro. Se ti fermi alle apparenze non conoscerai mai la verità»

La filosofia per i bambini si può, perché così si fa esperienza: quel muro, in fondo alla caverna, bisogna pur scavalcarlo se non vogliamo accontentarci delle ombre che gli stanno dietro.

Bisogna affrontare la pandemia che costringe a cambiare i piani e allontana gli amici; il gorgo di youtube che mette a una tale prova la scelta da finire con il condizionarla; la difficoltà di farsi capire, di raccontare un’emozione, di aprirsi a chi ci sta di fronte.

La filosofia a 18 anni si fa, perché non resta chiusa tra le pagine di un libro o fra i tranelli di un compito in classe, ma ci accompagna ad un viaggio nel tempo (a ritroso) in cui la conoscenza è messa a disposizione, adattando metodi e linguaggi.

Insieme hanno superato le frontiere del tempo e dell’età, hanno reagito al lockdown, hanno camminato sulle loro gambe e cercato strade usando la loro testa: Dall’incontro tra due generazioni così distanti di studenti prende forma un progetto di futuro: funziona, se non abbiamo paura quando arriva il nostro turno di tornare ad essere “i più piccoli”. Perché a scuola ci avranno insegnato a pensare in grande.