carta
N.31 Maggio 2022
La mia vita sans papier: «Senza documenti non esisto»
Rocìo è arrivata in Italia per costruire un futuro migliore per i suoi figli. Dopo 5 anni però non ha ancora ottenuto il permesso di soggiorno: non ha tessera sanitaria né codice fiscale, ma grazie ai volontari del Gruppo Articolo 32 anche gli "invisibili" come lei hanno accesso alle cure sanitarie
«Senza documenti, io qui non esisto».
Rocìo addolcisce con un sorriso le parole appena pronunciate, che rimbombano nel silenzio della stanza. Fuori dalla finestra, le foglie di una pianta secolare ombreggiano il pomeriggio di fine maggio, che per lei ha sapore di attesa.
La donna è una degli oltre 207mila “sans papiers”, migranti approdati in Italia che hanno chiesto di restare. È difficile darle un’età: l’accento lascia intendere origini sudamericane, confermate dal suo racconto. «Sono arrivata in Europa nel 2017. L’ho fatto per dare un futuro ai miei figli, che sono rimasti in Perù con i nonni. Quando sono partita il più piccolo aveva cinque anni, il grande nove. Al telefono mi chiedono “Mamma, quando ci vediamo?”… Mi si spezza il cuore».
Le mani giocano con gli anelli, mentre con la mente ripercorre i primi momenti trascorsi in Italia. «La prima difficoltà è stata la lingua: per impararla in fretta ho mangiato il dizionario! – scherza – In un mese ho trovato lavoro come badante: assistevo una signora malata di Alzheimer, nel tempo libero studiavo». Il resto l’ha imparato sul campo, ma «è complicato quando si è soli», soprattutto se si campa di impieghi saltuari. Per costruirsi una professione ha scelto di frequentare un corso per Operatore socio sanitario, ma senza tirocinio non sarà valido. Per farlo, serve il permesso di soggiorno.
Le sue speranze erano riposte nella sanatoria del 2020, che avrebbe dovuto in breve tempo aprire la strada alla regolarizzazione. «Il prossimo 26 giugno saranno passati due anni dalla richiesta – sospira – sono ancora in attesa di un si o di un no».
Questo tempo bianco l’ha trascorso senza documenti, senza identità. «Non ho tessera sanitaria, non ho un codice fiscale, non posso avere un conto in banca né attivare un numero di cellulare. Non posso affittare una casa, firmare un contratto di lavoro o seguire una formazione professionale. Sono iscritta all’Inps, ho pagato contributi e tasse: per loro esisto solo in quel momento, poi torno ad essere invisibile».
La soluzione è una vita in nero, con tutti i rischi connessi all’irregolarità. «La prima cosa che ti consiglia chi vive qui da clandestino è di non rivolgerti all’ospedale né al pronto soccorso. Anche se stai male, non andare. Perché chiamano la polizia e vieni rimpatriato». Così è stato anche per lei, finché a Cremona ha incontrato i volontari di Gruppo Articolo 32.
Inserita nella rete nazionale dei Gruppi Immigrazione e Salute, l’associazione è nata nel 2010 per dare assistenza di base a persone non iscritte al Servizio Sanitario Nazionale. Il nome scelto richiama il principio di “diritto alla salute” sancito dalla Costituzione italiana. «Dev’essere garantito dallo Stato ad ogni individuo, italiano e non». Così spiega Riccardo Merli, medico e volontario. «Su questa base si è creato un gruppo – tra cui una ventina di medici e infermieri – che offre assistenza a chi rimane escluso». L’attività inizia negli spazi messi a disposizione dall’oratorio di sant’Agata, si sposta in via Buoso da Dovara e infine approda al vecchio ospedale di Cremona, nel parco del Vecchio Passeggio, dove trova sede con diverse associazioni di volontariato.
«I primi utenti erano in maggioranza persone di passaggio, senza fissa dimora», prosegue Merli. «Oggi l’82 per cento dei pazienti proviene dall’Africa. La crisi dei rifugiati iniziata nel 2015 ha dato un forte impulso alle richieste di assistenza: nel giro di dieci anni, il numero di pazienti visitati è passato da 216 a 950, per un totale di circa 2100 visite annue».
L’ambulatorio occupa tre locali: tutti gli arredi sono donazioni, così come i medicinali, offerti dalla farmacia dell’Ospedale di Cremona. La collaborazione con gli enti sanitari è frutto di una convenzione, che consente all’associazione di richiedere esami del sangue, visite specialistiche e strumentali, sgravando l’accesso al pronto soccorso per chi altrimenti non saprebbe dove andare.
Gli ambulatori aprono due giorni a settimana: oltre all’assistenza di base, il gruppo di volontari aiuta chi si rivolge a loro ad ottenere il codice temporaneo STP (Straniero Temporaneamente Presente) per usufruire dei servizi urgenti ed essenziali. Nel triennio 2016-19 l’associazione ne ha erogati 667.
«È come la tessera sanitaria – spiega Merli – ma è un foglio di carta che scade ogni sei mesi». Il medico mostra un documento e indica il codice di undici cifre stampato in alto a destra. «A me ne servirebbero sedici…», puntualizza Rocìo alludendo al codice fiscale. Al di là dell’ambito sanitario, spesso l’STP non viene accettato. Cinque cifre fanno la differenza tra “accolto” e “respinto”.
L’alternativa è tornare in Perù: «Ci ho pensato spesso – confessa – Se non avessi una famiglia sarei già tornata a casa, ma lasciare adesso significa buttare via questi anni di sacrifici. Qui potrei avere un futuro con i miei figli, ma per ora non posso portarli con me: sono irregolare, non potrebbero andare a scuola né avere una vita normale».
Rocìo controlla la posta elettronica tutti i giorni, da quasi cinque anni. «Qualche volta, parlando con persone come me, diciamo: siamo proprio forti, per andare avanti in questa condizione. La mia forza sono i miei bambini».
Li aspetta qui, certa che – prima o poi – quella e-mail arriverà.
L’ASSOCIAZIONE
Gruppo Articolo 32 per il diritto alla salute
• Indirizzo: viale Trento e Trieste, 35/B – 26100 Cremona
• Tel. Ambulatorio Art.32 di Cremona e Sportello Avvocato di Strada:
389 5691351 (solo negli orari di ricevimento)
• Orari ambulatori: martedì 9.30 11 e venerdì 15-16.30