colori
N.19 Marzo 2021
Sull’albero di Greta è il colore che ti accoglie
L'incontro nell'atélier dove la creatività educa alla vita e si prende cura delle nostre emozioni
Non so perché ma cercavo una vetrina. E nella bellissima via Sicardo, con la zona rossa, le vetrine erano tutte spente, ad eccezione di quella di una bottega di liuteria. Al numero 8, un campanello. L’albero. L’atelier di arteterapia di Greta Castellani è una stanza accogliente al piano terra di un condominio signorile. Piena di colori. «Per disegnare non serve saper disegnare», la sua rassicurazione aprendo la porta. Ecco, meglio. Sulla tavola «le prelibatezze». «La tavola imbandita – ci mostra Greta – Non di piatti e portate, ma di materiali». Ordinati su un lato pennelli, acquerelli, fili, fogli colorati, timbrini. «L’accoglienza è importante nell’arteterapia – ci spiega – Tutte le sedute che faccio sono come un pranzo della domenica. Preparo ambienti e materiali con cura, apposta per chi viene all’atelier…».
Ci sediamo e cominciamo. Ecco la consegna: lavoriamo sul momento che stiamo vivendo. «Vi propongo di mettere su un foglio ciò che vi manca in questo periodo e poi di unire tutto come volete». Come vogliamo? Già. «Educare alla creatività significa educare alla vita», commenta Greta con una citazione.
L’inizio è timido: cosa scrivo? Uso pennarelli o pennelli? Comincio dai lati o in centro? E se sporco il tavolo? «Questo posto è troppo pulito – rassicura Greta – Sogno che venga sporcato presto». E allora la mente si scioglie e la carta di riempie di materiali e di colori, ed è divertente. «Ci sono materiali definiti di controllo, come i pennarelli – ci spiega ancora l’arteterapeuta – e materiali espressivi, come le tempere. Se la scelta è libera, anche se inconscia, il tipo di materiale che si usa ci dice molto della persona in quel momento». Durante il lavoro, dopo qualche minuto di silenzio, viene spontaneo comunicare, raccontare ciò che si sta facendo, condividere, verbalizzare. Ma è il foglio che conta. «Ci sono persone che fanno arteterapia che non possono verbalizzare come le persone con disabilità grave e gravissima – continua Greta – In questi casi si va a lavorare su ciò che ancora si può mettere in moto, su ciò che è sano. E il prodotto finale non è mai giudicato, ma è sempre accolto, anche senza parole». Alla fine, parole e legami con fili, fogli colorati e colori vengono spontanei.
Come ci si sente quando si esce dall’albero? Più leggeri e con un foglio o una creazione da mostrare in famiglia orgogliosi o da tenere per sé. «Perché l’albero – conclude Greta riflettendo sul nome dato all’atelier – resiste a qualsiasi condizione, muta nel tempo ma è sempre lì».
Anche oggi. Proprio come il piccolo spazio di Greta.