musei

N.25 Novembre 2021

TERRITORI

Un ecomuseo a cielo aperto per conoscere e rispettare

C'è un vecchio progetto nei cassetti della Provincia Acqua, strade, costruzioni, ambienti e antichi monasteri... venti siti a due passi da casa come in un grande museo vivente

Valerio Ferrari è stato responsabile scientifico di un progetto pensato negli anni Novanta, ma oggi più che mai attuale. Si chiama “il territorio come ecomuseo” ed è stata una proposta dell’amministrazione Provinciale di Cremona nata in seno ad Agenda21, programma di azione globale da declinare su scala locale, scaturito dalla Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite, il cosiddetto Summit della Terra tenutosi a Rio de Janeiro nel 1992.
Era una sorta di manuale per lo sviluppo sostenibile, da quel momento storico fino al XXI secolo. Il museo diffuso vuole percorre idealmente un territorio vastissimo, articolato. È un enorme museo vivente, per definizione in perpetua evoluzione, creato dalla natura ma anche dalle azioni dell’uomo che lo ha plasmato nel corso dei secoli: «Era un’idea che da sempre avevo voglia di sviluppare – afferma Ferrari, allora funzionario del settore ambiente, oggi in pensione – Ne sono stato promotore ed attuatore. Mi sembrava opportuno declinare il territorio nell’idea di un museo a cielo aperto. Anche per mostrare agli abitanti dei vari siti quali cose importanti avessero davanti agli occhi quando allora magari non ne conoscevano la storia o il valore».
L’unità di misura del progetto sono i nuclei territoriali, perle incastonate in un lembo di terra che va da Casalmaggiore a Crema, passando per Cremona, e che si estende per 1770 chilometri quadrati. Sono venti: il nodo idraulico delle Tombe Morte, la strada romana Mediolanum–Cremona, l’insediamento urbano di San Rocco di Dovera, i prati del Pandinasco, le cave d’argilla, le centrali idroelettriche di Mirabello Ciria e alla Rezza, i fontanili di Farinate, le vallecole d’erosione di Credera-Rubbiano e Moscazzano, il pianalto di Romanengo, l’azienda agrituristica, un modello di allevamento sostenibile, attività produttive ecocompatibili, i bastioni di Pizzighettone e il territorio rurale circostante, il monumento naturale dei Lagazzi di Piadena, la golena padana e il fenomeno dei bodri, gli argini del Po, le lanche fluviali del Po, l’impianto di sollevamento di Isola Pescaroli e la bonifica integrale, i campi baulati del Casalasco, la navigazione fluviale e i traghetti del Po.

«È un monumento liquido
costruito dalle mani e dall’ingegno
di generazioni di persone»

Come si legge sul sito internet dedicato «sono strutture facilmente accessibili al pubblico, grazie alla segnaletica sulle strade, alla cartellonistica, alle piazzole di “sosta istruttiva”, alle siepi e ai boschetti didattici, alle tabelle toponomastiche e idronomastiche commentate».
«Lo abbiamo pensato come un itinerario circolare, con varie cellule ecomuseali – continua Ferrari – La storia fa da filo conduttore. Si va dalla preistoria con i Lagazzi del Vho di Piadena al presente con l’azienda agrituristica Santa Maria di Bressanoro a Castellone, che conserva una sala con affrescata del 1600 in una parte dell’antico convento e apre le finestre sulla meravigliosa chiesa rinascimentale a pianta centrale, una delle gemme del territorio cremonese. Sono luoghi conosciuti da pochi. Questi spazi, risorse, oggetti da conoscere e conservare, talvolta con interventi di restauro e sviluppo che tengano conto criteri di sostenibilità».
Nucleo centrale dell’ecomuseo è Cascina Stella, una tipica cascina cremonese all’interno del Bosco didattico di Castelleone, ristrutturata dalla Provincia di Cremona e divenuta sede espositiva del museo laboratorio del paesaggio padano: «Sono percorsi indirizzati soprattutto alle scuole. Quando vanno bene per loro, allora significa sono adatti anche per un pubblico più ampio».
L’acqua è un elemento che ricorre lungo le venti stazioni di un viaggio ideale attraverso il territorio cremonese: «Siamo una provincia d’acqua. Sin dalla preistoria ci abbiamo dovuto fare i conti. La rete irrigua della nostra provincia è immensa. Ce la invidiavano sin dal Medioevo. È un monumento liquido costruito dalle mani e dall’ingegno di generazioni e generazioni di persone».
Il progetto è stato portato avanti fino al 2016: «Poi vi fu un periodo nel quale si parlava di quella famosa legge che voleva sopprimere le Province. Che oggi esistono ancora ma con la metà del personale. Una delle vittime è stato proprio l’ecomuseo – sospira Ferrari –. La strada però è stata tracciata, basta riaccendere il motore, magari – si lascia scappare un sorriso – pensando ad una piccola manutenzione».