acqua

N.09 Marzo 2020

L'INTERVENTO

Ogni bottiglia vale una battaglia

Rubinetto e torrente, bicchiere e ruscello, borraccia e fiume, bottiglia e lago, pozzanghera e oceano, fontana e mare, goccia e stagno, pozzo e ghiacciaio, pioggia e alluvione, grandine e diluvio, diga e sorgente…: l’acqua appare davvero sotto mille forme. Di acqua si vive e di acqua si muore. Nel primo caso è indispensabile per bere, per lavare, per cucinare, per irrigare, per idratare, per spegnere incendi, per pulire. Nel secondo caso, invece, è causa di devastazioni che tutto distruggono. Del resto, ogni popolo racconta il proprio rapporto con l’acqua di mare a partire dalla cucina. Il pesce non è specialità di tutte le tradizioni: i popoli non esperti di navigazione preferiscono i prodotti che provengono dalla terra e dall’allevamento.

Il bambino nasce rompendo «le acque» (liquido amniotico) che sono state il suo ambiente vitale durante i mesi della gravidanza. Proveniamo tutti da quella fase iniziale: come dimenticarlo? Che strano: impariamo prima a nuotare che a respirare. Inoltre, molte religioni danno all’acqua un significato simbolico. È elemento di purificazione. Nel battesimo il cristianesimo celebra l’ingresso nella vita nuova in Cristo. Si rinasce «da acqua e Spirito» (Gv 3,5).

L’acqua è un bene tanto semplice quanto complesso. Semplice perché la composizione chimica di due atomi di idrogeno e uno di ossigeno vale per ogni punto cardinale del pianeta. Complesso, invece, perché non basta parlare di acqua: per l’uomo è necessario aggiungere l’aggettivo «potabile». Non tutta l’acqua lo è: per questo va custodita o resa tale. L’acqua fa la differenza. Tra una società moderna e premoderna, la differenza dell’attesa media di vita l’hanno creata sia il progresso della medicina sia la disponibilità di acqua potabile per l’igiene personale.

Senz’acqua non c’è vita. Nel mondo ci sono persone che devono percorrere ore e ore di cammino a piedi per attingere acqua e garantirla alla propria famiglia. Del resto, «ciò che rende il deserto bello è che da qualche parte nasconde un pozzo», ricorda Antoine de Saint-Exupery.

Le fonti appartengono
alla comunità del mondo
come le nuvole, la neve, il vento,
gli oceani e le maree

Dipendiamo dalla risorsa idrica. Il corpo umano in media è composto di acqua per una percentuale che si aggira tra il 60 e il 65%. L’acqua «pulita» è indispensabile anche nell’agricoltura e negli allevamenti, pena l’inquinamento delle falde e l’avvelenamento di frutta e verdura che arrivano sulla nostra tavola.

Se l’acqua è così importante, si comprende il motivo di tanto contendere tra gli uomini. Le future guerre saranno per l’acqua? La domanda è solo retorica: ci sono già conflitti scoppiati per mettere le mani sulla gestione o sulla proprietà della risorsa idrica. L’accaparramento di acqua finisce per giustificare conflitti di prevaricazione o per scatenare proteste. Come propone lo scrittore Erri De Luca, «prima che si scatenino guerre per la sete, si può stabilire che le fonti appartengono alla comunità del mondo, come le nuvole, la neve, il vento, gli oceani, le maree».

La domanda allora si fa ancora più insidiosa: a chi appartiene l’acqua? Viene annoverata tra i cosiddetti commons, che in italiano traduciamo con beni comuni. Sono i beni fondamentali per promuovere la vita umana. Di chi è la loro proprietà? L’insidia sta nel fatto che le contese sottendono la mentalità dell’appropriarsi per dominare ed escludere. In realtà, il bene comune «acqua» va gestito per il bene di tutti. Negare l’acqua è escludere dalla vita. La sua gestione è responsabilità di tutti e chiama in causa ogni singola persona. A tutela della disponibilità di acqua interviene la politica: controlla i passaggi gestionali perché tutti ne abbiano accesso e perché non venga sprecata. Non basta il ragionamento stolto di chi pensa che l’acqua è di chi può pagarla. Come ogni bene comune, essa si preserva per la vita di tutti solo se si evita ogni forma di spreco. Occorre imparare a considerarla un dono e una ricchezza preziosa. Le campagne contro l’acqua in bottiglia di plastica e l’educazione a non sprecare l’oro blu che esce dal rubinetto di casa sono solo un primo passo verso una gestione più condivisa della risorsa. Per dirla con Francesco d’Assisi: «Laudato si’, mi Signore, per sor’Acqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta».

L’acqua buona è potabile e per la vita di ogni essere umano. È acqua «giusta»! In gioco c’è la dignità della persona: per questo ogni bottiglia vale una battaglia culturale. Presente e futura.