ombre

N.34 Ottobre 2022

SFIDE

Uno skate per sorvolare gli ostacoli del buio

Dall'incontro tra Paolo e Moutie è nata l'esperienza di Skating in the dark, un metodo di allenamento per ragazzi non vedenti e disabili che sulla tavola trovano sicurezza e nuovi spazi da esplorare

Tra le pigre dune delle spiagge a sud est di Roma, un uomo attende la sua onda. È un inverno avaro per gli amanti del surf e le giornate trascorse sul litorale a scrutare le increspature del mare diventano insopportabilmente lunghe. Paolo Pica, estenuato, decide allora di ascoltare i consigli dei suoi amici surfisti e acquista uno skateboard. «Ci sono salito quasi per caso, per ritrovare le sensazioni provate cavalcando le onde e, da quel momento, non sono più sceso».
Affrontare a 44 anni una disciplina che richiede una notevole coordinazione non è un’avventura semplice ma la passione per lo skate sostiene gli sforzi del neofita. «La svolta è avvenuta quasi accidentalmente». Erano tre mesi che Paolo provava, senza riuscirci, un “rock to fakie”. Aveva troppa paura. Allora chiese a sua moglie di aiutarlo facendogli assistenza e, dopo solo due ore, capì perfettamente l’esercizio. L’entusiasmo per i nuovi orizzonti dischiusi da quattro ruote e una tavola non si spense nemmeno quando, per una banale caduta, subì una frattura alla gamba e dovette stare in un letto per due mesi. Immobile ma indomito, iniziò a guardare video e leggere testi per documentarsi sulle metodologie di allenamento per gli skaters. Nonostante la ricerca, non riusciva a trovare nulla che lo soddisfacesse. Anche in quel momento fu provvidenziale il consiglio della moglie che, rievocando il processo di apprendimento del “rock to fakie”, gli disse: «Scrivi tu un libro sulla metodologia di apprendimento e allenamento». Forte delle conoscenze apprese all’Isef e dell’esperienza accumulata come istruttore sportivo, Paolo si mise all’opera. Nacque così una proficua collaborazione con la Fisr (Federazione italiana sport rotellistici) che portò alla pubblicazione di alcuni manuali e alla realizzazione di corsi di formazione per istruttori di skate. «La base della metodologia è l’ assistenza di sostegno – racconta Paolo – cioè aiuto fisicamente l’allievo a svolgere una manovra e poi, man mano che vedo che acquisisce fiducia e abilità, diminuisco il mio intervento».
Nelle sperimentazioni durante le sue lezioni, Paolo inserisce anche esercizi a occhi chiusi, una pratica derivante dal suo passato di praticante di arti marziali. Vedendo che il sistema era efficace, è stato quasi automatico contattare il Sant’Alessio (Istituto Regionale per Ciechi) per proporre una collaborazione. «Proprio quel pomeriggio stavo passando dall’Istituto – interviene il giovane non vedente Moutie Abidi – e ho incontrato Paolo che stava illustrando la sua idea. Sul momento mi è sembrato qualcosa di impossibile ma nel contempo mi incuriosiva». Moutie praticava già il baseball, la danza e amava muoversi e sperimentare con il corpo. «Devo ammettere che il primo impatto con lo skatepark è stato abbastanza traumatico – racconta – sentivo attorno a me un grande caos, il rumore delle tavole, le urla dei ragazzi, percepivo movimenti veloci e improvvisi. Poi è arrivato Paolo e mi ha preso per mano».

«Sentivo attorno a me un grande caos,
il rumore delle tavole, le urla dei ragazzi, movimenti veloci e improvvisi.
Poi è arrivato Paolo e mi ha preso per mano»

Gli istruttori hanno trasmesso sicurezza e vicinanza a Moutie, tranquillizzandolo e inserendolo in un corso per vedenti. «Infatti la nostra metodologia di insegnamento, denominata “Full time” si è rivelata da subito adatta anche a persone con esigenze speciali, come Moutie, permettendone un’integrazione immediata», spiega Paolo.
Con pazienza e dedizione anche per il giovane di origine tunisina è arrivato il magico momento in cui, dopo aver dato una bella spinta con la gamba d’appoggio, ha potuto vivere l’ebrezza di scivolare in equilibrio su quattro ruote. «La percezione dello spazio, quando sei sullo skateboard, cambia – racconta il ragazzo – Ho iniziato da subito a lavorare mentalmente sul fatto di essere in movimento, in equilibrio instabile, cercando di giocare d’anticipo rispetto a quello che poteva capitare».
La sensazione delle prime volte è ancora nitida nella mente e sulla pelle: «La vibrazione, quel dolce rollìo provenire da sotto i piedi…». E con il passare del tempo, la sicurezza cresce e «sono riuscito sempre meglio a controllare ansia e paura».
A quel punto la sperimentazione poteva dirsi completata con successo. Invece… Moutie ha un altro desiderio: «Skateare da solo in uno skatepark!». Paolo è sempre lì, per affrontare la sfida. Con fantasia e ingegno, tutti ingredienti fondamentali dell’esperienza poi codificata come “Skating in the dark”, posiziona dei segnalatori acustici lungo il perimetro della struttura di cemento dedicata alle tavole. Grazie agli avvisatori sonori, Moutie riesce, da solo, a muoversi liberamente nello spazio, arrivando anche a salire e scendere da alcune rampe.
Dopo qualche giorno Paolo chiama il suo allievo e gli disse: «Prendi la tavola che ci facciamo un giro per Roma!». Muoversi per via dei Fori Imperiali, un’esperienza elettrizzante, è resa possibile grazie alla fiducia creatasi tra i due e ad un sistema di comandi vocali semplice ed efficace che però, poco tempo dopo, non serve più. Lo racconta Paolo con estrema naturalezza: «Io stavo davanti e Moutie mi seguiva, intuendo quando curvare o rallentare a seconda dei suoni da lui percepiti. Intervenivo con la voce solo di fronte a ostacoli inaspettati».

Dall’esperienza di Paolo e Moutie è partito un corso di skateboard per un gruppo di ragazzi con diversi gradi di disabilità visiva. Il giovane non vedente è diventato subito un punto di riferimento per i neofiti, non solo per l’esperienza acquisita ma, soprattutto, per la sua capacità analitica nel correggere posture e movimenti. Un’abilità talmente sviluppata da permettergli di svolgere l’attività di insegnamento anche nei corsi per vedenti. «Quando faccio assistenza mi accorgo subito se chi si appoggia alle mie braccia è tranquillo o teso – racconta – se è sbilanciato o se è nella posizione corretta sulla tavola. Inoltre riconosco dal suono dello skate e delle ruote sul cemento se il trix (esercizio) è stato svolto correttamente o no». Paolo, sempre presente alle lezioni, ascolta soddisfatto lo stupore dei ragazzini che, dopo le correzioni, tra loro sussurrano: «Ma questo ce vede!».
L’avventura di “Skating in the dark” prosegue oggi attraverso sperimentazioni con diversi tipi di disabilità, per esempio con i ragazzi autistici. Paolo, insieme a Moutie, skaetano ancora insieme e stanno realizzando dei video tutorial. A girare è Moutie. Il vento tra i capelli, sotto i piedi una tavola a rotelle, ogni volta il livello della sfida si alza, con la sicurezza che nel caso ci sia un inciampo o una perdita di equilibrio ci saranno sempre delle braccia pronte a intervenire per aiutare a rialzarsi. E ripartire.