bambini

N.21 Maggio 2021

IN FAMIGLIA

Il caos creativo che dà vita alla casa

È quando cala il silenzio che c'è da preoccuparsi... perché gli sgabelli diventano rampe di lancio e le pareti del salotto... grandi fogli bianchi su cui sfogare l'ispirazione

Succede sempre così, e noi mamme ci arrabbiamo. Mentre tentiamo di approntare uno straccio di sugo per salvare la cena, il silenzio dei bambini dovrebbe allarmarci. E invece in quel momento è una benedizione, perché forse concentrandoci non bruceremo il soffritto. Pia illusione, perché basta voltarsi un momento per vedere che in quei dieci minuti il salotto – fino a un attimo prima ordinato dopo mezzora di sbuffate – è tornato un campo di battaglia. Sul tappeto una palla enorme di didò – dai mille colori – certifica solo una cosa: ci toccherà inoltrare un nuovo ordine su Amazon di almeno dieci barattoli di plastilina, perché questa è ormai inutilizzabile. La piccola belva però dice fiera: «Mamma, ti ho fatto la torta dell’arcobaleno». E ti zittisce.
Il tavolo è sottosopra: le sedie capovolte, il seggiolone di sbieco, un ombrello rotto e tre coperte lo circondano. Sospiro e penso che domani danno pioggia, il terzo ombrello della stagione distrutto per sempre. Ma lui, il treenne che sembra uscito direttamente da un episodio di Gianburrasca, sorride: «Ho costruito un rifugio, così quando il papà arriva può rilassarsi con me». Sotto il tavolo. E per dare enfasi alla sua costruzione, ha anche legato tre cavetti usb rubati dalla scrivania dell’ignaro genitore («ho legato le corde così siamo più sicuri») e ha portato all’interno di questa torre fantastica dei libri (“L’orso brontolone”, il must della settimana), un panino sbocconcellato e un succo.
Dove hai preso il succo, come hai fatto? Neanche il tempo di chiederselo che vediamo lo sgabello alto (sì, quello di design comprato il primo anno di matrimonio, quando ancora ci illudevamo di poter avere una casa come quelle che strappavamo dalle pagine di ElleDecor) usato pericolosamente come scala verso la dispensa. La confezione di succhi è a terra, l’involucro delle cannucce lo ritroveremo solo il giorno dopo sotto il divano (accanto a una mezza mela finta, il cappellino rosa della bambola e una palettina da gelato usata dalla duenne per imboccare il suo orsetto preferito).

Terzo sospiro della serata: raccogliamo lo sgabello, torniamo al sugo che è ormai rappreso (ma mai mollare). Mettiamo su un cartone animato e intanto preghiamo tutti i santi del cielo che la call del marito sia finita. Buttiamo la pasta, ci lanciamo perfino nella pulizia dell’insalata dell’orto e questa volta il silenzio sì, vuol dire che Topolino e gli amici del rally (Dio benedica quell’amico dei tempi dell’università che ci ha regalato un abbonamento a Disney Channel) funziona.
Illuse. Sentiamo la porta dello studio aprirsi, è il papà che riemerge dal lavoro e un senso di sollievo ci pervade. Finché lui non entra e le nostre orecchie – che erano certe che avrebbero sentito parole melodiose tipo “papi è qui” – devono ricalcolare tutto. «Maccheccavolo è successo qui?!?».
Il muro accanto alla tv è diventato un’opera di Picasso, con schizzi blu e gialli. «Ma papi, non trovavo i fogli». Ci guardiamo e scoppiamo a ridere. «Va bene, cos’hai disegnato?». «Il cane della nonna, e la nonna. E poi noi», ci spiegano dal fondo della stanza.
Il tapis roulant che giace abbandonato da secoli in sala, nel frattempo è diventato un’astronave. I due fratelli si sono alleati e indossando dei moon boot (i “mammuth”) fingono di andare sulla Luna.
A ElleDecore dovrebbero farci un monumento per l’eroismo. E per la fantasia.
Torno alla cena, la pasta è leggermente scotta, ma il sugo è salvo. Chiediamo il permesso ai cosmonauti di smantellare la torre per poter mangiare insieme, dopo qualche protesta e la minaccia di spegnere per sempre Topolino, siamo tutti con le gambe sotto il tavolo. Insieme. In questa casa incasinata e imperfetta, con la certezza che se anche questa sera come ogni sera ci toccherà riordinare tutto per un’ora per poi tornare al solito disordine, beh… questo è il disordine che amiamo. Perché dice che c’è vita. La nostra.
Come ricorda Carlo pastori con la sua “Ivo” una delle mie canzoni preferite per bambini:

Vivo, il tuo bambino non è cattivo,
grazie al Cielo è solo vivo.
Talmente vivo che alle volte
è un po’ invadente,
non gliene importa niente,
neanche dello sguardo
un po’ scocciato della gente.
È un terremoto,
è come un fiume in piena,
e a furia di esser vivo
ti fa venire il mal di schiena.
Ma alla sera, dammi retta,
nella sua cameretta,
quello che gli basta
è sapere che sei vicino.
Raccontagli una storia,
o digliela a memoria.
E se non ne conosci
ti consiglio come posso…
c’è sempre Cappuccetto Rosso