sbagli

N.43 ottobre 2023

rubrica

Canzoni dal “diario degli errori”

Non si sentono guru, e neppure guida di un popolo di ammiratori: sono i nostri cantanti d’oggi, più spesso simili a ragazzi scapestrati o a coatti ingessati e firmaioli o a bamboccioni adulti che tentano di camuffare quel che resta della giovinezza. Certamente non si ritengono (e nessuno li ritiene) intellettuali, e per nostra fortuna raramente si atteggiano a parsone troppo serie. Eppure, si direbbe che qualche volta ci azzeccano e può capitare che, in mezzo alla percentuale enorme di sfumature vecchie e nuove sull’amore, qualcuno butti lì qualche riflessione meno scontata. Succede anche che, forse senza saperlo, qualcuno arrivi ben più in là del vellicamento interessato, magari sorprendendo l’ascoltatore con frasi non proprio banali.

Gli sbagli ti attirano verso il fondo
Il finale poi dipenderà da te
Sbagliare è facile
Ma il segreto è nel capirlo


Ho sbagliato, lo so, ma non lo ammetto mai
Sbaglio volontario o sbaglio involontario
Come quando mandi un messaggio e sbagli destinatario
Questo pezzo è imballabile, qui nessuno è infallibile

Elisa e Fabri Fibra, Dagli sbagli si impara

Certo, potremmo scomodare un Freud e notare come l’introspezione sia entrata con lui prepotentemente nella storia della cultura moderna: l’uomo prende coscienza di sé come insieme di tendenze che lo condizionano fin dall’infanzia, il suo mondo interiore può diventare sofferenza, dolore, angoscia, può influire sulle relazioni con gli altri e con noi stessi. Senza arrivare al suo esagerato vedere malattia dovunque e senza metterci sul lettino per ore e ore, bastano due ragazzi che ti dicono, senza aura dottorale, che quando si sbaglia “il segreto è nel capirlo”, sapendo che “nessuno è infallibile”.

E poi senti un giovanotto poco più che adolescente che, fra le migliaia di parole che sentiamo ogni giorno, ti canta:

Ho guardato nell’abisso di un mattino senza alba
Senza avere un punto fisso
O qualcuno che ti salva
Ma almeno tu rimani fuori
Dal mio diario degli errori
Da tutte le mie contraddizioni
Da tutte le mie imperfezioni
Dalle paure che convivono con me
Dalle parole di un discorso inutile
Almeno tu rimani fuori

Michele Bravi, Il diario degli errori

L’importanza dell’auto-riflessione, del riconoscimento degli errori e delle imperfezioni e della ricerca del sostegno e della guida da parte degli altri, questo ci vuole dire il testo della canzone; il processo di apprendimento dagli errori è continuo e il desiderio di migliorare e di cercare qualcuno/qualcosa che dia stabilità è forza essenziale. E qui ci si potrebbe ricordare di un Benedetto Croce, quando ci dice che con l’apparire del cristianesimo si fece consapevole la coscienza morale, la quale mette l’uomo in relazione con l’intimo e con il mondo, promuovendo indipendenza e libertà, senza distinzione di genti e di classi, di liberi e schiavi, aperta verso tutte le creature e verso il mondo che è opera di Dio-Amore.

Io tra un cielo petrolio che mi colora
E tra il tram che riesco a perdere ad ogni ora
Qui tra il tran tran il tempo vola
E la felicità rimane solo una parola
Ed ha ragione Quasimodo, “Ed è subito sera”


Gira il mondo e non si fermerà
e tutto passa e nulla cambierà
ci sono mille cose che non ho ancora capito io
gira il mondo e non si fermerà
e tutto passa e nulla cambierà
ho fatto mille errori e non ho ancora finito

Francesco Renga, Mille errori

Davanti a questi versi (certo, questa è poesia) il letterato non può che vedere la declinazione banalizzata di qualche poeta ermetico d’antan. I fan del cantante ci vedono il loro stesso mondo di momenti cupi e di occasioni perse, di tentativi e fallimenti, di onde e scogli; la differenza fra il nostro poeta-cantante slavato e quello titolato dalla storia, è che queto usa parole e rime che vanno a segno oggi e quel consiglio di riscattarsi e di accettarsi quando combattiamo con i nostri errori agisce nel profondo adesso e ora, scavando nella memoria. Eppure il cantante non è dottore, né psicologo né cultore di storia letteraria…

E c’è chi riesce a cantare in versi un trauma infantile, quello che gli scienziati oggi riescono a descrivere con esattezza ammirevole, ma che, raccontato in musica, comunica a tutti l’emozione/dramma che c’è dietro e sublimando una pulsione negativa, la restituisce in una modalità condivisibile e accettabile.

Sono stata anch’io bambina
Di mio padre innamorata
Per lui sbaglio sempre e sono la sua figlia sgangherata
Ho provato a conquistarlo
E non ci sono mai riuscita
E ho lottato per cambiarlo
Ci vorrebbe un’altra vita
La pazienza delle donne incomincia a quell’età

Mia Martini, Gli uomini non cambiano

Sempre a correre correre scappando da che
Poi a chiedersi chiedersi sempre il perché
Per accorgersi poi che alla fine
Non sempre c’è


Sempre a prendere prendere, che non si sa mai
A cercar di correggere gli sbagli che fai
Per accorgerti poi che alla fine comunque lo sai
Che ne rifarai

Vasco Rossi, Gli sbagli che fai

Quattro parole ed ecco un viaggio all’interno di sé stessi alla ricerca di un “sé” che non esiste, ma è solo un’illusione. Tutto cambia tutto si trasforma, anche noi siamo “un processo” sempre in divenire, come tutto nell’universo. Qui si accenna alla condizione umana, alla continua ricerca di un “centro di gravità permanente” e di un senso che non sempre si sa trovare, ma che pure mette a fuoco una condizione dell’uomo. Già l’esserne consapevoli predispone a cercare soluzioni.

E sì che tanti li considerano giullari, questi cantanti…