caos

N.47 febbraio 2024

salute mentale

Disturbi borderline della personalità, come aiutare chi vive ai confini del caos

Avere a che fare con persone che soffrono di disturbi psicologici è difficile, perché questo genere di patologie portano caos, tensione, scontro. Ecco perché è importante riconoscere queste patologie e accettare l'aiuto di un professionista

Sono molte le patologie psicologiche che portano disordine nella vita delle persone ma, più o meno diffuse che siano, esse non sono sempre facili da riconoscere – anche nel senso di ammettere – e da curare. Tra queste ha un grande impatto sociale, e si presta bene a illustrare questa difficoltà, il disturbo borderline della personalità (abbreviato in DBP o, in inglese, BPD), che determina un quadro pervasivo, e non un funzionamento episodico, di instabilità delle relazioni interpersonali, alterazione dell’immagine di sé e della sfera affettiva, oltre che una marcata impulsività.

Questa definizione comparve per la prima volta in un lavoro scientifico dello psichiatra americano Charles H. Hughes, che nel 1884 pubblicò Borderline psychiatratrics records. Prodromal symptoms of neurologist. In questo scritto Hughes evidenziò come alcune persone siano affette, per gran parte della loro esistenza, da quella che lui definì “borderline insanity”, ovvero uno stato prossimo alla follia. Un filo di lama affilatissimo che nella quotidianità è spesso banalizzato nella classica espressione popolare “ma ci fai o ci sei?”, che nella sua brutalità e inappropriatezza descrive perfettamente l’imperscrutabilità di certi stati e la difficoltà di riconoscere in essi gli estremi di una vera e propria patologia da trattare.

Questa condizione, nota anche come Emotionally Unstable Personality Disorder (EUPD), determina una condizione di caos che può anche condurre all’autolesionismo e che si abbina spesso a dissociazione, senso di vuoto, sconforto e paura del rifiuto e dell’abbandono. Tutte sensazioni relativamente comuni e che chiunque può provare, nel corso della propria esistenza, ma che in alcune persone non sono delle semplici e fugaci percezioni, ma sintomi di un più vasto disagio e di un vero e proprio disturbo, che deve essere diagnosticato e trattato in modo professionale.

Una condizione di caos
che può anche condurre all’autolesionismo
e che si abbina spesso a dissociazione,
senso di vuoto, sconforto
e paura del rifiuto e dell’abbandono

Ma in cosa consiste davvero il caos mentale delle persone affette da DBP? Lo abbiamo chiesto alla dott.ssa Silvia Furregoni, psicologa e psicoterapeuta sistemico-relazionale, formata presso la Scuola di Psicoterapia Mara Selvini Palazzoli.

«Il DSM-5-TR quinta edizione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, colloca questo stato nel cluster B, insieme ad altri disturbi della personalità (antisociale, narcisistico, istrionico) e indica un quadro pervasivo, non episodico, di instabilità e di marcata impulsività, che spesso determina irruenza verso se stessi, fino all’autolesionismo, o verso gli altri».

La condizione di disordine determinata dal disturbo borderline della personalità genera spesso episodi che richiedono l’attenzione delle Forze dell’Ordine, accessi in Pronto Soccorso e altre circostanze che, soprattutto se frequenti, possono far suonare un campanello d’allarme rispetto a questa patologia. Aggressività, rabbia, atteggiamenti violenti che derivano dall’ipersensibilità nei rapporti interpersonali, dall’impulsività e dalle fluttuazioni dell’umore estreme che caratterizzano i soggetti con DBP.
«Si tratta di un disturbo che statisticamente è più frequente nelle donne che negli uomini e che si manifesta anche con atteggiamenti legati alla paura dell’abbandono, reale o immaginario che sia, e del rifiuto. Spesso queste paure sono figlie di episodi traumatici, di violenze o abusi subiti nel corso dell’infanzia. Un’altra caratteristica di questa patologia riguarda i disturbi collegati all’identità e all’immagine di sé, che porta le persone con DBP a cambiare repentinamente opinioni, obiettivi, valori, con inevitabili ripercussioni sul percorso lavorativo e sulle relazioni interpersonali».

Silvia Furregoni

Questa caratteristica è forse la più impattante e pone chi si relaziona con queste persone nella condizione di essere sempre sotto stretta osservazione, anche perché la paura dell’abbandono le spinge a sentirsi continuamente trascurate, se non addirittura ignorate. Le persone affette da questo disturbo hanno il terrore di rimanere sole e quando questa fobia si manifesta provano intensa paura o addirittura rabbia. Questi sintomi possono anche presentarsi in occasione di eventi banali, come il ritardo di qualcuno che stanno aspettando, per modesto o insignificante che sia, o la richiesta di rinviare un impegno o un appuntamento.

Piccole cose, molto frequenti nella quotidianità, che rendono però difficili le relazioni e che determinano un accumulo di tensioni e incomprensioni che spesso diventa impossibile da sostenere e da sopportare, con conseguenze che possono diventare pericolose, oltre che spiacevoli.

«Questa patologia emerge spesso in situazioni conflittuali e la sua individuazione può avvenire in modo casuale, a seguito di un intervento delle Forze dell’Ordine o di una segnalazione in tribunale, e non sempre da parte di chi ne è affetto c’è collaborazione e disponibilità a intraprendere un percorso farmacologico e psicoterapeutico, che può essere individuale o di gruppo. Questi percorsi possono aiutare i soggetti con DBP a vivere meglio, ad avere relazioni migliori e a raggiungere un punto di stabilità, fondamentale per evitare ulteriori episodi e problemi. Va inoltre detto che sono abbastanza frequenti determinate comorbilità, tra cui disturbi dell’umore, ansia, disturbi del comportamento alimentare o abuso di sostanze stupefacenti e alcol, che possono complicare il quadro e il trattamento. Quando le persone con questa patologia non sono collaborative si deve lavorare sulla famiglia e su chi gli è più vicino, a partire dai piccoli segnali che possono mettere in luce la loro condizione».

Incapaci di accettare l’insuccesso,
il rifiuto e l’abbandono, infatti, non di rado
le persone borderline fuggono
da ulteriori traumi troncando preventivamente
esperienze che avrebbero potuto avere invece esiti positivi

La tendenza a vedere le cose in modo polarizzato, ad esempio, e a non prendere in considerazione le infinite sfumature di grigio che esistono tra il bianco e il nero, è spesso più semplice da notare dall’esterno che non da parte dei diretti interessati.

Così come le conseguenze del loro modo di guardare il mondo e ciò che li riguarda. È tipico di queste persone, ad esempio, l’autosabotaggio rispetto allo studio, al lavoro, alle relazioni sentimentali. Incapaci di accettare l’insuccesso, il rifiuto e l’abbandono, infatti, non di rado le persone borderline fuggono da ulteriori traumi troncando preventivamente esperienze che avrebbero potuto avere invece esiti positivi.

Questo atteggiamento è pericoloso perché, nelle sue massime espressioni, può portare a forme di autolesionismo che contemplano addirittura il suicidio, non sempre come mera strategia per richiedere aiuto e attenzione da parte degli altri.

Sono anche possibili nelle persone con DBP episodi dissociativi, pensieri paranoici e, in alcune circostanze, sintomi di tipo psicotico. Si tratta di condizioni che emergono a seguito di episodi con forti manifestazioni delle fobie e dei tratti tipici dei DBP, non di patologie a sé stanti che perdurano nel tempo, ma che tuttavia richiedono attenzione, come tutte le manifestazioni che riguardano questi disturbi. Analogamente ad altre patologie psicologiche, infatti, anche quelle legate ai DBP tendono spesso ad essere sottovalutate, oppure a non essere considerate come delle vere e proprie malattie, ma piuttosto come peculiarità negative del carattere di chi ne è affetto, che a volte gli vengono addirittura rinfacciate.

«Bisogna combattere lo stigma sociale verso le patologie psichiatriche», conclude la dott.ssa Furregoni. «C’è un problema culturale da affrontare affinché chi soffre di determinate patologie non solo non venga additato per questo, ma sia messo nella condizione di iniziare al più presto quei percorsi farmacologici e psicoterapici e quelle cure che possono migliorare la qualità della sua vita e quella delle persone che gli sono accanto».

I percorsi studiati per queste persone sono infatti in grado di stimolare una visione del mondo e degli atteggiamenti più positivi, che consentirebbero di vivere un’esistenza meno traumatica e di affrontare meglio il caos destabilizzante generato dalle fobie. Un traguardo personale e sociale di grandissima importanza.